“Il mercato rende liberi” (Luiss University Press 2021), il nuovo libro dell’economista Mauro Gallegati, è una sfida alla concezione dominante dell’economia, continuamente smentita dai fatti ma ancora oggi salda sul suo trono, nelle accademie, nelle banche centrali e nei governi.

Il nuovo libro di Mauro Gallegati ha qualcosa da insegnare fin dal suo titolo, allusivo e inquietante: “Il mercato rende liberi” (Luiss University Press 2021): una specie di sinistro benvenuto nel lager ideologico del neoliberismo, una dottrina acciaccata da mille contraddizioni e smentite che tuttavia continua a dominare il nostro tempo. Autore con il Nobel Joseph Stiglitz e altri di contributi seminali in svariati campi della ricerca di frontiera, Gallegati è un raro caso di economista critico ampiamente citato da una comunità accademica solitamente allergica al pensiero alternativo. I suoi contributi più noti riguardano lo sviluppo dell’approccio “agent-based”, la nuova teoria economica emergente che oggi sfida la roccaforte del paradigma neoclassico dominante.

La contesa scientifica tra le due impostazioni viene riassunta dall’autore in alcuni passaggi chiave del suo pamphlet. La teoria economica neoclassica prende le mosse dalla fisica del Settecento, e per questo considera lo studio dell’economia come analisi di un sistema “naturale”, che si presume in equilibrio e invariante nel tempo. Con efficacia dialettica e dovizia di esempi, Gallegati spiega che questo approccio prevalente è del tutto fallace. Lo si evince da alcune sue tipiche aberrazioni, come l’idea che le crisi non esistono e la disoccupazione è solo volontaria: i lavoratori deciderebbero cioè di oziare piuttosto che lavorare, magari perché tassi di interesse alti li hanno resi più ricchi e appagati, oppure a causa di sussidi troppo generosi che li inducono a un vizioso dolce far niente. Teorie balzane che tuttavia per lungo tempo hanno monopolizzato le accademie, le banche centrali, i vertici di governo. E ancora oggi orientano la politica economica in senso “neoliberista”, per l’appunto, magari suggerendo che per aumentare l’occupazione basti abbattere i sussidi, distruggere il welfare e lasciar fare al libero mercato.

Prescrizioni insulse e dannose, scrive l’autore: “non è troppo diverso dal suggerire di prendere a fucilate le cicogne come metodo contraccettivo”.

Certo, i più smaliziati cardinali dell’ortodossia hanno riconosciuto l’incapacità di queste ricette tradizionali di fronteggiare le gravissime crisi degli ultimi anni, e per questo si sono cimentati in vari emendamenti dell’approccio dominante. Ravvedimenti che solo qualche anno fa sarebbero stati inconcepibili, senza dubbio. Ma per Gallegati quest’opera meticolosa di aggiustamento ricorda solo i disperati tentativi di salvataggio del sistema tolemaico, nonostante le inoppugnabili confutazioni che venivano da Galileo.

In quanto scienza, dice Gallegati, l’economia non può basarsi su un rattoppo della dottrina neoclassica ma dovrebbe esser concepita in modo radicalmente diverso. Ossia, come “una disciplina sociale ed evolutiva, quindi complessa e di non equilibrio, perché gli agenti economici pensano, la struttura cambia nel tempo e l’informazione è limitata”. In questo senso, contro la pretesa dei neoclassici di applicare i principi della mela di Newton al comportamento umano, vale il vecchio monito di Keynes: non basta scimmiottare i metodi della fisica classica, perché l’economia è fondata su motivazioni, aspettative, incertezze psicologiche. “È come se la caduta della mela al suolo dipendesse dalle aspirazioni della mela, se per lei sia conveniente o meno cadere a terra, se il suolo vuole che essa cada, e se vi sono stati errori di calcolo da parte della mela sulla sua reale distanza dal centro del pianeta”. Ecco perché, come la stessa fisica ha dovuto cambiare per studiare l’evoluzione, così l’approccio “agent-based” può ispirare il cambiamento metodologico necessario per lo studio dei processi economici.

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Negli ultimi anni vari esponenti dell’ortodossia neoclassica hanno manifestato interesse verso le tecniche “agent-based”, nella speranza di poterle assorbire senza che l’impianto teorico dominante subisca troppi scossoni. Gallegati, tuttavia, è orientato in una direzione diversa. La sua concezione del nuovo approccio è chiaramente antagonistica rispetto al neoclassicismo. Talvolta, essa riecheggia addirittura l’antica eresia dei classici e di Marx: analizzare la produzione come processo in corso, che di volta in volta prosegue o entra in crisi a seconda che i rapporti di forza tra le classi sociali garantiscano la remunerazione del capitale finanziario.

Ad avviso di chi scrive, è esattamente questa la strada che bisognerebbe percorrere: una mescola di Karl Marx e di Herbert Simon, un’alchimia per più di un verso inedita e scientificamente potente. I modelli “agent-based” potranno andare in questa direzione e innescare così una vera rivoluzione paradigmatica? Dipenderà dagli sviluppi e in ogni caso ci vorranno ancora molti sforzi per compierla, come lo stesso autore riconosce. Tuttavia, qualche indizio promettente già si intravede, soprattutto nell’azione di politica economica. Rispetto alla tradizione ricevuta, l’analisi “agent-based” suggerisce linee di intervento politico innovative: favorevoli a un ruolo attivo delle istituzioni pubbliche nel governo dell’instabilità capitalistica, nell’innovazione tecnologica, nella lotta alle disuguaglianze, e orientate a una trasformazione generale dei rapporti tra attività umana e salvaguardia dell’ambiente.

 

Gallegati ricorda una celebre frase di Einstein: “nessuna quantità di esperimenti potrà dimostrare che ho ragione; un unico esperimento potrà dimostrare che ho sbagliato”. La dottrina neoclassica dominante è stata sommersa in questi anni da esperimenti contrari, come l’assenza di correlazioni statistiche tra flessibilità del lavoro e occupazione, le prove empiriche di inefficienza dei mercati finanziari, l’accumularsi di fallimenti dei meccanismi di coordinamento basati sul libero mercato. Eppure resta lì ferma sul suo trono, a occupare tuttora le più prestigiose cattedre universitarie e i posti di comando dei ministeri e delle istituzioni internazionali. Da questo lager di mistificazioni economiche bisognerà fuggire in fretta, prima che faccia danni irreparabili al mondo. Il bel libro di Gallegati è tra quelli che contribuiscono a scavare la via di fuga.