Se l’economia non seguirà un andamento molto diverso rispetto al passato, il Paese ellenico rimarrà intrappolato in un circolo vizioso. E la base dei nuovi accordi approvati dal governo Tsipras ha gli stessi difetti di quelli precedenti

La Grexit è ancora dietro l'angolo

Alexis Tsipras
Alexis Tsipras non avrebbe mai dovuto ingaggiare Yanis Varoufakis come suo ministro delle finanze. Oppure avrebbe dovuto ascoltarlo, e mantenerlo al suo posto. Ma il primo ministro greco ha scelto invece la peggiore di tutte le opzioni. Ha seguito il consiglio Varoufakis di rifiutare l'offerta dei creditori, fino alla settimana scorsa. Ma così facendo ha commesso un grave errore respingendo il piano B di Varoufakis quando le banche nel paese chiudevano: l'immediata introduzione di una moneta parallela, ovvero dei certificati di credito emessi dallo Stato ellenico, ma denominati in euro.

Una moneta parallela avrebbe permesso ai greci di regolare le loro transazioni quotidiane quando i prelievi in contanti erano limitati a 60 euro al giorno. In questo modo si sarebbe potuto evitare un collasso economico totale.

[[ge:espresso:plus:articoli:1.219496:image:https://espresso.repubblica.it/polopoly_fs/1.219496.1435749259!/httpImage/image.jpg_gen/derivatives/articolo_480/image.jpg]]Tsipras non ha seguito invece questa strada, né ha adottato un qualsiasi altro piano B, ma ha capitolato. A quel punto, non era più nemmeno in condizione di optare per la Grexit, ovvero per un'uscita della Grecia dall'eurozona. Il presupposto economico per una separazione senza traumi sarebbe stato un avanzo primario - prima del pagamento del servizio del debito - e un equivalente surplus nel settore privato. La Grecia non ha riserve di valuta estera. E nel caso di una reintroduzione della dracma, i suoi cittadini avrebbero dovuto pagare le loro importazioni con le entrate in valuta estera delle loro esportazioni. Questi presupposti minimi sussistevano ancora a marzo, non più nel mese di luglio.

Così, al pari dei suoi predecessori, Tsipras ha dovuto accettare un altro pessimo accordo di salvataggio esterno, che risente degli stessi difetti fondamentali di quelli sottoscritti prima di lui. Questo ci spinge a concludere che la Grexit rimane dopo tutto il più probabile esito finale.

Tre sono i modo principali in cui questo può accadere. Innanzitutto, va ricordato che un accordo non è stato ancora concluso. Tutto ciò che è stato concordato la scorsa settimana è l'avvio di un negoziato, più un finanziamento temporaneo. Un accordo potrebbe fallire perché gli stessi contraenti principali sono scettici. Wolfgang Schäuble, il ministro delle Finanze tedesco, dice che si riserverà di riproporre l'uscita della Grecia dall'euro, nel caso in cui i negoziati non andassero a bon fine. Tsipras ha denunciato l'accordo in diverse occasioni la scorsa settimana. E il Fondo monetario internazionale ci dice che i conti non tornano e che non sottoscriverà alcuna intesa se i creditori europei non concorderanno una riduzione del debito della Grecia.

I tedeschi rifiutano qualsiasi discussione a questo riguardo, citando alcune regole inventate secondo le quali ai paesi dell'eurozona non è consentito di fallire. Questa è una sciocchezza giuridica, ma è presumibile che lo scopo sia quello di tracciare nuove linee rosse nei negoziati.

La mia impressione è che alla fine un accordo verrà abborracciato, ma comporterà - come sempre - gravi danni collaterali, come la riduzione del debito meno del necessario e un'austerità maggiore di quanto la Grecia sia in grado di sopportare.

Uno scenario più probabile è che un programma verrà concordato ma poi non sarà attuato. Il governo di Atene può adottare tutte le misure richieste dai creditori, ma l'economia non riuscirà a riprendersi e gli obiettivi di riduzione del debito verranno mancati. Tsipras ha già concordato la scorsa settimana che, se si verificherà una situazione del genere, le misure di austerità dovranno essere intensificate. Così, se l'economia non seguirà un andamento molto diverso che in passato, rimarrà intrappolata in un circolo vizioso per molti anni a venire. A quel punto lui stesso, o il suo successore, potrebbero ammettere la sconfitta e optare per una Grexit negoziata come la scelta meno dolorosa. Ma l'uscita dall'euro potrebbe anche essere imposta alla Grecia dai suoi creditori.

Atene ha ceduto a un ultimatum di questi ultimi e ha accettato di attuare riforme economiche alle quali si era a lungo opposta, nel tentativo di rimanere all'interno dell'eurozona.

Lo scenario più probabile, a mio giudizio, è ancora una volta diverso. Donald Tusk, il presidente del Consiglio europeo, ha accennato a questo nell'intervista rilasciata al “Financial Times” la settimana scorsa quando ha detto che fiutava "qualcosa di rivoluzionario" nell'aria. Forse ci ha visto giusto. Lo scenario più probabile anche secondo me è un'uscita dall'euro attraverso un'insurrezione. Dategli tempo altri tre anni, e non sarei sorpreso di vedere il signor Tusk e i suoi colleghi del Consiglio europeo costretti a prendere misure ancor più drastiche per sedare una crisi.

La Grecia non è ancora sul punto di insorgere, nonostante otto anni di recessione. I sondaggi di opinione rilevano ancora una maggioranza della popolazione favorevole al mantenimento dell'euro. Nella vita reale le persone scelgono tra un ristretto ventaglio di alternative politiche e si accontentano di quella che pensano funzioni meglio per l'economia. I greci hanno votato per Tsipras e il suo partito, Syriza, a gennaio, perché gli altri partiti non sono riusciti a ottenere risultati. Se anche Syriza non vi riuscirà, come sicuramente accadrà, ai greci non rimarranno altre scelte democratiche.

Tsipras è ancora in grado di evitare il disastro? Se si terranno elezioni anticipate in autunno, potrebbe benissimo vincerle e poi rilanciare a un certo punto l'idea di una moneta parallela concepita da Varoufakis. Ma penso che per il momento quest'idea sia svanita insieme a chi l'aveva formulata. La mia impressione è che Tsipras farà una campagna agitatoria, traboccante di retoria contro i creditori, ma poi accetterà tutte le condizioni che questi imporranno, ed attuerà il programma fino la suo drammatico epilogo.

(Traduzione di Mario Baccianini)

Copyright The Financial Times Limited 2015

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