Economia
14 agosto, 2025Dalle reti satellitari al quantum computing e all’Ia: i piani sono ambiziosi. Le risorse esigue. Senza i privati, uno sforzo comune europeo e una strategia si rimane indietro
La prima rete satellitare nazionale italiana. La prima strategia nazionale dell’Italia per il quantum computing, tecnologie di frontiera nel super calcolo che potrebbero cambiare tutto nella scienza, nelle comunicazioni e nei materiali. Sono due delle mosse che il governo Meloni ha preparato per quest’estate: mai un esecutivo è stato così convinto di poterci rendere “sovrani digitali”. Cioè indipendenti, a livello strategico, in tecnologie vitali per il futuro. Il terzo tassello: il governo mira a modelli di intelligenza artificiale made in Italy, per non dover dipendere dai campioni Usa e cinesi. Obiettivo indicato nel disegno di legge sull’intelligenza artificiale. In ritardo, ma vicino al traguardo: il 30 giugno approvato alla Camera; dal 30 luglio in stato di relazione al Senato.
Obiettivi raggiungibili o sogni febbrili nella torrida estate 2025? Un po’ uno e un po’ l’altro, in verità, secondo gli esperti. Con pizzico di clemenza, molti notano che «è positivo, almeno, avere ora una strategia sul quantum e che ci sia una piccola svolta sui satelliti», come dice Stefano Da Empoli, economista presidente di Icom (istituto della competitività). Ma subito si affrettano ad aggiungere: «Peccato che manchino i soldi», aggiunge Da Empoli.
Qualche soldo almeno sui satelliti c’è: 767 milioni di euro, secondo l’annuncio del governo a fine luglio, per avere una rete satellitare sotto il controllo della Difesa. Molti Paesi, tra cui l’Italia, avevano pensato di affidarsi a Starlink di Elon Musk per questi scopi, per poi rendersi conto di non poter dipendere da un miliardario americano per le proprie comunicazioni strategiche. È un problema di indipendenza – se quello spegne la rete per uno dei suoi soliti sbalzi d’umore o su ordine del presidente americano, la Difesa italiana è accecata. E ci sono anche timori sulla confidenzialità delle comunicazioni. In teoria, chi gestisce Starlink potrebbe monitorare i flussi di traffico, anche se non riesce a decifrare il contenuto (perché protetto da crittografia).
«Una buona notizia la mossa del governo. Il problema è il tempo necessario per costruire questa rete», spiega Alessandro Sannini a capo della strategia del fondo 3iP Space, prima iniziativa europea dedicata al settore aerospaziale. «Ci vogliono almeno cinque anni. Per allora Starlink supererà i 10mila satelliti», aggiunge Sannini. «Ridicolo parlare di alternativa a Starlink», chiosa Da Empoli. Sannini evidenzia un aspetto positivo, «l’iniziativa italiana andrà a integrarsi con la futura rete satellitare europea Iris2», quindi le due sono sinergiche. «Speriamo: il punto è che solo nella scala europea può esserci una sovranità digitale su satelliti, quantum e intelligenza artificiale – ribatte Da Empoli. E c’è il rischio che le mire sovraniste del governo siano una distrazione di risorse nei confronti degli obiettivi comuni europei». Insomma, potrebbero essere controproducenti; bisogna vedere quanto l’Italia riuscirà a correre a braccetto con l’Europa e altri Paesi Ue. Tema non scontato, soprattutto in questa fase.
Per quantum computing e intelligenza artificiale, il quadro soldi è ancora più fosco. «Al di là delle chiacchiere, in realtà non c’è alcuna sovranità digitale all’italiana. Lo dicono i fatti: tutte le norme prodotte fin qui sono a invarianza finanziaria. Come si fa a essere protagonisti senza investire risorse?», dice Anna Ascani (Pd).
Vero: la strategia Quantum Computing dice che serve un miliardo di euro in cinque anni. Un’indicazione, non uno stanziamento. Finora l’Italia ha speso 228,9 milioni, contro i 3 miliardi della Germania e 1,8 miliardi della Francia. «Il quantum è una questione di sicurezza nazionale, oltre che di innovazione», ricorda Maurizio Goretti, presidente del consorzio no profit Namex (centro di interscambio tra operatori internet). Future tecnologie quantistiche infatti possono rompere gli attuali sistemi crittografici che proteggono le comunicazioni importanti in un Paese: militari, bancarie, istituzionali. Significa che criminali o Stati nemici possono spiare tutto. La contromossa è usare gli stessi sistemi quantistici, crittografici, per proteggere i dati. È quindi imperativo per uno Stato potere disporre di queste tecnologie.
Si veda poi l’impegno sull’Ia. Il disegno di legge istituisce un Comitato governativo che tra l’altro dovrebbe promuovere la nascita e lo sviluppo di modelli nazionali di intelligenza artificiale. Ma specifica che lo si dovrà fare senza spendere un euro. «Al momento in questo ambito possiamo contare di sicuro solo sul miliardo di euro del piano industriale Cassa Depositi e Prestiti: un miliardo di euro in cinque anni, ma su varie tecnologie; non solo l’Ia», dice da Empoli.
A luglio la Germania ha annunciato una nuova strategia nazionale sull’Ia con un piano di 5,5 miliardi di euro di investimenti pubblici fino al 2030, che si sommano ai precedenti otto. La Francia ne ha stanziati dieci fino al 2029, in una strategia che mira a mobilitare anche circa 100 miliardi in fondi privati. La Francia ha anche il solo modello di Ia europeo che possa competere con i colossi internazionali, Mistral.
«Sui satelliti e l’Ia servono decine di miliardi. La scala non è nazionale, è europea almeno», dice Marco Gambaro, professore di Economia dei media all’università degli studi di Milano. «Più che sovranità, quello che stiamo facendo è presenza su certi temi strategici», aggiunge. «Non sorprenda questo ritardo su Germania, Francia e Regno Unito. Da sempre l’Italia spende molto meno di loro in ricerca e sviluppo – dice Gambaro. E l’ha fatto non sul digitale quanto sull’alimentare e la moda». In più, come nota la strategia Quantum, pure il nostro sistema di venture capital è ancora asfittico. Risorse private che sono alla base delle ultime innovazioni in altri Paesi.
Siamo un’economia vecchia senza speranza, oltre che senza un soldo per l’innovazione? Forse qualche speranza c’è. «La grande differenza la fanno i fondi privati. Il governo dovrebbe soprattutto facilitare investimento privato in startup che escono dalle migliori università, come negli Usa», dice Goretti. «Il governo dovrebbe fare soprattutto questo», aggiunge. Bene quindi che il Decreto economia pubblicato a luglio in Gazzetta ufficiale introduca un incentivo fiscale sull’uso dei fondi pensioni per gli investimenti venture capital. È il sistema che negli Usa ha prodotto la svolta delle startup innovative. Negli anni ’80, però. Abbiamo perso quarant’anni. Ma meglio tardi che mai, si potrebbe dire.
Da Empoli e Gambaro notano che modelli di Ia nazionali possono avere un senso se non cercano di competere con i colossi tutto fare tipo Chatgpt, ma si specializzano in funzioni business che rispecchino le nostre caratteristiche economiche, industriali, culturali. Anche qui ci sono segnali di speranza, quindi. «Si può invertire il trend, ma non dobbiamo inseguire modelli altrui. Gli italiani, come gli altri europei, dovrebbero puntare su una strategia che valorizzi il loro punto di forza, che è rappresentato dal loro patrimonio», dice Paolo Zanenga, presidente di Diotima Society, docente al Politecnico di Torino. «Le regioni d’Europa detengono, singolarmente e collettivamente, un capitale umano e un patrimonio culturale che rimane superiore a quello di altre parti del mondo. È su questo che bisogna puntare, ed è necessario rimetterlo in gioco», aggiunge. Scala europea, rispetto delle nostre prerogative, una sinergia pubblico-privata per mobilitare risorse e competenze. La ricetta sarà meno sexy rispetto a grandi piani autarchici digitali, ma è la sola possibile.

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