
Il minimo dei risultati con il massimo dello sforzo. È questo il paradosso in cui annegano i buoni propositi del presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, di Janet Yellen, a capo dell’americana Federal Reserve e dei loro colleghi che guidano la Bank of England e della Banca del Giappone.
L’obiettivo dichiarato è quello di riportare l’inflazione a un livello vicino al 2 per cento, il tasso considerato ideale per favorire una ripresa ordinata dell’economia. Il fatto è, però, che in gran parte dell’Europa l’aumento dei prezzi resta poco sopra o poco sotto lo zero, come in Italia.
Che fare? L’impressione sempre più diffusa tra analisti e commentatori, è che i governatori delle banche centrali siano a corto di idee. E quindi, almeno per il momento, non possano fare altro che guadagnare tempo annunciando che le loro politiche non cambieranno.
E allora avanti tutta con il “quantitative easing” (in sigla Qe), cioè l’acquisto di titoli sul mercato per garantire nuove risorse cash agli istituti di credito. E avanti tutta anche con i tassi negativi. Nella speranza che almeno una parte della nuova liquidità così creata, ed in cerca di nuovi e più redditizi impieghi, vada infine a finanziare le aziende.
Le attese sono state fin qui clamorosamente smentite dalla realtà dei fatti, quella di questi ultimi mesi, in cui il Pil dei Paesi più industrializzati del mondo, quelli del G7, cresce ancora al rallentatore o non cresce affatto, come in Italia nel secondo trimestre dell’anno.
Tanto rumore per nulla, quindi. E adesso il mondo della finanza si interroga sugli effetti perversi di questa politica del denaro facile su scala globale. Secondo le stime più recenti, sui mercati di tutto il mondo circola l’equivalente di 12 mila miliardi di titoli di Stato con rendimento negativo.
Una somma enorme, soprattutto se si pensa che, solo tre anni fa, le obbligazioni con rendimento sotto zero semplicemente non esistevano. Non è solo questione di statistiche, però. A meno di improbabili cambi di rotta della politica monetaria globale, questa categoria di titoli non potrà che aumentare nell’immediato futuro. E lo scenario che si profila, del tutto inedito, potrebbe avere conseguenze al momento difficili da prevedere.
A breve termine, per esempio, la Bce potrebbe essere costretta ad aggiustare il tiro nei suoi acquisti di titoli sul mercato. Le regole del Qe, infatti, prevedono che l’istituto con base a Francoforte possa comprare soltanto titoli con vita residua non inferiore a due anni e rendimenti superiori al tasso di riferimento sui depositi presso la stessa Bce, ora pari a meno 0,40 per cento. Ebbene, i bond tedeschi con queste caratteristiche, pari fino a un anno fa a circa 800 miliardi di euro, ora sono diminuiti a circa la metà.
Come dire che la Bce dovrà presto cambiare le regole del “quantitative easing”, perché finora gli acquisti avevano privilegiato le emissioni di Berlino. Nel frattempo però le obbligazioni pubbliche a tasso negativo continueranno ad aumentare, anche quelle emesse da Paesi Ue diversi dalla Germania, come l’Italia e la Francia. Risultato: il motore del Qe, un motore ?che pompa circa 80 miliardi di liquidità ?al mese, potrebbe finire per ingolfarsi.
Anche perché la Bce compra bond a ?un prezzo ben superiore alla pari (quelli ?a tassi sotto zero) che a scadenza verranno però rimborsati alla pari, cioè ?a 100. Come dire che l’istituto guidato ?da Draghi accumula perdite potenziali ?pur di rifornire il sistema finanziario ?di nuova liquidità.

«Quanto potrà durare tutto questo?», si chiedono ora gli analisti. Il ribasso dei rendimenti dei titoli di stato ha innescato nuovi timori, che questa volta riguardano decine di milioni di risparmiatori e di futuri pensionati. In sostanza, se i tassi non riprenderanno a crescere, per i gestori dei grandi fondi d’investimento, quelli che investono solo o soprattutto sul reddito fisso, sarà sempre più difficile ottenere rendimenti positivi. E come la mettiamo allora con le assicurazioni vita che garantiscono ai loro sottoscrittori rendimenti minimi spesso uguali o superiori al 2 per cento annuo?
Stesso discorso per i fondi pensione. Il problema è più sentito in Paesi come ?la Germania dove i tassi negativi sono ormai una realtà consolidata nel tempo. Anche nel resto d’Europa però, compresa l’Italia, le famiglie potrebbero presto fare i conti con questa nuova incognita che grava sul loro futuro. Certo, servirebbe una svolta: banche e grandi investitori dovrebbero convincersi a prelevare il denaro dai conti correnti ?e dalle gestioni in titoli di Stato per dirottarlo verso impieghi più produttivi. ?E invece questo non succede e non succederà nel prossimo futuro perché, come dimostrano tutti sondaggi più recenti, il mercato è convinto che di qui ?ai prossimi cinque anni i tassi resteranno sullo stesso livello oppure perderanno ancora quota. E allora tanto vale aspettare ancora un po’ prima di investire, con buona pace di Draghi ?e degli altri superbanchieri.
L’incertezza regna sovrana, anche ?a livello politico, con il terrorismo ?e l’instabilità politica che assediano ?i grandi Paesi dell’Europa (Italia, Francia, Spagna, la stessa Germania) per non parlare dell’effetto Trump sugli Stati Uniti. Troppa nebbia all’orizzonte per prendersi dei rischi nel lungo termine. Anche se, come succede ormai da mesi, le banche praticamente regalano il denaro.
La paura del futuro è tale che gli investitori finiscono per puntare su un bene rifugio per eccellenza come l’oro. Non per niente, rivelano le ultime statistiche, ?la domanda di metallo giallo per investimento nel secondo trimestre del 2016 è più che raddoppiata rispetto allo stesso periodo del 2015. E la corsa continua, con il prezzo che viaggia sui massimi raggiunti ai primi di luglio: un rialzo del 25 per cento circa rispetto all’inizio dell’anno.