Marco Montemagno: «La divulgazione non può prescindere dai social: la gen Z sta più di tre ore al giorno online»

Da vent’anni si occupa di divulgare temi legati alla cultura digitale e sui social ha tre milioni e mezzo di follower. Che lo seguono anche per i suoi consigli e incoraggiamenti. Ecco la sua ricetta

Marco Montemagno è un “diversamente giovane”, come ama definirsi lui. Ha cinquantuno anni e uno stile di vita da generazione Z. Di mestiere fa l’influencer. In realtà sarebbe più corretto dire che fa il divulgatore, ma ormai questa parola è sorpassata. «Mi appassiona tutto il mondo del digitale, della comunicazione e dell’imprenditoria», esordisce: «Intendo l’imprenditoria moderna, quella abilitata dalle nuove tecnologie digitali che nascono ogni due minuti. Così da vent’anni faccio due cose: startup digitali e comunicazione».

 

Ha studiato Legge ed è stato un campione di ping pong, ma la storia moderna di Montemagno è partita con il boom di Internet e della new economy. Dall’inizio degli anni Duemila ha lanciato diversi progetti, senza grande successo per sua stessa ammissione. Finché nel 2005 è arrivata l’idea di Blogosfere, un network di blog professionali che invece si è affermato sempre di più, fino ad essere comprato da Il Sole 24 Ore. Negli stessi anni si è consolidata la sua carriera di divulgatore, con la conduzione della trasmissione “Pianeta Internet” su Sky Tg24, per sette anni. È stato anche il protagonista di un format itinerante nei teatri e nelle piazze italiane dal nome “Codice Internet” e nel 2009 è uscito il suo primo libro, “Alla conquista del web”, a cui ne sono seguiti altri tre, l’ultimo nel 2021 col titolo “Tutto Montemagno” (Mondadori Electa).

 

Finita l’esperienza di Sky, è arrivato un cambiamento di vita. Con la “sua dolce metà”, come è abituato a chiamare sua moglie anche nei video pubblici, si è trasferito a Brighton, in Inghilterra, terra di origine di lei. «Quando sono arrivato ho fatto un provino alla Bbc, convinto che avrei potuto fare una trasmissione tv tech simile a quella che avevo condotto per sette anni in Italia. E invece mi hanno scartato. Con il passare del tempo, mi mancava la diretta, l’appuntamento con il pubblico. Così ho iniziato a fare video su YouTube». L’idea era buona: di fatto all’epoca nessuno faceva filmati di qualità che parlassero di digital, di business e di marketing, ma il pubblico non ha risposto subito secondo le attese. La vera svolta arriva quando Facebook lancia i primi video. «Il mio primo video ha avuto subito un successo incredibile, virale. Da lì ho iniziato a pubblicare con regolarità: un video al giorno. Sono stato fra i primi a espormi su tutte le nuove piattaforme che iniziavano a includere filmati». I suoi post sono di varia natura, negli ultimi anni si è affermata la sua formula del “Quattro chiacchiere con”, in cui intervista personaggi con i tempi veloci del web.

 

Ad oggi, considerando tutti i social media su cui è presente, Montemagno ha un pubblico di quasi tre milioni e mezzo di follower. È naturale che gran parte del suo tempo sia dedicato a curare e a crescere questa community, alla quale ha dedicato anche il suo ultimo progetto imprenditoriale: 4Books. Una piattaforma dove è possibile leggere o ascoltare centinaia di sintesi di libri da tutto il mondo sui temi cari al divulgatore. Il suo spirito imprenditoriale viene fuori anche nella gestione della propria community, ha addirittura una specie di programma fedeltà basato su NFT: i Crazy Fury. Chi possiede uno di questi “digital collectible”, oggetti digitali collezionabili, può accedere a contenuti riservati, eventi live e altro. Per chi proprio vuole essere intimo con Marco, deve acquistare almeno dieci Crazy Fury entrando nella Hall of fame, così può anche incontrarlo per aperitivi e cene, come per esempio è successo lo scorso Natale.

 

L’influencer spiega: «I Crazy Fury di fatto sono una membership, una password moderna per accedere a contenuti ed eventi speciali. Non c’è nessuna aspirazione speculativa, è realmente il modo più moderno per gestire una community ristretta». Quello di Montemagno è un pubblico molto pregiato e profilato per piattaforma, che a lui si rivolge come a un fratello maggiore da cui ricevere un consiglio per l’indirizzo di studio, un parere sulle nuove tecnologie o un incoraggiamento a inventarsi un nuovo lavoro. Pubblico che lo segue anche offline ogni volta che è ospite in un evento e ancor di più se lo gestisce. Così è normale che aziende e istituzioni collaborino volentieri con lui per raggiungere facilmente la sua community.

 

Proprio in questi mesi è nel vivo Edufin 3.0, progetto di educazione finanziaria di Banca Generali e altri grandi partner che lo vede coinvolto in prima persona. «Sono anni che la mia community mi chiede approfondimenti sul tema dell’educazione finanziaria, ancor di più sull’educazione digitale», racconta: «Dopo aver trovato una squadra di partner perfetta, sono davvero contento di poter aprire le porte dei miei canali social a questo progetto. Il palinsesto spazia a 360 gradi sul tema finanza con 52 interviste a esperti, il mio classico format “Quattro chiacchiere con”, volte a diffondere una cultura positiva verso il mondo degli investimenti e rivolta a un pubblico trasversale, di generazioni diverse».

 

È ben noto che l’Italia non eccelle affatto per quanto riguarda la competenza finanziaria. Questo perché la scuola non la include tra i propri programmi e anche perché in qualche modo rimane ancora un tabù. Certamente non c’è da auspicarsi una società basata su finanza e ricchezza, ma neppure si può pensare di continuare ad avere una popolazione incompetente e alla mercè di truffe e imbonitori. E, come dice Montemagno, «la divulgazione non può prescindere dai social: basti pensare che la generazione Z trascorre più di tre ore al giorno online». Però questo pubblico vuole contenuti veri, non spot promozionali, per questo il format è basato su interviste a esperti di qualità per fornire strumenti grazie ai quali ognuno possa crearsi una propria cultura e idea sul tema. «È stato fondamentale incontrare Gian Maria Mossa, ad di Banca Generali», conclude Montemagno: «Anche lui voleva un vero progetto di educazione finanziaria, non vendere prodotti».

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