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Ilva, dati nascosti e conti segreti: così il governo ha comprato al buio

Un report della società di revisione KPMG redatto alla vigilia dell’ingresso dello Stato nel capitale solleva pesanti dubbi sui bilanci del gruppo siderurgico gestito da Arcelor Mittal. La multinazionale ha fornito “dati incompleti e di difficile lettura”. Ma nonostante queste incertezze, a dicembre Conte decise comunque di investire un miliardo nel salvataggio

Il governo Conte, a dicembre dell’anno scorso, ha comprato l’Ilva a scatola chiusa, impegnandosi a pagare un miliardo di euro senza disporre di un’analisi approfondita e completa dei conti della società gestita dalla multinazionale Arcelor Mittal. L’analisi affidata alla società di consulenza Kpmg in vista dell’acquisizione dell’acciaieria di Taranto si è infatti conclusa con un report che segnala “forti limitazioni” nell’accesso ai dati di bilancio. Il documento, redatto a fine 2020 su incarico della holding pubblica Invitalia guidata da Domenico Arcuri, avverte fin dalle prime pagine che Kpmg non ha potuto aver accesso a un gran numero di dati ritenuti significativi e che altre informazioni risultano disomogenee e di difficile lettura.

 

Il nuovo polo dell’acciaio di Stato nasce quindi sulla base di una valutazione solo parziale del reale valore delle attività destinate a passare di mano. Non solo, alla luce dei dati contenuti nel report di Kpmg, l’impianto di Taranto continua a produrre perdite notevoli e la ripartenza dopo il crollo del mercato dovuto all’emergenza Covid si sta rivelando più difficile del previsto. Per la prima volta, infatti, il documento riporta alcuni dati, per quanto parziali, sull’andamento del gruppo, dati che erano fin qui rimasti un segreto ben custodito da Arcelor Mittal. Si scopre così che il 2020 dovrebbe essersi concluso in perdita di 314 milioni al lordo di interessi, ammortamenti e tasse. Una cifra che va confrontata con il risultato del 2019, che era andato in rosso di 941 milioni, prima delle partite fiscali e finanziarie.

 

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Arcelor Mittal, segnala il report di Kpmg, è in grave ritardo nel programma di investimenti a cui si era impegnato con il governo quando a novembre del 2018 prese in gestione il gruppo siderurgico. Era stata prevista una spesa per migliorie negli impianti, soprattutto di carattere ambientale, per almeno 2,5 miliardi. A giugno 2020 l’investimento effettivo non supera i 520 milioni. A fine 2020, la multinazionale controllata dalla famiglia Mittal aveva anche 1,5 miliardi di arretrato con l’amministrazione straordinaria di Ilva per l’affitto degli impianti. Strettissimi, spiega il rapporto sono anche i rapporti con la controllante Arcelor Mittal.

 

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A partire dal 2018 la società italiana è stata fortemente integrata nella struttura della multinazionale, da cui nel 2019 l’ex Ilva ha comprato materie prima per 1,4 miliardi rivendendo merci per 968 milioni. Gli analisti però non sono in grado di valutare, sulla base dei dati che hanno ricevuto, “se e come” queste transazioni intercompany “hanno impattato i risultati operativi”. In pratica non si capisce se i prezzi praticati dalla capogruppo alla sua controllata italiana sono stati in linea con quelli di mercato. Anche i debiti commerciali sono al livello di guardia e “includono rilevanti importi scaduti sia verso terzi che verso parti correlate”. Quest’ultima è una voce particolarmente sensibile nei conti aziendali, dopo che nelle ultime settimane si sono moltiplicate le proteste di decine di aziende che da mesi reclamano pagamenti delle loro forniture.

 

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Tutti questi numeri, avverte Kpmg, sono comunque da prendere con le molle, perché fondate su informazioni solo parziali fornite da Arcelor Mittal. In particolare - si legge nel report che L’Espresso ha potuto consultare - “le informazioni rese a disposizione (degli analisti, ndr) sono state selezionate dal venditore” e molti dati richiesti “non sono stati forniti o sono stati forniti in maniera incompleta”. Tutto questo perché Arcelor Mittal ha comunicato dati “disomogenei e di difficile o impossibile lettura”. Anche i tempi a disposizione per il lavoro di consulenza si sono rivelati assai brevi. Kpmg ha infatti informato Invitalia, e quindi il governo, che l’analisi si è svolta “in un periodo di tempo estremamente limitato (complessivamente meno di 3 settimane)”, in modo tale che non è si potuto “approfondire gli argomenti come in un normale processo di due diligence ed in funzione della complessità del business”. Secondo quanto si legge nel documento, l’analisi di Kpmg si è svolta nell’arco di una decina di giorni, da 14 al 24 settembre, per poi essere integrata tra l’11 e 20 novembre con alcuni nuovi dati forniti da Arcelor Mittal.

 

Nonostante i dubbi e le incertezze segnalate da Kpmg, a dicembre del 2020 il governo Conte, destinato a uscire di scena poche settimane dopo, diede luce verde all’investimento di un miliardo per rilevare il 60 per cento dell’acciaieria. Il report di Kpmg porta la data del 9 dicembre. Il giorno dopo, il governo annunciò l’accordo con Arcelor Mittal. Ad aprile sono stati versati i primi 400 milioni, che hanno consentito all’azionista pubblico di salire al 50 per cento dei diritti di voto.

 

Subito dopo, però, come raccontato da L’Espresso, tra i due soci è cominciato un duro scontro, le cui motivazioni appaiono oggi più chiare alla luce di quanto contenuto nel report di Kpmg. Il consiglio di amministrazione della neonata Acciaierie d’Italia non si è ancora insediato perché i tre consiglieri di parte pubblica, guidati da Franco Bernabè, non hanno voluto sottoscrivere i conti del 2020 così come richiesto da Arcelor Mittal. Di fatto l’azionista privato chiedeva alla controparte un irrituale via libera ai risultati di una gestione, quella del 2020, condotta per intero dal venditore. Si è arrivati quindi al muro contro muro. Uno stallo che, a due mesi di distanza dal primo investimento di 400 milioni da parte dello Stato, mette a rischio l’intesa che avrebbe dovuto salvare Taranto con i soldi pubblici.

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