Il caso
L'anticorruzione vuole vederci chiaro sul porto di Gioia Tauro
Diventa un caso la rimozione del responsabile che aveva sollevato dubbi su 13 assunzioni. E intanto il segretario dell’Autorità portuale si è dimesso dall’incarico
È il 26 settembre scorso. La responsabile Prevenzione, corruzione e trasparenza dell’Autorità di sistema portuale dei mari Tirreno Meridionale e Jonio comunica all’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione, che l’incarico le è stato revocato e per ragioni che definisce discriminatorie. Avvocato, «esperta di diritto amministrativo», già dirigente al Comune di Gioia Tauro, Simona Scarcella è stata sottoposta a procedimento disciplinare dal segretario generale dell’Autorità per cui lavora, Pietro Preziosi. Le viene imputato di «aver violato il codice di comportamento interno» mentre rilevava presunte irregolarità nelle procedure concorsuali per 13 assunzioni al Porto di Gioia Tauro. Poco dopo è stata rimossa dallo stesso Presidente che l’aveva nominata quattro anni prima, l’ammiraglio Andrea Agostinelli. Una vicenda in apparenza lineare, che sembra configurarsi come una ritorsione del controllato – l’Autorità portuale – verso un puntiglioso controllore, l’avvocato Scarcella. Tanto che l’Autorità finisce a sua volta sotto accusa: l’Anac, il 18 ottobre, chiede di «riesaminare la decisione» e comunicarla entro 30 giorni, mentre Scarcella si rivolge alla procura.
Ma, all’ombra degli interessi sul porto, fioccano reciproci scambi di sospetti. Il segretario dell’Autorità portuale, Preziosi, intanto, si è dimesso, precisando però che il caso Scarcella non c’entra: «È un’assunzione di responsabilità per ben più gravi mancanze, non legate ai rilievi Anac», dice.
La coincidenza dei tempi comunque resta, così come alcune perplessità su Scarcella per la molteplicità di ruoli ricoperti. Da gennaio, l’avvocata è infatti responsabile reggina del Dipartimento provinciale per i Trasporti e la logistica di Forza Italia. Un incarico che le attira, inevitabilmente, ostilità, tanto più che il legale sembra volersi misurare con la battaglia per la poltrona di sindaco a Gioia Tauro. A intralciarla, una pendenza giudiziaria che riguarda il marito, capo – sospeso – dell’Urbanistica all’Ufficio tecnico di Gioia Tauro. Il tecnico è al momento sotto processo, con una cinquantina di funzionari e imprenditori (tra cui anche l’attuale deputato leghista Domenico Furgiuele). Si tratta degli sviluppi dell’inchiesta “Waterfront” della Dda reggina su presunti illeciti relativi anche al lungomare del porto e a 22 gare d’appalto, per alcune delle quali si allunga l’ombra del clan Piromalli. Il marito di Simona Scarcella è coinvolto per alcune direzioni lavori o in qualità di responsabile unico del procedimento.
Varie contestazioni sono già prescritte, le altre lo saranno a febbraio 2024. Ma la vicenda solleva ipotesi di conflitti di interesse sul conto della moglie. Dal canto suo l’Anac sottolinea che la propria vigilanza ha riguardato solo il caso interno all’Autorità portuale che ha portato alla rimozione del legale e non anche altri elementi. Tra i quali emerge, però, anche un’altra questione delicata: il controllato, l’Autorità portuale, che esercita poteri disciplinari sul controllore. Un pasticcio, insomma, su un territorio, Gioia Tauro, dove nulla sembra mai quel che appare: tre scioglimenti del Comune per mafia, l’ultimo nel 2017, e una presenza asfissiante della ’ndrangheta, con il suo dominio su ogni aspetto anche della vita del primo porto in Italia per transhipment. Dagli appalti alle assunzioni.