Gap di genere

In Italia si fanno sempre meno figli: e una grossa fetta della colpa è del mercato del lavoro che penalizza le donne

di Chiara Sgreccia   8 maggio 2024

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Donne lavoratrici

L'allarme lanciato dalla 9° edizione del rapporto di Save The Children sulla maternità chiarisce le sfide che le madri devono affrontare nel nostro Paese. Soprattutto per riuscire a bilanciare i carichi di cura con la vita professionale

L’Italia è il Paese europeo con la più alta età media delle donne al momento della nascita del primo figlio: 31,6 anni. Ma soprattutto è anche tra gli Stati dell’Unione in cui nascono meno bambini, il numero medio di figli per donna nel 2023 è stato 1,20. In calo rispetto all’anno precedente. Proprio come le nascite che nel corso dell’anno non hanno raggiunto neanche le 400 mila unità.

Come evidenzia la 9° edizione del rapporto “Le Equilibriste, la maternità in Italia”, redatto da Save The Children, fatto uscire proprio quale giorno prima della “Festa della mamma”, il quadro sopra descritto è anche conseguenza di un mercato del lavoro che penalizza le donne. E soprattutto quelle che scelgono di essere madri. Perché non c’è bilanciamento tra carichi di cura e vita professionale, perché mancano servizi e sistemi di sostegno alla genitorialità.

Così, mentre gli studi dimostrano che più aumenta il tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro più aumenta il numero medio di figli per donna, i dati che raccontano l’Italia descrivono una situazione critica a proposito di occupazione femminile: lavora, nel Paese, solo il 52,5 per cento delle donne, un dato molto più basso della media europea che supera il 65 per cento. Ma non basta: se le donne tra i 25 e i 54 anni senza figli che lavorano sono il 68,7 per cento, quelle con due o più figli con un impiego sono meno di 6 su 10. Confrontando il dato con il tasso di occupazione maschile nella stessa fascia d’età, diventa ancora più chiara l’enormità del divario da colmare. Lavora l’83,7 per cento degli uomini: il 77,3 per cento di chi è senza figli, più del 91 per cento di chi ha due o più figli.

A raccontare le caratteristiche che definiscono il gap di genere nel mondo del lavoro italiano concorrono anche le marcate disparità territoriali: al Sud lavora meno della metà delle donne senza figli e poco più del 40 per cento di chi ha almeno un bambino. Al nord lavora quasi l’80 per cento delle donne, il 73 per cento di chi ha figli. Anche guardando i dati che il report “Le equilibriste” di Save the Children evidenzia sulle dimissioni volontarie, risulta evidente come la nascita di un figlio influisca sulla disparità di genere nel mercato occupazionale e di come non ci siano incentivi sufficienti a favorire la partecipazione delle donne, ancora meno di quelle che scelgono di essere anche madri. A dimettersi, infatti, sono principalmente le donne al primo figlio entro il primo anno di vita del bambino: nel 2022 sono state effettuate 61.391 convalide di dimissioni volontarie per genitori di figli in età 0-3 in tutto il territorio nazionale. Quasi il 73 per cento del totale riguarda le donne.

«In Italia si parla molto della crisi delle nascite, ma non si dedica sufficiente attenzione alle condizioni concrete di vita delle mamme, “equilibriste” di oggi, sulle quali grava la quasi totalità del lavoro di cura. Occorre intervenire in modo integrato su più livelli. Oggi la nascita di un bambino rappresenta nel nostro Paese uno dei principali fattori di impoverimento. Bisogna sanzionare ogni forma di discriminazione legata alla maternità, rendere obbligatorio il family audit e promuovere l’applicazione piena della legge sulla parità di retribuzione. Occorre, inoltre, assicurare ai nuovi nati l’accesso ai servizi educativi per la prima infanzia così come alle cure pediatriche», spiega Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children Italia, che sottolinea come prendere spunto da altri Paesi europei potrebbe servire per strutturare anche in Italia politiche efficaci per promuovere la natalità. 

Come la Francia, l’unico Stato Ue dal 2000 a oggi rimasto stabilmente vicino alla soglia dei due figli per donna, che ha messo in piedi un articolato sistema di sostegno finanziario alle famiglie. O come la Finlandia che ha adottato una delle riforme sul congedo più innovative d’Europa, con quote simmetriche di congedo per ciascun genitore che possono essere trasferite da uno all’altro.