“Adeguiamo le tariffe all’inflazione”, si giustificano le compagnie. Che però nei due anni dell’emergenza Covid hanno incassato “grazie” alla riduzione del numero di incidenti. «E non avrebbero problemi a far fronte all’aumento dei costi», attaccano le associazioni dei consumatori

Chiamatela stangata, se volete. Oppure «adeguamento delle tariffe all’aumento dei costi dei sinistri», come si sono affrettati a spiegare i portavoce delle grandi compagnie di assicurazioni. Sta di fatto che l’onda lunga dell’inflazione sta per investire anche le polizze Rc auto. Per il mercato è un cambio brusco di rotta. Da una decina di anni, infatti, il balzello annuale che tutti gli automobilisti sono per legge obbligati a pagare è in calo costante: siamo passati dai 520 euro circa del 2014 ai 353 euro del primo trimestre del 2022. Le statistiche, ovviamente, fanno riferimento a un importo medio, perché il valore di ogni contratto, così come la sua variazione nel tempo, dipende dalla storia assicurativa del singolo guidatore. Adesso, però, si cambia verso. Il prezzo delle polizze tornerà a salire, in linea, questa la spiegazione ufficiale, con i costi delle riparazioni e dei ricambi.

 

Lo scorso 5 luglio, durante l’annuale assemblea dell’Ania, l’Associazione nazionale delle imprese assicuratrici, la presidente Bianca Maria Farina, ha preannunciato senza troppi giri di parole la svolta in arrivo. «Dobbiamo però essere consapevoli che stiamo entrando in una nuova fase», ha detto Farina con il tono di chi invita l’uditorio a rassegnarsi a una fatalità, a un evento imposto dalle dure leggi dell’economia.

 

Questione di punti di vista. Dal fronte opposto, quello dei clienti, abbondano le voci di chi racconta un’altra storia. «Le compagnie possono far fronte alla situazione senza metter mano alle tariffe», attacca Furio Truzzi, presidente di Assoutenti. In sostanza, grazie ai ricchi profitti incassati negli ultimi anni, le assicurazioni sarebbero in grado di assorbire i prossimi rincari del costo dei sinistri, evitando così di trasferire ai clienti questi oneri supplementari. Questa, in breve, è la posizione di Assoutenti e di diverse altre associazioni di consumatori. A prima vista i numeri di bilancio sembrano confermare questa lettura. Vediamo perché.

Maria Bianca Farina

È vero, infatti, che sul fronte Rc auto negli ultimi anni le compagnie hanno visto calare di molto i ricavi e anche i margini di guadagno. Nel 2012 gli italiani avevano sborsato 17,7 miliardi per le loro polizze obbligatorie, una cifra che l’anno scorso si è ridotta a 12,2 miliardi, con un calo di oltre il 25 per cento. D’altra parte, il risultato tecnico, cioè la voce contabile che misura i guadagni della gestione delle polizze, è passato dagli 1,8 miliardi del 2012 ai 644 milioni fatti segnare dall’insieme delle assicurazioni nel 2019. Nell’arco di un decennio, il mercato si è ristretto per effetto, tra l’altro, della diminuzione degli incidenti, dovuta anche all’introduzione di novità come la scatola nera. Secondo le rilevazioni dell’Ivass, l’Authority di vigilanza sulle assicurazioni, il dispositivo che registra spostamenti e velocità dell’auto avrebbe «favorito l’adozione di comportamenti di guida responsabili» contribuendo alla riduzione della frequenza dei sinistri, e quindi anche dei premi, di oltre il 20 per cento. Nel 2020, però, la pandemia ha cambiato completamente lo scenario e gli assicuratori hanno fatto il pieno di profitti. Che cosa è successo? Il fenomeno è stato a suo tempo riassunto dal presidente dell’Ivass, Luigi Federico Signorini, che ha spiegato come «un evento dannoso di proporzioni colossali, cioè l’emergenza sanitaria, ha determinato non trascurabili extraprofitti per il sistema assicurativo proprio nel ramo danni».

 

Il boom degli utili delle assicurazioni si spiega con il crollo del numero degli incidenti durante la fase più acuta della pandemia, tra il 2020 e il 2021. Lockdown e restrizioni varie hanno avuto come effetto collaterale una netta diminuzione degli oneri di bilancio alla voce risarcimenti. Si spiegano così, quindi, gli extraprofitti degli assicuratori evocati da Signorini. Ecco qualche numero che riguarda l’insieme delle compagnie attive in Italia. Nel 2020, il risultato tecnico della Rc auto è più raddoppiato rispetto al 2019 (da 644 milioni a 1,5 miliardi) e nell’anno seguente, il 2021, si è attestato a quota 731 milioni. A conti fatti, quindi, i profitti realizzati tra il 2020 e il 2021 superano i 2,2 miliardi, una somma pari al doppio dei guadagni incassati nei due anni precedenti (2018-19). L’aumento netto si aggira quindi intorno a 1,1 miliardi. Questo è quanto si legge nei documenti pubblicati il mese scorso dall’Ivass.

 

Le compagnie di assicurazioni interpretano a modo loro i dati appena citati. Secondo l’Ania, per via della costante riduzione dei premi, nel 2021 gli italiani hanno pagato per la Rc auto 1,3 miliardi in meno rispetto all’ultimo anno prima della pandemia. E quindi, conclude l’associazione di categoria, sarebbe stato «pienamente riconosciuto ai clienti l’effetto della minore incidentalità dovuta alle restrizioni della mobilità del biennio 2020-21».

 

Insomma, secondo questa versione dei fatti, gli extraprofitti sarebbero stati girati agli assicurati. Va detto che, per effetto di una diversa metodologia di calcolo, i numeri dell’Ania appaiono parzialmente in contrasto con quelli dell’Authority di vigilanza, che fissa a un miliardo circa (e non 1,3 miliardi) la diminuzione della raccolta premi nel 2020-21 rispetto al 2019. Inoltre, come fa notare più di un analista, senza la pandemia i margini di guadagno della Rc auto avrebbero molto probabilmente continuato a diminuire come già negli anni precedenti. Basti pensare che nel biennio 2016-17 i profitti delle compagnie in questo particolare business erano pari a quasi 1,4 miliardi e nel biennio precedente ammontavano addirittura a 2,5 miliardi. A ben guardare quindi, tenendo conto di questo trend negativo, gli extraprofitti citati dal presidente dell’Ivass sarebbero addirittura superiori al ricco tesoretto da 1,1 miliardi che emerge dal confronto tra gli ultimi bilanci.

Federico Signorini

Difficile negare, comunque, che la pandemia abbia dato smalto ai conti del sistema assicurativo. Se poi si considera l’intero ramo danni, che comprende anche polizze diverse dalla Rc auto (dal comparto infortuni e saluti a quello incendio e furti in casa), il risultato complessivo dei due anni della pandemia ha superato i 6,2 miliardi di euro, di cui 3,8 miliardi nel solo 2020. Un risultato eccezionale. E probabilmente irripetibile. Una volta chiusa, si spera per sempre, la fase delle restrizioni agli spostamenti legate alla pandemia, lo scenario previsto per quest’anno appare molto simile a quello pre-Covid. Rispetto al 2021 tornano ad aumentare gli incidenti e quindi anche i costi per i risarcimenti nei conti delle assicurazioni. Su quest’ultimo dato pesa anche l’inflazione. Secondo un rapporto presentato dall’Ania, a maggio il prezzo medio dei pezzi di ricambio per le auto aveva già fatto segnare un aumento del 4,2 per cento rispetto a dodici mesi prima.

 

Per l’immediato futuro sono previsti ulteriori rincari ed è per questo che gli assicuratori mettono le mani avanti paventando ritocchi al rialzo per le nuove polizze. E così il gruppo Unipol, leader in Italia nel settore Rc auto, «ha realizzato una serie di interventi che hanno determinato un rallentamento nel trend di discesa del premio medio», come spiega un portavoce della società. Mentre nei prossimi mesi «andrà tenuto conto» della crescita dell’inflazione, che «produce effetti significativi sulla crescita del costo medio dei sinistri».

 

Non è solo questione di prezzi, però. Secondo Signorini, sul mercato gravano anche alcune «distorsioni» che finiscono per penalizzare gli automobilisti. Nella sua relazione all’assemblea dell’Ania, il presidente dell’Authority di vigilanza ha per esempio citato il sistema bonus malus che «presenta evidenti segni di usura», visto che ormai il 90 per cento dei veicoli si trova in classe 1. Succede quindi che le assicurazioni hanno preso l’abitudine di introdurre «classi interne» che secondo Signorini non sono, «né trasparenti né universali». Del resto, anche le compagnie chiedono da tempo una revisione complessiva di un meccanismo ormai datato. Questo tema, come pure la riforma dell’indennizzo diretto, è da tempo al centro di diversi progetti in discussione in Parlamento. Intanto però, a pagare il conto sono ancora i clienti: nonostante il netto calo degli ultimi anni, in Italia le tariffe Rc auto sono ancora le più elevate tra quelle di tutti i grandi Paesi europei.