Economia
Pochi soldi in più, ma contratti più precari: il bastone e la carota del decreto Lavoro
Il testo definitivo non c’è ancora, ma dal comunicato ufficiale di Palazzo Chigi ne esce una riforma che penalizza i giovani, perché si tolgono le causali al lavoro a tempo determinato, e appesantisce le buste paga ma solo fino a dicembre
Manca ancora un testo definitivo e tutto quello che è possibile conoscere sul taglio del cuneo fiscale, ovvero la riduzione delle tasse sul lavoro, e sulla liberalizzazione dei contratti a termine, deriva dal comunicato stampa lanciato ieri, in occasione della giornata dei Lavoratori, da Palazzo Chigi. Quindi, la premessa è che, nonostante la grande enfasi, il testo del Decreto Lavoro ancora non c'è.
Le novità, comunque, dovrebbero essere tre. La prima è che, grazie a un tesoretto individuato dal Documento di Economia e Finanza, il Def, da 3,4 miliardi provenienti da extra deficit, tra luglio e dicembre di quest'anno sarà possibile abbassare la pressione fiscale sui salari medio bassi. Sono circolate anche alcune cifre e si parla di un vantaggio tra gli 80 e i 100 euro al mese fino a 35mila euro di stipendio. Però, lo ripetiamo, l'intervento sarà una tantum, entrerà in vigore dal primo di luglio e scadrà a fine anno. Inoltre non è detto che il provvedimento rientri nel Decreto Lavoro, è possibile che il governo rinvii il provvedimento.
Il secondo affondo della manovra riguarda l'estensione dei contratti a tempo determinato, come se se ne sentisse il bisogno, dal momento che una delle maggiori problematiche del mondo del lavoro in Italia è proprio l'eccesso di utilizzo di contratti a tempo determinato. Il governo Meloni, infatti, punta ad alleggerire le regole, in particolare ad eliminare le causali per la proroga dei contratti a tempo determinato. Quindi, secondo la nuova disciplina, al datore di lavoro è concesso prorogare oltre i 12 mesi o rinnovare un contratto a tempo determinato, per un massimo di 24 mesi, il contratto a termine.
Infine, il provvedimento più importante riguarda il superamento del Reddito di Cittadinanza che il governo ha intenzione di disintegrare in una sfilza di incentivi differenti e altrettante sigle, rendendo più complicato l'accesso all'assegno. Verrà introdotta la Prestazione d'accompagnamento al lavoro (Pal) per traghettare fino alla fine dell'anno chi a luglio perderà il Rdc e ammonterà a un massimo di 350 euro al mese. Poi viene introdotto un assegno di inclusione sociale e lavorativa del valore di 480 euro per le famiglie con figli minorenni o un anziano e che, secondo il governo, non sono occupabili. Mentre per gli altri è stato previsto un contributo di accompagnamento al lavoro da 350 euro.
Sul fronte del taglio di 3,4 miliardi al cuneo fiscale Francesco Seghizzi di Adapt, spiega come gli effetti sulle buste paga dei lavoratori sono quasi impercettibili e sarebbe stato meglio investire quel denaro in capitoli di spesa, come il lavoro di cura, il rafforzamento dell'Ispettorato, l'innovazione tecnologica, la formazione. Ma ovviamente avrebbe fatto meno presa sulla popolazione e non ci sarebbe stato l'effetto annuncio, che tra l'altro è calato proprio in occasione del primo maggio.
La mancetta per i redditi medio bassi ha quindi adombrato il provvedimento sulla flessibilizzazione del mondo del lavoro, che come già successo in passato, contribuirà a creare una miriade di contratti precari, con poche garanzie e a basso costo per il datore del lavoro. Per altro si tratta di una mossa che va esattamente nel segno opposto rispetto a quella varata in Spagna dove, una limitazione del tempo determinato, ha effettivamente contrastato il fenomeno del precariato.