Il prezzo dell’elettricità è determinato da quello del gas e le lobby del fossile si oppongono al cambio. Così chi compra “pulito” paga conti salati, come hanno scoperto i consumatori che avevano scelto tariffe green

Marco (nome di fantasia) è un ambientalista convinto. Circa un anno fa ha deciso di sottoscrivere, per la propria abitazione, un contratto luce con una delle varie aziende italiane che da tempo vendono a privati e imprese energia elettrica prodotta al 100% da fonti rinnovabili. L’obiettivo era rendere il più possibile sostenibili i propri consumi domestici, senza dover installare pannelli fotovoltaici o pale eoliche, cercare di risparmiare e magari anche mettersi al riparo dalle fluttuazioni e speculazioni del mercato. Ma non è andata così. Perché nel giro di sei mesi, nelle sue ultime tre bollette bimestrali che L’Espresso ha potuto visionare (quelle che vanno da marzo ad agosto), il prezzo al kilowattora gli si è praticamente raddoppiato, passando da 35 a 62 centesimi di euro. Nello stesso arco di tempo, con un altro fornitore, anche Francesca (altro nome inventato) è stata colpita dallo stesso rincaro: prezzo salito da 37 a 62 centesimi. Cosa avvenuta, a quanto è dato sapere, a chiunque abbia sottoscritto contratti non a prezzo bloccato delle decine di società che vendono solo energia rinnovabile. Poco importa che si tratti dei piccoli recenti fornitori della green economy o delle storiche aziende del comparto con offerte dedicate.

 

Sole, acqua e vento sono di fatto una fonte energetica dai costi tendenti a zero: a differenza dei fossili non devono essere estratti e raffinati e per di più sono gratuiti. Ovviamente al netto dei normali costi di esercizio: installazione degli impianti, gestione, manutenzione, imposte e oneri di sistema. Ma allora come mai chi compra solo energia rinnovabile alla fine la paga quanto quella fossile prodotta col gas? «Il meccanismo di fissazione del prezzo sul mercato italiano ed europeo è basato sul cosiddetto prezzo marginale orario. Significa che, per ogni ora del giorno, il fabbisogno netto di energia è soddisfatto dalle offerte dei produttori da fonti convenzionali, valorizzato al prezzo più alto proposto in quell’ora (…) e applicato a tutta l’energia immessa in rete», spiega il fornitore “ènostra” in una mail inviata ai propri clienti il 30 settembre. In poche parole, «nell’Ue il prezzo dell’elettricità è determinato da quello del gas», sintetizza ai propri utenti senza troppi giri di parole un’altra azienda italiana che vende solo energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili (la milanese NeN del gruppo A2A).

Per i consumatori, oltre al danno c’è quindi la beffa di essere costretti a pagare l’energia rinnovabile allo stesso prezzo di quella generata dalle normali e inquinanti centrali termoelettriche. L’Italia produce ben il 40% della propria corrente elettrica usando il gas, il cui prezzo è soggetto alle speculazioni del mercato. Venerdì 26 agosto, nel Title Transfer Facility sulla Borsa di Amsterdam, punto di scambio virtuale di riferimento europeo, questo combustibile è stato venduto a 343 euro al megawattora. Appena un anno prima, quando i prezzi erano già saliti, ne bastavano 50. «Dare la colpa alla guerra in Ucraina è molto comodo, ma l’escalation nel conflitto è una concausa, visto che l’aumento del gas è iniziato ad agosto 2021, quando non se ne parlava ancora», denuncia Sergio Ferraris, direttore del portale web specializzato QualEnergia. «Il problema è la speculazione da parte di fondi internazionali sugli asset energetici, resa possibile in Europa dal fatto che, a differenza di quanto avviene per il petrolio, per il gas l’unico punto di contrattazione è sulla Borsa di Amsterdam».

 

Per Katiuscia Eroe, responsabile Energia di Legambiente, «ora si stanno chiedendo tutti se il meccanismo attuale sia ormai superato. Ma nel settore energetico non esiste l’autarchia, il nostro mercato è comunitario e quindi le scelte vanno fatte innanzitutto a livello europeo».

 

L’attuale meccanismo di calcolo (detto pay-as-clear) è stato introdotto a fine anni Novanta con la liberalizzazione del settore in Europa e la nascita del mercato libero: nel regime tutelato il prezzo del kilowattora è invece stabilito dall’Autorità per l’energia ogni tre mesi e rimane fisso. Tale sistema mirava a favorire la produzione di energia con le centrali termoelettriche senza penalizzare i piccoli produttori sottoposti a maggiori costi, impedendo che ogni operatore potesse fissare autonomamente il prezzo dell’energia che vende (il pay-as-bid), garantire maggiore trasparenza ed evitare speculazioni.

 

Il problema è che con la conversione delle centrali elettriche italiane dal carbone al gas, in Italia il prezzo finale dell’energia elettrica nel mercato libero si è trovato agganciato a questa fonte sottoposta a grandi speculazioni e i cui costi sono profondamente influenzati dal contesto geopolitico ed economico mondiale. Per Katiuscia Eroe «è sicuramente importante agire su quelli che sono i meccanismi dei mercati e delle Borse, evitando le speculazioni. Perché oggi c’è sul gas, ma domani potrebbe avvenire su qualsiasi altra fonte. Detto ciò, le regole del mercato non si cambiano in un mese. E mentre si individuano gli strumenti adatti, imprese e famiglie vanno aiutate a sopravvivere. E lo dico molto chiaramente, non basta azzerare gli oneri di sistema in bolletta, perché altrimenti queste restano ugualmente alte».

 

Su questo il precedente governo ha introdotto, nel marzo 2022, una tassa sugli extra-profitti delle imprese del settore energetico, innalzando a 600 euro il bonus che arriva direttamente in bolletta (previa presentazione dell’Isee con tetto a 12mila euro, che sale a 20mila in caso di famiglie con almeno quattro figli). Misura che il nuovo esecutivo guidato da Giorgia Meloni vuole estendere almeno fino a fine anno (dicembre è al momento scoperto), semplificarla e renderla automatica per la platea di beneficiari.

 

Ma per esperti del settore e addetti ai lavori servono misure strutturali. Che vanno trovate in Europa. Per la responsabile Energia di Legambiente non basta nemmeno «il tetto al prezzo del gas nelle fasi acute», deciso a Bruxelles dopo mesi di trattative, «perché va trovata rapidamente una soluzione che permetta alle bollette di scendere». Nel caso delle rinnovabili, basterebbe «scorporare le fonti, rendendo quindi differente il loro prezzo, scelta che darebbe maggiore impulso anche alla ricerca sull’energia pulita, perché se quella tecnologia mi permette di pagare meno aumentano l’interesse e gli investimenti».

 

In sede europea se ne sta parlando e anche per l’ex premier italiano, Mario Draghi, quello tra gas e rinnovabili per la fissazione del prezzo «è un legame che non ha più senso». Ma le resistenze sono tante, come conferma a L’Espresso, chiedendo l’anonimato, un funzionario europeo che segue dall’inizio questo dossier: «Tale disaccoppiamento renderebbe dalla sera alla mattina non più conveniente ai costi attuali l’energia prodotta da fonti fossili».

 

I vantaggi dell’energia prodotta con sole, acqua e vento sono fuor di dubbio. Anzi, come afferma l’Agenzia internazionale per l’energia nel proprio rapporto annuale diffuso il 27 ottobre, la guerra in Ucraina ha il potenziale per accelerare la transizione verso un sistema energetico più sostenibile e sicuro». Ancora di più in Italia, dove le rinnovabili possono diventare l’unica fonte in grado di ridurre le importazioni dei fossili e aumentare l’autosufficienza energetica. Nel mese di agosto, quando sul mercato è stato raggiunto il picco nel prezzo del gas, sole, acqua e vento hanno garantito alla Penisola quasi il 45% della produzione nazionale e coperto il 39% della domanda. Nonostante le lungaggini autorizzative per realizzare questi impianti.

 

«Nel luglio 2017, per poche ore, in Italia abbiamo avuto addirittura il prezzo dell’elettricità negativo - ricorda Ferraris di QualEnergia - perché c’era un surplus da rinnovabili. Cosa che crea problemi anche agli stessi produttori, dovendo comunque essere riconosciuto un giusto guadagno dalla produzione elettrica». La cosa, però, rende bene l’idea della loro convenienza rispetto ad altre fonti. Il direttore del portale web specializzato in materia non ha dubbi: «Il libero mercato attualmente non funziona, né in un senso né nell’altro. Per un prodotto primario a cui sei obbligato ad accedere è un paradosso e non può tutelare i produttori di energia. In questo momento bastona inoltre i consumatori, ancor più in Italia dove abbiamo complessivamente in bolletta extra-costi di oltre 100 miliardi di euro».