Economia
dicembre, 2021

Cosa è necessario per rimediare ai disastri della Dad

Per chi è giovane oggi, è facile covare diffidenza verso un mondo adulto incapace di mettersi realmente in discussione di fronte agli evidenti disastri provocati da scelte miopi

La proposta: Fondi PNRR per l’istruzione

Per ridare coraggio a ragazzi e ragazze, per contrastare la povertà educativa e dare fiducia nello studio, non basta investire nell’istruzione. Occorre che questo investimento sia di grande qualità, non con progetti isolati e temporanei, ma rendendo sistemico e stabile ciò che docenti, civismo attivo, famiglie e istituzioni pubbliche già fanno in molti luoghi del paese agendo come comunità educanti. I fondi del PNRR devono essere usati per rendere ordinario quello che oggi è straordinario.

 

Mi faccio tagli sulle braccia perché nel dolore fisico mi ritrovo», racconta una quattordicenne di una città di provincia del sud, e quella lama di taglierino portata sempre con sé dentro l’involucro di plastica del cellulare è il segno tangibile di un’inquietudine autodistruttiva sempre più diffusa tra gli adolescenti.

È stato un anno orribile, il 2021, per una quantità di ragazze e ragazzi che stentiamo a immaginare perché toglie respiro il vivere l’età in cui irrompe il desiderio in un tempo in cui ogni contatto è possibile contagio. Sono aumentate di almeno un terzo le richieste dei più giovani ai servizi di neuropsichiatria e molti non hanno neppure avuto l’opportunità di chiedere aiuto. Ecco alcune frasi raccolte dal sociologo Stefano Laffi in un’indagine svolta in provincia di Lecco: «Ho attacchi di panico frequenti, ansia, incubi ricorrenti, mangio poco e non dormo bene, sono triste». «Faticosamente mantengo la calma». «Ciò che prima era solo un pensiero negativo su me stessa, ora pesa come un macigno nella mia testa». «Come classe, sono più i giorni in cui ci ritroviamo a piangere dal nervoso che quello in cui siamo tranquille (io compresa)». «La scuola in Dad sembrava essere solo un’accozzaglia di concetti, che volevano metterci in testa e farci ripetere senza trovare un senso». La perdita di senso, sempre in agguato nella scuola, ha colpito duramente nelle aree abitate dal milione e mezzo di giovani che vivono in povertà assoluta, dove crescenti stati di indigenza e povertà educative moltiplicano esclusioni e discriminazioni.

Nei primi mesi del 2021, quando le scuole hanno ricominciato ad aprirsi a singhiozzo, penalizzando assurdamente intere regioni, come la Campania e la Puglia, i comportamenti di molti insegnanti, saggiamente comprensivi durante il lockdown, hanno appesantito quel ritorno in classe inondando le ore di ritrovata presenza con un diluvio di verifiche e interrogazioni, come se tutto dovesse tornare al più presto uguale a prima, quando era evidente che scienza e arte, storia e letteratura avrebbero dovuto essere interrogate in modo nuovo, dandosi il tempo per cercare di capire insieme, aiutandosi l’un l’altro, cosa stava accadendo nel mondo e nell’intimità di ciascuno con gli strumenti della cultura. Per crescere c’è bisogno di musica e arte, di logica e domande aperte  e spazi dove incontrarsi e riconoscersi e scoprire qualcosa di sé oltre il virtuale, ma molti quartieri delle nostre città sono tristemente avari nel proporre esperienze creative. E dunque, per chi è giovane oggi, è facile covare diffidenza verso un mondo adulto incapace di mettersi realmente in discussione di fronte agli evidenti disastri provocati da scelte miopi.

Così, sospesi tra un cupo avvilimento e la difficoltà di raccogliere le forze per ribellarsi a una spietata sottrazione di futuro, che colpisce in particolare i più fragili, molti giovani sono sempre più consapevoli di essere costretti a farcela da soli. 

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