Pnrr e infrastrutture

Luigi Ferraris, il ferroviere da 28 miliardi di euro

di Gianfrancesco Turano   23 novembre 2021

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Il nuovo capo delle Fs mette in campo una nuova squadra che arriva come lui dal mondo elettrico Enel-Terna. Fra misteriosi atti vandalici e inevitabili inchieste giudiziarie, il manager deve riuscire a trasformare questi soldi in treni e binari. E deve farlo ad alta velocità perché la scadenza del 2026, per i tempi italiani, è domani

“Mister 28 miliardi” è legnanese di nascita, genovese di studi, ha 59 anni, e da quasi sei mesi guida gli 83 mila dipendenti del gruppo Ferrovie dello Stato. Nessuno ha a disposizione più soldi o più responsabilità di Luigi Ferraris nell’Italia in cerca di ripresa e resilienza dopo il sisma pandemico.

Il mantra della messa a terra, come viene definita la traduzione pratica di questa montagna di soldi in binari, treni e sistemi di sicurezza, appare molto adatto a un manager che ha passato oltre vent’anni fra il 1999 e il 2020 nel mondo dell’energia elettrica, fra Enel e Terna, con brevi escursioni nel gruppo petrolifero la Erg dei concittadini Garrone e nell’impiantistica con la Psc della famiglia lucana Pesce.

Lo scarico dell’energia statica e i contatori non sono mai stati fra le responsabilità dirette di Ferraris, che è un uomo di finanza: in Enel è stato Cfo come in Poste, dove ha curato la quotazione in borsa. Ma alla fin fine anche i treni vanno a elettricità. Per questo la sua chiamata, voluta da Mario Draghi in persona dopo un consulto con il coetaneo Fulvio Conti, anche lui Cfo e poi ad di Enel a cavallo fra i due secoli, sta segnando una rivoluzione in un mondo che diffida delle rivoluzioni, detesta i risanamenti di andreottiana memoria e ha un esprit de corps impossibile da sottovalutare.

Ferraris, nominato il 3 giugno scorso, sa di avere poco tempo fino alla scadenza per impiegare i fondi del Pnrr fissata nel 2026. Sa anche di avere a che fare con un groviglio di portatori di interessi, dagli enti locali ai commissari straordinari del governo, dagli appalti a cascata resi necessari dalla fretta fino a un ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, incline alle interviste con gaffe annessa, come quando ha dichiarato a Radio 24 che le Fs sono un gruppo quotato. Il sistema che dovrebbe mettere a terra i 28 miliardi tra infinite stratificazioni di legge ha debolezze strutturali nel comparto delle costruzioni e nelle società di progettazione frammentate o sottoposte a shopping intensivo dall’estero.

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Sul fronte interno c’è lo spinoff della controllata Anas che non solo non si è mai armonizzata con il mondo del ferro ma è stata guidata per mesi da un manager scaduto, Massimo Simonini, dopo che i tre selezionati dai cacciatori di teste di Key2People sono stati bocciati perché uno, Ugo De Carolis, era troppo vicino ai Benetton e gli altri due, Massimiliano Bianco e Stefano Granati, erano stati o stavano per essere coinvolti in grane giudiziarie. La stazione Foster e il sottopasso Av di Firenze sono finiti in procura su esposto del comitato NoTunnel e Mario Draghi ha già dovuto decidere di persona sulla stazione che servirà l’aeroporto veneziano di Tessera, un’opera inquadrata nel potenziamento dell’Av in direzione Trieste che, nel suo piccolo, costa 500 milioni. Il commissario governativo Vincenzo Macello, dirigente Rfi, non riusciva a decidere fra l’opzione “di testa” con un capolinea o “a cappio”, con il treno che torna indietro sfruttando un anello di binari.

Alla fine Draghi ha deciso per il cappio. Magari non è un termine troppo augurale ma risponde bene alla fretta richiesta dal Pnrr. O si spende o si perdono i soldi. È un cappio come un altro.

Squadra nuova in partenza
L’alta velocità è la regina del piano industriale che il gruppo promette di presentare per febbraio dell’anno prossimo. Sui fondi complessivi pesa poco meno di 25 miliardi, mentre il resto (3,2 miliardi) è materiale rotabile e manutenzione stradale. Al quartier generale delle Fs si continua a parlare di grandi classici come lo spostamento delle merci da gomma a ferro, un ritornello che ha visto invecchiare numerosi cronisti senza la gioia di un risultato. Più consistente è la pista estera dove la metro di Riad, la Turchia, la Dallas-Houston, l’inizio dei collegamenti Av interni alla Francia, alla Grecia e alla Spagna oltre ad altre commesse messe in pista in Europa per una mobilità sostenibile potrebbero portare il peso delle attività internazionali sopra il 22 per cento del 2019 con una redditività intorno al 5 per cento. Ma la enne di Pnrr significa nazionale ed è in Italia che Ferraris si gioca il mandato.

Per essere sicuro di portarlo a termine il nuovo amministratore ha innestato nella struttura della holding di piazza della Croce Rossa un gruppo di fedelissimi di provenienza Enel-Terna attraverso una raffica di ordini di servizio che risalgono ai primi di ottobre. Il rinnovamento della squadra selezionata dal predecessore Gianfranco Battisti è stato accompagnato da una traduzione sistematica in inglese di tutte le vecchie qualifiche aziendali denominate in lingua neolatina e ammuffite come una linea delle calabro-lucane. Ora è tutta una serie di chief legal officer, planning&control, security&risk, technology&innovation, group transformation. Gli unici incarichi a rimanere in italiano sono proprio quelli dell’amministratore delegato Ferraris e del presidente, Nicoletta Giadrossi. Per certe cose è meglio non ricorrere al dizionario.

Nella prima linea del management Carlo Palasciano Villamagna, ex di Finmeccanica ai tempi di Fabiano Fabiani e di Aeroporti di Roma pre-Benetton, è l’unico ad avere due incarichi ed è, di fatto, il braccio destro del capo. Oltre all’internazionale Palasciano si occupa della trasformazione del gruppo che ha inaugurato la figura del country manager, secondo il modello organizzativo dell’Enel. Proprio Palasciano è stato ambasciatore dell’ex ente per l’energia elettrica in Russia. Anche Massimo Bruno delle risorse umane viene dall’Enel, dove ha lavorato per quattordici anni. Era a Terna il capo delle relazioni esterne Luca Torchia, già responsabile degli investimenti per Enel e Poste di cui ha curato la quotazione. Altro Enel-Terna è Roberto Tundo, passato in Olivetti (gruppo Tim) ad agosto 2020 prima di essere chiamato da Ferraris a occuparsi di tecnologia e innovazione lo scorso settembre.

Fra i nominati da Battisti c’è Guglielmo Bove, avvocato napoletano alla guida del legale, che ha trascorso la maggior parte della sua vita aziendale in Telecom che ha lasciato nel 2016 per passare ad Atlantia del gruppo Benetton. Ha guidato la Spea, la società di ingegneria di Autostrade, dopo Antonino Galatà, indagato per il crollo del ponte Morandi.

Un incarico molto delicato è quello del responsabile della sicurezza, Franco Fiumara, ad della Ferservizi, la controllata del gruppo che gestisce le gare d’appalto. Fiumara ha sostituito Giovanni Fabi, ex colonnello dei carabinieri con esperienza nel Ros a Napoli assunto da Battisti e durato pochi mesi. A innescare il cambio è stato un bizzarro incidente immediatamente successivo all’insediamento di Ferraris nella notte fra il 6 e il 7 giugno. Un raid compiuto da ignoti ha devastato gli uffici della direzione incluso quello dell’ad il cui computer è stato lanciato dalla finestra. Sull’episodio c’è un’indagine contro ignoti della Procura di Roma per capire se ci sia qualcosa di diverso da un atto vandalico fine a se stesso. L’uscita di scena di Fabi è significativa per i conoscitori del sistema Fs e degli equilibri fra i corpi di polizia visto che il subentrante Fiumara viene dalla Guardia di finanza.

Processo in arrivo sul primo binario
Intorno e al di sotto di questo gruppo di fedelissimi, c’è il mondo delle partecipate. La più centrale per il Pnrr è Rete ferroviaria italiana (Rfi), guidata da Vera Fiorani, di formazione economica come Ferraris. Fiorani è stata promossa da Battisti ma era entrata nel gruppo nel 1995 dalla porta di Tav spa, la società creata da Lorenzo Necci ed Ercole Incalza per realizzare l’alta velocità con un contributo di denaro privato rimasto poi nel libro dei sogni.

Rfi è strategica non solo perché attrae gran parte dei 28 miliardi di investimenti ma perché la rete è coinvolta nelle più gravi disavventure giudiziarie del gruppo. La strage di Viareggio (29 giugno 2009, trentadue morti) ha fermato la carriera di Mauro Moretti e Michele Mario Elia. L’incidente di Pioltello (25 gennaio 2018, tre morti) e quello sulla linea dell’alta velocità a Lodi alla vigilia della pandemia (6 febbraio 2020, due morti) hanno portato alle dimissioni di Maurizio Gentile, il predecessore di Fiorani alla guida di Rfi, il 18 dicembre 2020.

Gentile, innocente finché la Cassazione non dovesse sancire il contrario in un processo appena iniziato (13 ottobre 2021), è stato comunque recuperato come commissario straordinario della Metro C di Roma e dell’autostrada A24-A25 Roma-Pescara in concessione al gruppo Toto.

Lo stesso Moretti, in attesa che si concluda la sua vicenda processuale per l’unica accusa superstite (omicidio colposo), è tornato alla ribalta nel mondo che ha frequentato da sempre. L’ingegnere riminese, ex sindacalista Cgil, è dal 29 luglio l’ad del gruppo Psc, di cui Ferraris è stato amministratore per un biennio. Questo legame doppio, o triplo se si considera che il vicepresidente di Psc è il mentore di Ferraris Fulvio Conti, ha sollevato polemiche per un possibile conflitto di interessi. Ma Draghi in persona ha deciso di tirare dritto e anzi di rilanciare facendo di Psc la Webuild dell’impiantistica. Intorno alla società della famiglia Pesce si sta infatti coagulando un polo che opererà su un’altra quota importante dei fondi Pnrr, quelli appunto destinati alla modernizzazione dei sistemi. Come è accaduto per l’ex Salini costruzioni, anche in Psc è entrata in forze la Cassa depositi e prestiti (Cdp) a fine settembre con un prestito obbligazionario convertibile di circa 60 milioni di euro nel quadro di Patrimonio rilancio, il fondo da 44 miliardi di euro destinato a sostenere le imprese durante la pandemia.

Ferraris sa che ogni capo delle Fs ha buone probabilità di finire in guai giudiziari. Senza andare troppo indietro nella storia, di recente è accaduto a Renato Mazzoncini, il predecessore renziano di Battisti uscito di scena dopo un rinvio a giudizio a Perugia bissato un anno dopo dal tribunale di Parma e ricollocato alla guida di A2a. Da ultimo lo stesso Battisti è stato chiamato a rispondere sulla gestione delle polizze assicurative del gruppo. Altre due inchieste del periodo pre-Ferraris sono in lavorazione sotto traccia a Milano e a Napoli dove da oltre due anni si indaga sulle infiltrazioni negli appalti dei Casalesi di Francesco Schiavone con il coordinamento della Direzione nazionale antimafia. Secondo il quotidiano Domani, c’è una terza indagine in corso a Roma su appalti nell’informatica per mezzo miliardo di euro.

Nonostante Fs e Rfi si avvalgano di avvocati del calibro di Paola Severino, finita nel lotto dei candidati al Quirinale e buona amica di una delle lobbiste a libro paga del gruppo, Annalisa Chirico, è meglio limitare il rischio. In questo, lo schema di Ferraris è all’opposto dell’accentramento morettiano. Meglio governare con le deleghe e i gradi di separazione anche perché alcuni dei coprotagonisti del Pnrr in versione ferroviaria giocano più parti in commedia.

Oltre ai suoi manager e a quelli delle controllate, Ferraris deve vedersela con la rete di commissari straordinari messa a punto dal ministro Giovannini.

Il record di incarichi spetta a Fiorani con quattro su sedici interventi ferroviari: la Salerno-Reggio (23 miliardi di investimento in larga parte fuori dal Pnrr), la Taranto-Battipaglia che collegherà lo Ionio con l’Av Salerno-Reggio, la Ferrandina-Matera e l’anello ferroviario di Roma, una delle eterne incompiute della capitale. Con tanti soldi e così poco tempo il rischio di passi falsi, ritardi, infiltrazioni criminali è più alto del solito. Ma anche questo Ferraris lo sa.