Con nuovi incentivi l'Italia può raddoppiare l'elettricità prodotta sfruttando il calore della terra. Ed esportare nel mondo le tecnologie industriali. Parola di Franco Terlizzese, direttore generale del ministero dello Sviluppo economico. Che sui rischi ambientali assicura: «Esistono, ma la tecnologia può azzerarli» 

«Una fonte di energia rinnovabile. Sfruttata grazie a tecnologie italiane. Capace, a differenza di eolico e fotovoltaico, di garantire elettricità in modo costante e programmabile. E di creare nei prossimi anni alcune migliaia di posti di lavoro». A parlare è Franco Terlizzese, direttore generale del ministero dello Sviluppo economico e numero uno della Dgs-Unmig, sigla che indica la divisione responsabile per la sicurezza ambientale in materia di trivellazioni.

Ingegnere minerario, 63 anni, Terlizzese è il tecnico che sta cercando di convincere il governo italiano a puntare con forza sull'energia geotermica, quella prodotta sfruttando il calore della terra. «Perché», dice lui, «può essere un'ottima fonte di sviluppo energetico per l'Italia, ma anche una grande opportunità per il nostro export». Si spiega così l'incontro in programma lunedì 11 settembre a Firenze, presentato come la più grande conferenza ministeriale dedicata allo sviluppo della geotermia, dove dovrebbero essere presenti rappresentanti di 25 governi del mondo.

Ingegner Terlizzese, perché l'Italia si fa capofila di questa iniziativa?
«Siamo stati la prima nazione al mondo a produrre elettricità in questo modo, a Larderello, in Toscana, oltre un secolo fa, e siamo ancora oggi la prima nazione europea per capacità geotermica installata, con aziende presenti in tutta la filiera, dall'Enel alla Nuovo Pignone fino alle imprese del distretto di Piacenza specializzate nelle perforazioni».

Quanta energia si produce con la geotermia oggi in Italia?
«La potenza installata attualmente è di circa 900 megawatt, la produzione arriva a quasi 6 terawattora annui, il che ci rende il sesto produttore mondiale di energia geotermica. Ma il potenziale da sfruttare è molto più grande».

Quanta energia si potrebbe produrre nel breve periodo sfruttando il calore della terra?
«Se guardiamo alla sola produzione di elettricità, più o meno il doppio di quella attuale. Nella Strategia energetica nazionale del 2013, formalmente non ancora superata (la nuova Sen è in fase di consultazione, ndr), avevamo infatti previsto di arrivare a 12 terawattora annui di elettricità prodotta grazie alla geotermia. Questo obiettivo può ritenersi ancora valido».

Per raddoppiare la produzione il governo aumenterà gli incentivi per chi produce energia geotermica?
«Spero proprio di sì. Se guardiamo la nuova Strategia energetica nazionale vediamo che la geotermia ha spazio, di conseguenza dovrebbero crescere le agevolazioni. Poi ovviamente bisogna vedere se la teoria si traduce in pratica, cioè se ci sarà la volontà politica di incentivare la geotermia rispetto alle altre rinnovabili».

Il viceministro dello Sviluppo Economico, Teresa Bellanova, ha detto che «l’occupazione è la marcia in più della geotermia». Ci spiega lei perché?
«Perché crea più occupati rispetto a molte altre fonti rinnovabili, e in parte quelli della geotermia sono posti di lavoro stabili. Mi spiego meglio. Da uno studio condotto dal Gse (Gestore servizi energetici) emerge che, per ogni megawatt installato, il fotovoltaico crea 12 occupati, l'eolico 19 e il geotermico 34. Sono posti di lavoro temporanei, perché legati all'installazione dell'impianto, ma il ciclo d'installazione di un impianto geotermico è molto più lungo di quello necessario per un impianto fotovoltaico. La differenza è di qualche anno contro qualche mese. In più, nel geotermico i posti di lavoro che diventano stabili sono proporzionalmente di più rispetto al fotovoltaico o all'eolico».

Quanti posti di prevede che si creeranno se l'Italia riuscirà effettivamente a raddoppiare la produzione di elettricità da fonte geotermica?
«Circa 30mila, ovviamente spalmati su più anni, quelli necessari per arrivare al raddoppio della produzione».

E quanti di questi si trasformeranno in impieghi stabili?
«Considerando che oggi, con 900 megawatt installati, gli impiegati stabili sono circa 2000, raddoppiando la capacità installata dovremmo arrivare ad aggiungere altri 2000 posti di lavoro stabili».

Quali sono le zone più promettenti per lo sviluppo della geotermia?
«Sicuramente il centro Italia: in particolare Alto Lazio, Umbria e Toscana. Ma ci sono altre regioni interessate da ricerche geotermiche, come ad esempio la Lombardia e la Sicilia».

Molti cittadini però hanno paura degli impianti geotermici. Temono che le perforazioni possano intaccare le falde acquifere, aumentare il rischio di terremoti, e che i fluidi rilasciati con le estrazioni – come l'idrogeno solforato, il mercurio o l'anidride solforosa – possano avere impatti negativi sull'aria che respiriamo.
«Sono tutte preoccupazioni comprensibili, io stesso le ho sentite andando a visitare le comunità locali. Quello che non molti sanno, però, è che esiste una risposta tecnologica per ognuno di questi potenziali problemi. Esistono ad esempio sistemi a circuito chiuso, che non prevedono il prelievo e la reiniezione dei fluidi geotermici, e che di conseguenza non hanno impatti sulle falde acquifere né  sulla sismicità. Stiamo lavorando per elaborare queste informazioni a trasferirle alla popolazione». 

LEGGI ANCHE

L'edicola

25 aprile ora e sempre - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso

Il settimanale, da venerdì 18 aprile, è disponibile in edicola e in app