
In Italia l'effetto è stato di bloccare la domanda. Con le banche chiudevano il rubinetto dei mutui (ricordate: si finanziava anche il 100 per cento dell'acquisto!), con i rovesci delle borse che bruciavano i risparmi, il mercato è andato in tilt. Con la conseguenza di congelare i troppi progetti di sviluppo residenziale in corso, e lasciare quote di invenduto da capogiro. Oggi che i mutui sono in ripresa (anche se sono in gran parte surroghe, cioè spostamenti verso tassi più vantaggiosi), che succede ai prezzi? Sebbene i fautori del risveglio immobiliare siano sempre pronti a segnalare anche un refolo che muova all'insù le quotazioni, l'encefalogramma è piatto.
Le compravendite si tengono su una media di 500 mila all'anno (nei bei tempi erano 800 mila), e nel la migliore delle previsioni riprenderanno nel 2017. Ma qual è il punto da dove ripartiremo? Non certo dal livello raggiunto quando le case erano al massimo del valore. A farci capire lo scivolone subìto dall'investimento immobiliare arrivano le statistiche della Bis, Bank for international settlements, che ha un Residential property price database sull'andamento delle quotazioni di 58 paesi, di cui ha appena aggiornato i dati pubblicandolo il 17 giugno.
Statistiche che servono non tanto come base per un esercizio di previsione, visto che non è questo il mestiere di Bis, bensì come quadro che aiuti gli osservatori ad estrarre lezioni su come si sono comportati i vari mercati di fronte alla crisi, e quindi sulla loro capacità di reazione. In Italia la storia degli immobili raccontata con gli indici della Bis mostra una crescita che va dall'inizio del 1990 al 2010 e che in quell'arco di tempo raddoppia il valore degli immobili. Vent'anni di festa, in cui i proprietari pensano di avere una miniera d'oro nel mattone, e chi compra a caro prezzo pensa che domani la casa acquistata varrà ancora di più.
L'illusione però si scontra presto con la crisi economica: dal 2008 inizia la frenata, che con sadico stillicidio continua ancora adesso. Dal marzo di quell'anno, con uno 0,7 per cento, inizia la svolta dei prezzi, scandita trimestre dopo trimestre da una serie di segni meno. Prima lentamente, con qualche meno 2 meno 3, poi sempre più accentuato con la serie nera tra il 2012 e il 2013, meno 5, meno 6, meno 7,8 trimestre dopo trimestre (rispetto al trimestre dell'anno precedente).
Oggi non è ancora finita, la limatura dei prezzi continua ma ha solo rallentato il ritmo. Con quale impatto sull'indice? Che ciò che costava 100 nel 2010 oggi costa 80, un bel 20 per cento in meno che sarà assai difficile rimontare. Stanno meglio gli altri? Dipende. La Svizzera, per esempio, che pure non ha sofferto la nostra frenata ma anzi ha visto crescere costantemente i prezzi immobiliari durante tutto il corso della crisi finanziaria, è tornata solo ora a toccare i valori massimi che aveva raggiunto nel 19881989 (l'indice dei prezzi, con base 100 nel 2010, è arrivato a fine 2015 a 121,6 nominale, pari a 118 in termini reali).
La Germania invece la frenata l'ha vissuta negli anni precedenti al 2010. Poi, la svolta: i prezzi hanno ripreso a salire non solo in termini nominali ma anche reali. Dalla metà del 2014 alla fine del 2015 si sono mossi con incrementi intorno al 4 per cento a trimestre, portando oggi l'indice dei prezzi delle case al suo massimo storico: 111,5 in termini reali (119,3 in termini nominali) . Per la Spagna il mercato immobiliare è stato il carburante della crescita robusta del paese ma anche il suo sasso al collo: dal 2007 i prezzi hanno cominciato a scendere rovinosamente (del 68 per cento ogni trimestre sul corrispondente trimestre dell'anno precedente) per arrivare al meno 17 per cento tra il 2011 e il 2013. Solo alla metà del 2014 la caduta si è fermata e i prezzi hanno visto un timidissimo rialzo.
Ma l'indice, che aveva toccato quota 118 nel 2007, ora è a quota 70,5 il che vuol dire che le case hanno perso quasi la metà del loro valore dal picco. In Francia la fiammata immobiliare si è consumata tra il 1996 e il 2006: dieci anni in cui i prezzi delle case sono raddoppiati; dal 2012, invece, è iniziata la discesa, lenta ma inesorabile: con una serie ininterrotta di segni meno (meno 2, meno 3, meno 1, e via dicendo) l'indice dei prezzi delle abitazioni francesi è tornato a quota 100,6 in termini nominali, ma a quota 95,3 in termini reali, il livello che avevano nella metà del 2009.
Anche per la Gran Bretagna il momento propizio per chi ha voluto acquistare è stato a metà del 2009, quando il calo dei prezzi ha riportato l'indice a quota 94 (aveva toccato quota 114,6 a fine 2007), per poi riprendersi ma riscendere nella prima metà del 2013. Ora la Grand Bretagna si è buttata tutto dietro le spalle: negli ultimi due anni le quotazioni sono in costante risalita (ogni trimestre guadagna il 6, l'8, anche il 10 per cento rispetto a un anno prima) e l'indice è a 126 in termini nominali, che corrispondono a 112 in termini reali (sempre rispetto a quota 100 fissata nel 2010). E gli Stati Uniti, i grandi responsabili dell'ondata distruttiva che ha colpito il mattone?
Oggi vanno alla grande. Dopo i primi scricchiolii apparsi nel 2006 con i primi arretramenti nei prezzi delle case, via via sempre più ampi negli anni a seguire, già con il 2010 la bufera finisce e i prezzi cominciano a rialzare la testa. Così l'indice dal 1975 al 2001 passa da 60 a 100 in termini reali per poi arrivare a 150 fine 2005. Sono i prodromi della crisi che si fanno sentire nei prezzi drogati delle case. Poi lo scivolone da quel picco verso il fondo, toccato solo a fine 2011, con quota 92,8 che segna una perdita di valore da cui chiunque avrebbe messo molto tempo per riprendersi. Invece, poco dopo , il colpo di reni che riporta oggi l'indice dei prezzi delle case americane a 118,4 (in termini reali, 128 in termini nominali).
E la Cina del grandi processo di urbanizzazione, anche forzata? Anche lì si soffre. Il boom immobiliare aveva fatto lievitare i prezzi delle case ma negli ultimi sei trimestri la discesa in termini reali è stata vistosa: i prezzi hanno incominciato a scendere anno per anno dell'1,3, del 4,9, poi del 6,8 e quindi del 7,2 poi del 4,8 e solo nell'ultimo anno dell'1,7 per cento i termini reali. L'indice del costo del mattone è arrivato così a quota 94 (la base è sempre pari a 100 nell'anno di riferimento, che è il 2010), che era il livello raggiunto a metà del 2009.