Inspiegabile il motivo per cui il premier renzi ha voluto fermare il progetto di un'aliquota al 21 per cento. Un ripensamento che finirà per premiare i 'furbetti' che affittano al nero

Airbnb, turismo
Due milioni di case in 34 mila città e 190 paesi. Questo è il network di Airbnb, che dal 2008 a oggi è diventato uno strumento insostituibile per chi viaggia, sia che si tratti di un millennial squattrinato sia che abbia un portafoglio ben dotato e sia nella mezza età. Una crescita vertiginosa che oggi permette di valutare la società di San Francisco 30 miliardi di euro. Possibile arginare un simile fenomeno? Parecchie amministrazioni cittadine ci provano, da Parigi a New York, sobillate dalle proteste dei gestori degli hotel, che vedono il libero mercato dell'accoglienza come il fumo negli occhi.

Anche da noi si è recentemente parlato di una tassa per chi affitta casa propria ai turisti. È il bubbone dell'illegalità che vogliamo combattere, i furbetti dell'appartamentino devono pagare le tasse, hanno dichiarato i vertici di Federalberghi. Ma la crociata contro Airbnb pare destinata a fallire, visto il suo successo di pubblico: ormai la conoscenza della piattaforma è arrivata al 75 per cento dei viaggiatori, e circa un quinto di coloro che cercano una sistemazione, per lavoro o per diporto, hanno usato Airbnb almeno una volta, valore che già il prossimo anno salirà a un quarto, il 25 per cento. Con un tasso di soddisfazione che arriva al 93 per cento.

Le cifre vengono da un rapporto appena sfornato da Morgan Stanley, intitolato: “A chi fa più male Airbnb: agli alberghi o alle agenzie di viaggio online?”, come per esempio Expedia. La risposta è chiara: agli alberghi. La ricerca, condotta con un sondaggio presso oltre 4 mila utenti in quattro paesi dagli Usa all'Europa, dà una indicazione chiara anche delle intenzioni future: il 49 per cento dei frequentatori di Airbnb è un ex cliente di hotel, e sempre più li tradirà.

Anche se rappresenta solo il 4 per cento dell'offerta di camere nell'universo dell'accoglienza, il network Airbnb viene considerato il responsabile del declino progressivo del tasso di riempimento degli alberghi (il 67,6 quest'anno, sarà il 66,8 nel 2018, prevede il rapporto Morgan Stanley), e ha provocato ribassi dei prezzi delle catene alberghiere, riducendo così i profitti di questa industria.

La rincorsa dei prezzi, inoltre, è un gioco in cui gli alberghi rischiano di farsi parecchio male. Chi usa Airbnb lo fa soprattutto per i prezzi vantaggiosi, è vero (vantaggiosi fino a un certo punto, stando alla ricerca: si va da una media di 96 dollari in Germania ai 150 negli Usa, cioè dall'8 al 17 per cento sotto la media degli alberghi alternativi), ma non solo: lo fa per l'esperienza di vivere in una casa nel luogo che sta visitando, con la possibilità di un rapporto diretto con la gente del posto, per fermarsi più a lungo (la media è 4 notti), e in gruppo (la media è di tre persone). Cosa che un albergo non consente o consente meno. Eppure la cannibalizzazione che soffrono gli alberghi non la soffrono altrettanto le agenzie di viaggio online.

Assodato che il fenomeno è ormai irreversibile, cosa diversa è cercare di portarlo sul binario della legalità fiscale. Se in Italia si calcolano circa 200 mila “host” di Airbnb, che da soli superano di molto la cifra di 117mila strutture in cui l'Istat include sia B&B che affittacamere che agriturismi (dato 2014), si capisce come il fenomeno sia anche in gran parte in nero.

Mezzo per arrotondare una pensione (salgono gli host appartenenti alla terza età), sistema per far fruttare un bene costoso da mantenere, unico reddito di giovani senza lavoro o lavoro esso stesso, entrare nel giro di Airbnb è un modo di vivere e di viaggiare che è entrato nel costume, e mettergli i bastoni tra le ruote non riporterebbe probabilmente clienti agli alberghi. Ma pensare che non vada tassato, che sia una riserva di caccia al guadagno fuori dalle regole è altrettanto assurdo.

Non si capisce quindi perché Matteo Renzi abbia dato l'alt alla proposta (come emendamento nella legge di bilancio attualmente in discussione) che vuole introdurre l'aliquota del 21 per cento per i redditi da affitti a tempo limitato come Airbnb, motivando il suo no con lo slogan “nessuna nuova tassa”. Qual è infatti la situazione attuale?

«Già adesso questo tipo di proventi deve essere dichiarato nella sezione redditi diversi nella dichiarazione dei rettidi annuale», spiega Raffaello Lupi, tributarista, «e quindi viene tassato con l'aliquota marginale in cui il contribuente ricade». Cioè una delle aliquote che vanno dal 23 al 43 per cento. Introdurre la cedolare secca del 21 concessa ai redditi da affitto con contratto registrato, sarebbe quindi una diminuzione della tassa, non un aumento. Per di più senza il fastidio di una registrazione come per le locazioni di lunga durata. «È il meccanismo per cui ti tasso meno, ma spero di raccogliere più gettito», aggiunge Lupi, «soprattutto considerando che se ti beccano e non hai optato per la cedolare secca del 21 per cento, non sei più in tempo per farlo». E paghi di più in sede di accertamento.

Ma che probabilità ci sono di essere colti in flagrante evasione da affitto Airbnb? Poche, a quanto sembra, visto che in un tentativo fatto a Venezia dalla Guardia di Finanza di avere gli elenchi degli host, Airbnb non li ha forniti dicendo che sono conservati in un server all'estero. Semmai, potrebbe essere la stessa piattaforma a fare il sostituto d'imposta, visto che è quello che “trasmette” dal cliente al locatario il denaro dell'affitto. Il sito lo accetterebbe? O non rischierebbe di vedere i suoi clienti trasmigrare in un sito web concorrente, fatto con altre regole?

La partita, con le caratteristiche che ha la nuova economia della condivisione e comunque il web, non è affatto facile, come dimostrano le battaglie con Google, Facebook e simili su contenuti, copyright, privacy, eccetera. Può riuscirci quella di far pagare le tasse, o resterà una velleità?. Con il risultato che i pochi scrupolosi si metteranno in regola, i molti furbi non lo faranno, e l'alt al 21 per cento danneggerà solo gli onesti.