Dopo il rdc
Il governo cancella mezzo milione di famiglie povere per decreto
In base ai calcolo del professor Massimo Baldini il numero dei nuclei famigliari raggiunti dalla misura di reddito minimo si ridurrà del 40 per cento nel 2025, passando dal 5 al 3 per cento delle famiglie italiane. L’identikit di chi perde il sussidio: single, fra i 46 e i 59 anni, residente al Sud e con la licenza media
«L'Italia ha perso la misura universalistica contro la povertà», a sostenerlo è l'economista Massimo Baldini, professore di Scienza delle Finanze all'Università di Modena e Reggio Emilia ed esperto di politiche di contrasto alla povertà, che ha realizzato la prima proiezione statistica rispetto alla platea di cittadini che riceverà o perderà il nuovo sussidio previsto all'interno del decreto legge Lavoro: mezzo milione di famiglie perderà ogni sostegno al reddito a partire dal 2025 e, così facendo il governo cancella per decreto oltre un milione e mezzo di poveri.
Il decreto legge, per il momento è ancora una bozza di testo che deve essere ancora approvato in Consiglio dei Ministri, ma in base al testo circolato, il Reddito di Cittadinanza verrà eliminato e dal prossimo gennaio sostituito con due misure differenti:
- La Garanzia per l'inclusione, quella che tutti hanno preso a chiamare impropriamente Gil, aggiungendoci la “L” di “lavorativa”, che potrà essere richiesta da famiglie con Isee fino a 7.200 euro, al cui interno vi sia almeno un minore, un disabile, un anziano con più di 60 anni o un invalido civile;
- La Garanzia per l'attivazione lavorativa, detta Gal, che potrà essere richiesta dalle famiglie con Isee fino a sei mila euro, composte solo da adulti tra i 18 e i 59 anni, senza la presenza di persone appartenenti alle categorie che danno diritto al Gil.
Poi c'è la Pal, Prestazione di accompagnamento al lavoro, ovvero una misura ponte per traghettare quanti perderanno il diritto al Reddito di Cittadinanza a settembre fino alla fine dell'anno.
La Garanzia di inclusione lavorativa, come il Reddito di Cittadinanza, prevede un assegno di 500 euro al mese, più altri 280 euro per l'eventuale affitto, per 18 mesi, rinnovabili al più per altri 12 mesi. Mentre la Garanzia per l'attivazione lavorativa è più magra: sono solo 350 euro al mese e 525 per una coppia, per un massimo di 12 mesi.
In base ai calcoli di Massimo Baldini, degli attuali beneficiari del Reddito di Cittadinanza, nel 2024 circa la metà – 720 mila famiglie su 1,36 milioni - passerà a ricevere la Garanzia per l'Inclusione, per una spesa di 5 miliardi, mentre quasi mezzo milione riceverà la Gal, ovvero la misura meno generosa, che costerà 2,4 miliardi. Tuttavia l'anno successivo, cioè nel 2025, questo secondo gruppo di famiglie perderà il beneficio, mentre la Garanzia per l'Inclusione (Gil) sarà ancora erogata ai beneficiari che continueranno a rispettarne i requisiti.
Il flusso in entrata verso la Gal nel 2025 comprenderà esclusivamente i nuovi nuclei composti da soli adulti tra 18 e 59 anni che cadranno in povertà e che non hanno ricevuto nel 2024 la stessa misura. Quindi, come spiega Baldini: «Non è possibile sapere quanti saranno esattamente, ma sicuramente sarà molto inferiore a mezzo milione. Dunque se nel 2024 la spesa complessiva per la Garanzia di Inclusione e la Gal sarà di 7,4 miliardi, è certo che nel 2025 sarà molto minore di questo valore e vicino a 5 miliardi», calcola il professore.
Complessivamente, secondo Baldini, «è ragionevole stimare che il numero delle famiglie raggiunte dalla misura di reddito minimo si ridurrà del 40 per cento nel 2025, passando da circa il cinque per cento delle famiglie italiane a circa il tre per cento».
E chi sono esattamente le persone che perderanno il sussidio economico contro la povertà? Coloro che a partire dal 2025 perderanno il contributo, cioè circa mezzo milione di famiglie, nel 54 per cento dei casi risiede al Sud e sulle Isole, nel 27 per cento al Nord, e nel restante 19 per cento al Centro. Nel 69 per cento dei casi si tratta di single, mentre nel 17 per cento di nuclei famigliari con almeno tre componenti, nel restante 14 per cento si tratta di coppie. Il 54 per cento di chi perderà il sussidio ha una licenza media inferiore, mentre nel 36 per cento ha un diploma e nel 10 per cento ha una laurea. Mentre, per quanto riguarda l'età, la classe più colpita è quella che va dai 46 ai 59 anni (45 per cento), segue la fascia dai 31 ai 45 anni (36 per cento) e quella fino ai 30 anni (19 per cento). Quindi, riassumendo, ecco l'identikit dell'italiano medio che, a partire dal 2025, perderà qualsiasi sostegno al reddito: single, di età fra i 46 e i 59 anni, residente al Sud e con la licenza media.
«È un quadro preoccupante – commenta Baldini – perché si tratta delle persone più fragili e sole. Sono per lo più persone uscite dal mercato del lavoro troppo presto rispetto all'età pensionabile, che spesso non hanno gli strumenti per ricollocarsi e che vivono in contesti che offrono pochissime opportunità lavorative», spiega Baldini, che insiste sul concetto che, a questo punto: «L'Italia ha perso la misura universalistica di contrasto alla povertà, perché una fascia dei poveri, anche se disponibile a lavorare e attivarsi per cercare una nuova occupazione, e pur seguendo tutte le condizionali per l'attivazione sociale, perde il diritto al reddito minimo dopo dodici mesi». E questo va contro la direttiva del Parlamento Europeo a favore dell'introduzione di misure di sostegno al reddito contro la povertà.
È pur vero che, sia i percettori della Garanzia di Inclusione, sia i percettori della Gal, dovranno attivarsi per trovare un posto di lavoro. I primi saranno assistiti dai servizi sociali del comune, i secondi dai centri per l'impiego. Tuttavia, in aree con scarse opportunità professionali, come la Calabria e la Sicilia, dove per altro si concentra la stragrande maggioranza dei percettori di reddito di cittadinanza, non sarà facile trovare un lavoro a tutte queste persone entro il 2025.