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Economia
marzo, 2024

La vita precaria dell'influencer per pochi spicci e l'ossessione dell'algoritmo

Solo un numero limitato di creator e influencer diventa ricco. Di solito lavorare su Instagram e TikTok comporta un alto tasso d’incertezza, guadagni scarsi e la condanna a non staccare mai

Nell’immaginario collettivo, i creator e gli influencer intascano cifre da capogiro con il minimo sforzo. Dietro le vetrine scintillanti offerte da Instagram e da TikTok si nasconde, però, una realtà molto diversa: fatta di professioni ad altissimo tasso d’incertezza, dai guadagni tutt’altro che faraonici e che non permettono di staccare mai.

 

Secondo la società di analisi Linktree, solo il 2% dei creator (che producono contenuti di vario tipo in veste di divulgatori, comici, gamer e altro) e degli influencer (maggiormente orientati al lifestyle) ha guadagnato nel 2023 più di 50 mila dollari. D’altra parte, la “creator economy” globale (che vale oggi 21 miliardi di dollari) è composta per il 92% da decine di milioni di cosiddetti nano e micro influencer, con un seguito che va dai 5 mila ai 50 mila follower e con compensi quindi ridotti (solo lo 0,5% supera, invece, quota 500 mila).

 

Percentuali simili anche per quanto riguarda i 350 mila creator e influencer italiani, che muovono un volume d’affari di circa 300 milioni di euro. Difficile strappare cifre esatte sui loro guadagni: secondo l’agenzia di marketing digitale DeRev, un creator italiano con 5-10 mila follower riceve tra i 100 e i 250 euro per post sponsorizzato su Instagram e TikTok; mentre la fascia superiore arriva a 750 euro.

 

A meno che non si diventi un mega-influencer con milioni di follower (che riceve offerte regolari e viene pagato anche 20 mila euro per post), rendere questa professione economicamente sostenibile è quindi molto difficile. Ed è la ragione per cui, per molti di coloro che la svolgono, rappresenta più una passione o un secondo lavoro; oppure un trampolino di lancio verso eventi dal vivo, consulenze, magari radio e televisione.

 

A complicare ulteriormente il quadro c’è un altro aspetto: l’imprevedibilità di social media in continuo cambiamento, i cui algoritmi, selezionando i contenuti più visti, seguono logiche imponderabili. In un ambiente sottoposto alla dittatura dei numeri, il rischio che le metriche dell’engagement (like, condivisioni e commenti) crollino all’improvviso – compromettendone la visibilità e quindi i guadagni – è di conseguenza ciò che tiene sveglio questo esercito di piccoli e medi creator e influencer.

 

«È una cosa con cui ti devi inevitabilmente rapportare», spiega Gaia Contu, creator e divulgatrice scientifico-filosofica con circa 30 mila follower tra Instagram e TikTok. «Puoi provare a identificare ciò che funziona, ma nella maggior parte dei casi hai la sensazione che sia completamente casuale».

 

Questo vale a maggior ragione viste le cruciali innovazioni introdotte dalla piattaforma più importante degli ultimi anni: TikTok. A differenza di Instagram, che si è storicamente affidata all’engagement generato tra i follower per decidere quale contenuto rendere virale, il social della cinese ByteDance si affida quasi interamente alle valutazioni, se così si può dire, del suo algoritmo, riducendo l’importanza dei follower e aumentando l’imprevedibilità.

 

Il successo di un creator dipende ormai dai capricci di un algoritmo? «È vero che TikTok ha una forbice molto ampia tra i contenuti che vanno bene e quelli che vanno meno bene», conferma Alessio De Santa, creator con oltre 500 mila follower su TikTok che si occupa di media e intrattenimento. «Allo stesso tempo, anche se non sappiamo come funziona l’algoritmo, sappiamo quali sono le cose che gli interessano. Certo, come creator sono obbligato a stare sul pezzo, a sapere come funzionano e come cambiano le varie piattaforme. E sicuramente non ci si può legare a un’unica funzionalità. Bisogna saper fare cose diverse: o la si prende con entusiasmo o si è destinati a sparire».

 

Tenere traccia dei cambiamenti dei social e delle modifiche apportate agli algoritmi. Ideare format che funzionino o modificarli in corsa se smettono di conquistare l’attenzione. Controllare incessantemente i numeri totalizzati dai post. Comunicare costantemente con la propria community e soprattutto pubblicare sempre, senza pause: «Chi si ferma è perduto, questo è verissimo», spiega Fede Romanello, creator specializzato in viaggi con quasi 35 mila follower su Instagram. «Se per un periodo non riesco a postare con regolarità, l’algoritmo mi punisce sistematicamente».

 

È un elemento che confermano tutti: «La pressione è molto forte», riprende Contu. «Per me questo è un hobby che si è trasformato in un secondo lavoro: di conseguenza, avverto la necessità di utilizzare e capitalizzare qualunque momento libero per creare contenuti, anche perché più ne produci, più vieni premiato».

 

Inevitabilmente, il rischio del burnout è dietro l’angolo: colpisce, infatti, un numero crescente di creator e influencer, comprese superstar come Charli D’Amelio (45 milioni di follower su TikTok), che già nel marzo 2021 aveva ammesso di «avere perso la passione», o il 22enne Spencewuah (15 milioni di follower), che nello stesso periodo aveva annunciato il suo temporaneo stop alle attività.

 

«Nell’ultimo anno e mezzo mi sono obbligato a prendere delle pause, perché prima lavoravo sempre», conferma De Santa. «Essermi trovato in ospedale per un problema di salute e sentire addosso l’ansia di non poter pubblicare mi ha fatto capire che il limite era stato superato». Per molti versi, la professione di creator o influencer rappresenta l’apoteosi dell’essere “always on”: sempre connessi, sempre pronti a cambiare tutto, sottoposti a un flusso incessante di notifiche. E soggetti alla volubilità di un algoritmo che, da un momento all’altro, può decretare il successo o la fine della carriera.

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