L’Europa arretra mentre i vettori americani privati come la SpaceX di Elon Musk ottengono sempre più spazio. Intanto il nostro Paese sigla un’intesa con Germania e Francia per programmi comuni

L’Europa dello spazio è in crisi, almeno di sovranità. E considerato il ruolo abilitante del settore per lo sviluppo socio-economico di nazioni intere, così come la sua centralità in ambito strategico, la notizia non dovrebbe interessare solo gli addetti ai lavori. Per la prima volta dopo decenni, il Vecchio Continente non ha un accesso autonomo allo spazio. Dopo la dismissione del lanciatore pesante Ariane 5, infatti, l’annoso ritardo del suo successore, atteso dal 2020, e l’indisponibilità dell’italiano Vega C, il cui ritorno in rampa sarà negli ultimi mesi del 2024, hanno costretto ad affidare alla privata SpaceX anche il lancio di quattro satelliti della costellazione Galileo, il programma strategico di posizionamento, navigazione e timing dell’Unione europea. La situazione è stata aggravata anche dall’interruzione dei rapporti con la Russia, i cui razzi Soyuz erano preziosi taxi spaziali.

 

«La strategia dell’Agenzia spaziale europea è stata corretta fino a oggi – commenta Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy – nell’ultimo anno e mezzo abbiamo però assistito a uno sviluppo davvero importante di vettori commerciali americani, che ormai raggiungono facilmente tempi di lancio di una settimana, come nel caso di SpaceX. Più che ai problemi dell’Esa, guarderei allo sviluppo impetuoso della space economy e quindi alle innovazioni tecnologiche introdotte. Adesso va valutato se aprire ai micro e mini-lanciatori, su cui spinge la Germania».

 

Le parole del ministro, che ha la delega alle politiche spaziali, fanno eco a quella che potrebbe essere una risposta significativa alle difficoltà, arrivata a novembre proprio da un’iniziativa fortemente promossa dall’Italia: allo Space Summit di Siviglia, il vertice ministeriale di mid-term dell’Esa, Urso ha siglato un’intesa trilaterale con Germania e Francia deputata a delineare le strategie comuni sul settore. In soldoni, fra i principali esiti del Consiglio c’è stata la copertura (tramite finanziamenti aggiuntivi) di parte degli extra-costi di produzione, derivanti anche dalla spinta inflattiva del biennio recente, fino a 340 milioni di euro l’anno per Ariane 6 e fino a 21 milioni annui per Vega C.

 

Il primo risultato è stato l’annuncio, nelle settimane scorse, del debutto di Ariane 6, ipotizzato fra il 15 giugno e la fine di luglio dell’anno prossimo. Il secondo sarà una gara nel settore dei lanciatori (fino a 150 milioni di euro) per sviluppare e dimostrare la capacità di sistemi nuovi. Difficile, però, non paventare il rischio che, in preda a interessi di Paesi terzi – più sul fronte statunitense che cinese o indiano – invece di rafforzarsi, l’Europa finisca per disperdere le proprie risorse in una frammentazione intestina, in particolare per ambizioni francesi o tedesche.

 

«Come ministro – replica Urso – se ci fosse un tentativo da parte di Francia e Germania di accaparrarsi in via esclusiva il segmento dei lanciatori, ricorderei a tutti che l’Italia è stato il terzo Paese al mondo a mandare un proprio satellite in orbita, senza considerare che in questo campo abbiamo una conoscenza scientifica, tecnologica e industriale senza pari in Europa. Vantiamo un’intera filiera spaziale, che va dai lanciatori ai servizi in orbita assicurati da molte aziende, tra cui Thales Alenia Spazio del gruppo Leonardo, oltre a servizi di osservazione della Terra, che vedono in Telespazio un leader mondiale. Lo spazio, in Europa, non è concepibile senza la partecipazione attiva del nostro Paese».

 

Un’affermazione concretizzatasi nel terzo risultato centrato allo Space Summit: la progressiva assunzione da parte di Avio della responsabilità delle operazioni di volo e dei diritti di commercializzazione di Vega C, con la previsione di un’intesa con Arianespace (l’attuale avente diritto) per la gestione dei 17 voli già contrattualizzati. Significa che entro la metà del 2024 il marketing e la vendita dei lanci della linea Vega – il C e la sua evoluzione, il Vega E – saranno trasferiti per intero all’azienda italiana, che ne costruisce la gran parte nei suoi stabilimenti a Colleferro.

 

C’è chi ha giudicato la mossa un azzardo, in particolare perché Arianespace, società controllata dal gigante franco-tedesco Ariane Group, d’ora in poi potrebbe orientarsi su partnership con competitor di Avio. «Arianespace sarà impegnata su Ariane 6 – replica Giulio Ranzo, amministratore delegato di Avio – non sta a noi dire cosa farà con altri progetti, ma è verosimile ne persegua diversi. Del resto la sua controllante, Ariane Group, ha avviato il progetto Maiaspace proprio in un’ottica competitiva. Avio sarà all’altezza della situazione, la concorrenza è positiva, stimola a migliorarsi. Ciò detto, non considero realistica l’ipotesi di avere dieci operatori europei. Vincerà il migliore».

 

Un obiettivo cui Urso, dopo aver ricordato gli investimenti italiani nello spazio, con un’assegnazione di 2,3 miliardi alla filiera nazionale nel solo 2023 da sommare ai 3,08 miliardi complessivi della sottoscrizione triennale all’Esa, punta anche a dare una cornice finora inesistente: «Al nostro Paese manca una legge quadro che in un unico provvedimento disponga non solo in merito alle novità della space economy, ma regoli la governance del settore e quindi degli organismi e degli enti ministeriali che se ne occupano. Per dare un corso preferenziale al provvedimento proporrò, con la legge di bilancio, un collegato sullo spazio che intendo portare in Parlamento in tarda primavera o all’inizio della prossima estate». Lo spazio, la sua governance e i suoi investimenti dovranno condurre a un percorso verso l’autonomia tecnologica italiana. Tassello cruciale di una sovranità europea da (ri)costruire.