Cinque anni fa l’Europa ha chiesto all’Italia di studiare un sistema per garantire un’esistenza dignitosa a tutti. Perché il nostro Paese, insieme alla Grecia, è l’unico nella Ue sprovvisto di una misura strutturale anti povertà.
Un passo in questa direzione è costituito dal Rei, il Reddito di inclusione, approvato in autunno dal governo. Il Rei è un contributo già oggi versato a 500 famiglie e che dall’estate sarà destinato a un povero su due. Vale 1,7 miliardi e crescerà fino a tre miliardi nel 2020. ?È riservato per ora alle famiglie, con alcune specifiche condizioni (quelle numerose, con reddito inferiore a seimila euro, con minori a carico, con disabili, ?con donne in gravidanza etc).
L’alternativa al Rei è la proposta dei Cinque Stelle: i 17 miliardi per quello che viene impropriamente chiamato reddito ?di cittadinanza ed è in realtà un reddito minimo condizionato, riservato ai disoccupati e revocabile se si rifiuta per tre volte un lavoro. Secondo Massimo Baldini, professore di Economia Pubblica all’Università di Modena, la proposta pentastellata è però sbagliata: «Oggi l’Italia destina 187 euro a ciascun povero, troppo poco se paragonati ai 500 euro della Francia. Ma i 780 euro del M5S sono troppi. E finirebbero per scoraggiare la ricerca di un posto di lavoro. L’assistenza economica dev’essere ?un incentivo all’attivazione, non una trappola», sostiene il professore.
Il Rei tuttavia è considerato da molti una misura debole e per questo - in alcune Regioni e qualche Comune - è accompagnato da finanziamenti locali. Sono misure a macchia di leopardo, gestite in modo autonomo, che danno vita a un sistema complesso e farraginoso. L’economista Giovanni Gallo ha messo a confronto le sei misure regionali di reddito minimo: «Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Puglia, Sardegna, Valle d’Aosta e Molise, anche se quest’ultimo tentativo non è mai venuto alla luce».
In Emilia Romagna è stato istituto il Res, reddito ?di solidarietà, destinato anche ai single esclusi dal Rei nazionale. Le domande di accredito in Emilia sono state circa diecimila e sono stati stanziati fino a 400 euro a famiglia.
Il Friuli-Venezia Giulia nel 2015 ha avviato la Mia, Misura attiva di sostegno al reddito, dedicata a 14 mila famiglie che possono ricevere fino a 550 euro. Sia in Emilia sia in Friuli sono gli uffici comunali, insieme all’Inps a valutare i requisiti e decidere se intervenire con ?il Rei o con le misure locali, evitando doppioni e sprechi.
In Puglia dallo scorso anno c’è il Red, Reddito di dignità: 35 milioni per 20 mila famiglie, a cui spettano 400 euro mensili. Chi riceve ?il Red deve svolgere un tirocinio: «Tutti ?i sussidi regionali prevedono l’obbligo ?di attivazione sociale», spiega Gallo, che continua: «A chi non partecipa viene revocato il contributo». Nella pratica però poi è complicato togliere il sussidio.
?A Livorno, ad esempio, unica città pentastellata in cui il sindaco Filippo Nogarin ha avviato una forma di reddito minimo, non tutti si sono dati da fare: «Qualcuno, grazie al contributo economico, è uscito dalla povertà perché, non dovendo pensare all’urgenza di sopravvivere, ha avuto modo di fare corsi di formazione, colloqui di lavoro, pensare a un’exit strategy. Altri, invece, non sono stati altrettanto dinamici, e sono quelli che continuano a chiedere aiuto», spiega il portavoce del Comune di Livorno, che ha stanziato 400 mila euro per 250 beneficiari e prevede nuove misure per quest’anno.
Si chiama Reis, Reddito di inclusione sociale, la misura introdotta ?in Sardegna che lo scorso anno è stata richiesta da 20.800 persone. Possono ottenerlo anche gli ex residenti sardi che tornano sull’isola e potrebbe quindi prestarsi al cosiddetto “turismo del welfare”. Il sussidio valdostano è invece destinato solo agli over 25enni e a chi ha lavorato per 365 giorni negli ultimi cinque anni.
Un altro caso è quello della Lombardia e del suo Reddito di autonomia: un insieme di bonus e sgravi per chi ha reddito inferiore ai 20 mila euro. Infine ci sono le città di Bari, Piacenza e Ragusa: anche loro hanno attivato un sistema simile al Rei.
Alla fine la mappa del welfare anti povertà appare oggi complicata. E per capirci qualcosa, i cittadini spiazzati di fronte alla babele dei sussidi finiscono per bussare alla porta dei Caf, i centri di consulenza dei sindacati.