C'è chi la prevenzione la considera solo una scocciatura. E chi dagli errori non impara mai. Donald Trump sta in entrambe le categorie umane. Gli Stati Uniti, mentre impongono dazi poderosi alle importazioni di beni provenienti da qualsiasi parte del mondo, elemosinavano accordi vantaggiosi per l'importazione di uova, che sono l'ingrediente base dei pancake e pilastro fondamentale per l'alimentazione degli americani. Questo perché, a causa di una fortissima epidemia di influenza aviaria negli States, provocata da una riduzione di uso di medicinali sul pollame (in linea con le idee negazioniste e antiscientifiche della Casa Bianca), ha dovuto sterminare migliaia di galline e polli, facendo lievitare il prezzo delle uova, divenute ben presto introvabili. L'amministrazione Usa ha quindi chiesto aiuto agli altri Paesi, per rafforzare l'importazione di uova. E già questo è emblematico della scellerata strategia protezionistica di Trump.
Ma quello che stanno denunciando in queste ore gli allevatori americani rende ancora di più l'idea della follia dell'amministrazione Trump. Gli Stati Uniti, infatti, hanno tagliato anche i fondi destinati alle Nazioni Unite per combattere e arginare l'influenza aviaria. Parliamo di 160 milioni di dollari, che non saranno stanziati e che quindi hanno portato la Fao a sospendere l'azione di monitoraggio sulla diffusione dell'influenza aviaria. La vicedirettrice della Fao, Beth Bechdol ha dichiarato al Financial Times che "dato il potenziale impatto di queste epidemie sugli Stati Uniti e sui Paesi di tutto il mondo, la Fao sta lavorando con urgenza per ottenere finanziamenti alternativi per mantenere le essenziali attività di monitoraggio e controllo delle malattie animali". Questo a seguito della chiusura del programma di sicurezza sanitaria globale, finanziato dall'Usaid, che comporta la sospensione di 64 progetti in 51 paesi, che consistevano nella sorveglianza degli uccelli migratori nel corridoio atlantico attraverso El Salvador, Guatemala e Honduras, che contribuiva a proteggere l'industria statunitense. I più arrabbiati sono gli allevatori della California, che puntavano su quei progetti, per arginare la diffusione dell'influenza aviaria e per evitare la diffusione di una nuova epidemia.
Non solo. L'amministrazione Trump ha abbandonato i programmi che mitigavano le epidemie di influenza aviaria in zone calde come Cambogia e Vietnam. Come ha dimostrato il covid, e in passato anche le altre epidemie di aviaria, il virus non resta confinato in un luogo ma, a causa dello spostamento degli uccelli migratori, si diffonde anche in altre aree del pianeta. È così che gli Usa sono stati colpiti da una massiccia ondata di aviaria, una delle più gravi per il paese, come dice il Consiglio per l'esportazione di pollame e uova degli Stati Uniti: "L'influenza aviaria ha avuto un impatto devastante sulle esportazioni globali di pollame e uova. Un ritiro degli Stati Uniti dalla Fao potrebbe rendere più difficile per gli esportatori statunitensi accedere ai mercati internazionali".
Gli avvertimenti si aggiungono ai timori di tagli agli sforzi degli Stati Uniti per combattere l'epidemia nazionale di H5N1. Solo nel 2025, negli Stati Uniti sono stati abbattuti oltre 31 milioni di volatili, con conseguenti perdite multimiliardarie e forti aumenti dei prezzi di uova e pollame, un punto critico politico sempre più critico.
Pernon parlare del fatto che gli scienziati hanno lanciato l'allarme di un rischio di salto di specie, ovvero di una possibile trasmissibilità del patogeno dai polli agli esseri umani (l'anno scorso infatti 70 americani hanno contratto l'influenza aviaria), ventilando anche un possibile rischio pandemia.
I tagli a Usaid hanno creato anche una recrudescenza di malattie come la peste suina africana e l'alfa epizootica.
Oltre 50 associazioni di categoria statunitensi hanno scritto il mese scorso al Segretario di Stato americano Marco Rubio, esortando l'amministrazione Trump a mantenere la sua adesione alla Fao e ad aumentare i finanziamenti e l'impiego di personale statunitense. Tuttavia al momento la Casa Bianca resta irremovibile. Potrebbe trattarsi però di una decisione boomerang, visto che gran parte del settore agricolo americano è composto da conservatori (finora) favorevoli a Trump.