Possono le regole di bilancio valere più dei diritti fondamentali? Possono i vincoli sui conti pubblici dettati da Bruxelles, combinati alle promesse elettorali del governo su fisco e dintorni, giustificare la scure su spese che dovrebbero garantire i diritti? A cercare le risposte nella manovra di bilancio approdata in Parlamento lo scorso novembre, con i suoi 144 articoli e le sue tabelle, viene ancora lo sconforto. Ci troviamo voci ormai note, come l’elemosina di tre euro in più al mese ai pensionati al minimo, o il ridicolo aumento (tra i 9 e i 17 euro al mese) previsto per i rinnovi contrattuali del personale medico e paramedico. Ma i tagli al capitolo sicurezza sul lavoro, pari a 7,9 milioni nei prossimi tre anni, sono particolarmente preoccupanti. Una decisione che arriva mentre il contatore delle morti bianche continua a salire.
Daniel Tafa, un giovane di 22 anni di Vajont (Pordenone), è morto tragicamente la notte del 25 marzo in un incidente sul lavoro alla Stm di Maniago. Mentre operava su una macchina per stampaggio, una scheggia incandescente lo ha colpito alla schiena, uccidendolo all’istante.
A Sant'Antonio Abate (Napoli), Nicola Sicignano, operaio di 50 anni in una ditta di smaltimento rifiuti, è deceduto dopo essere rimasto incastrato nel nastro trasportatore, che gli avrebbe provocato ferite letali.
Infine, sulla A1 nei pressi di Orvieto, un operaio di 38 anni è stato investito da un camion mentre stava effettuando lavori di manutenzione autostradale, perdendo la vita sul colpo. Le indagini sono ancora in corso.
Era il 13 ottobre scorso quando in occasione della Giornata nazionale dedicata alle vittime degli incidenti sul lavoro, la ministra Marina Calderone affermava: «Ogni vita umana persa sul lavoro è una sconfitta della società, è un punto di attenzione massima sul fatto che non abbiamo fatto abbastanza. Nella prossima finanziaria ci sarà spazio per misure a sostegno di chi ha subito infortuni». Due giorni dopo il Consiglio dei ministri approvava la manovra di Bilancio, che – si scopre – non solo non assegna fondi aggiuntivi alle misure per prevenire gli incidenti sul lavoro ma addirittura li taglia.

«Non vi sono più parole adeguate per esprimere l’allarme e l’angoscia per gli incidenti che colpiscono chi sta lavorando», aveva affermato il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, alla fine dell'anno scorso. Da anni cerca di richiamare l’attenzione su queste tragedie evitabili parlando di «scandalo inaccettabile per un Paese civile» e «fardello insopportabile per le nostre coscienze».
Accorati appelli affinché si faccia di più per evitare questa strage quotidiana che, secondo gli ultimi dati Inail, nel 2024 aveva fatto già oltre 700 vittime. Un numero impressionante dietro il quale – è sempre utile e giusto ricordarlo – ci sono persone, sogni, progetti. C’è la vita saltata in aria per l’esplosione di un’attrezzatura forse non sottoposta ai necessari controlli, la vita falcidiata da un treno sui binari da controllare ma evidentemente nel momento sbagliato, la vita inghiottita da un macchinario programmato alla massima potenza senza le dovute accortezze, la vita sepolta da una gru che si spezza, un tetto di un capannone che cede, una lastra di cemento che si schianta.
Era davvero necessario tagliare i fondi per la sicurezza e il contrasto al lavoro nero? È vero, l’accetta del ministro Giorgetti ha colpito con più forza su altre voci in altri ambiti. Ma all’interno del sacrificio richiesto al ministero guidato da Calderone si tratta di uno dei risparmi più consistenti. Pari – e anche qui c’è da riflettere – a quello previsto per le politiche attive e la formazione lavoro. Osserva Ivana Veronese, segretaria confederale Uil: «Si poteva intervenire sulle spese di gestione delle varie direzioni del ministero. Non su questi programmi. La prevenzione e la formazione continua sono strumenti fondamentali per ridurre il numero di incidenti e salvaguardare la vita dei lavoratori».
Resta da capire se e quanto i tagli previsti in manovra influenzeranno il programma di potenziamento dei controlli che serve come il pane per cercare di arginare questa scia di sangue. C’è da sperare che non ci siano ritardi nell’espletamento e l’immissione in ruolo dei 750 nuovi ispettori del bando di concorso chiuso a fine agosto e per il quale sono arrivate circa settemila candidature.
Pensare di affidarsi all’autocertificazione della patente a crediti (in vigore dal primo ottobre scorso per il settore dell’edilizia, uno dei più colpiti dagli incidenti mortali e gravi) è velleitario. Lapidario il giudizio di Maurizio Landini, numero uno della Cgil: «È una presa in giro». Ma non è soltanto il sindacato a dirlo, sono i numeri a certificarlo. Il nostro sistema di vigilanza al momento dispone – tra Istituto nazionale del Lavoro, Inps, Inail, e Arma dei carabinieri – di 4.768 ispettori. A loro è affidato il compito di controllare che tutte le regole e le norme sui luoghi di lavoro siano rispettate (contributi, orari, assicurazioni, sicurezza, ecc.). In Italia ci sono circa quattro milioni e mezzo di aziende. Pur affidandosi a programmi e software di intelligence che selezionano quelle più a rischio, è evidente che si tratta di un compito immane con il numero di ispettori a disposizione. Ma sono gli esiti dei controlli a mostrare come per il sistema produttivo italiano la sicurezza dei lavoratori sia un problema secondario. Anzi, peggio: un costo improduttivo. Secondo il rapporto dell’Istituto nazionale del Lavoro, nel 2023 su circa 80.000 aziende visitate dagli ispettori, il 74% evidenziava irregolarità. Sono stati scoperti oltre 21.000 lavoratori in nero (su un totale di 348.000 posizioni esaminate). Circa ventimila controlli hanno riguardato la vigilanza sulla sicurezza: ebbene, qui la percentuale di violazioni è ancora più alta, l’85% delle aziende controllate non era in regola.
In pratica in quasi 9 aziende su 10 esiste il concreto rischio di un incidente, anche mortale. In uno scenario del genere si sarebbe dovuto raschiare il fondo del barile per recuperare quante più risorse possibili per potenziare il sistema dei controlli. E invece si continua a tagliare.