Economia
9 luglio, 2025Il rapporto dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico dimostra come i lavoratori italiani siano ancora più poveri rispetto al periodo Covid. Entro il 2060 la popolazione in età lavorativa diminuirà del 34%
L’Italia si conferma maglia nera in tema di stipendi. A certificarlo è ancora l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico che, nell’Oecd Employment Outlook 2025, scrive che il nostro Paese “ha registrato il calo più significativo dei salari reali tra tutte le principali economie dell’Ocse”. La sintesi è che, dal Covid in poi, i lavoratori italiani sono diventati ancora più poveri. Rispetto al 2021, all’inizio di quest’anno i salari reali erano ancora inferiori del 7,5%, nonostante – aggiunge l’Ocse – un aumento relativamente consistente nell’ultimo anno".
Al di là dei numeri e delle percentuali col segno meno, il report Ocse ha anche analizzato i principali fattori di questo triste primato. Il "rinnovo dei principali contratti collettivi nell'ultimo anno ha portato ad aumenti salariali negoziati superiori al solito. Tuttavia – precisa l'organismo – questi non sono stati sufficienti a compensare completamente la perdita di potere d'acquisto causata dall'aumento dell'inflazione. Inoltre, all'inizio del primo trimestre del 2025, un dipendente su tre del settore privato era ancora coperto da un contratto collettivo scaduto".
Nel complesso, prosegue l'Ocse, “la crescita dei salari reali dovrebbe rimanere modesta nei prossimi due anni. I salari nominali (retribuzione per dipendente) in Italia dovrebbero aumentare del 2,6% nel 2025 e del 2,2% nel 2026. Questi aumenti”, però, “sono significativamente inferiori rispetto alla maggior parte degli altri Paesi dell’Ocse, ma dovrebbero garantire comunque ai lavoratori italiani modesti guadagni in termini reali, dato che l'inflazione dovrebbe raggiungere il 2,2% nel 2025 e l’1,8% nel 2026”.
La crescita dei salari in Italia, ha spiegato la responsabile della divisione per il Lavoro Ocse, Stéphane Carcillo, non può che passare per l’aumento della produttività, elemento che investe diversi fattori e diversi settori – dal pubblico a quello delle Piccole e medie imprese –, ma anche gli effetti che, a causa della crisi demografica, avrà il calo della popolazione in età lavorativa. Anche su questo punto, l’Ocse offre una stima secondo cui, tra il 2023 e il 2060, questa fascia diminuirà del 34%. Anche alla luce di questo scenario, sulla falsariga di quanto stimato ieri (8 luglio) dall’Ufficio parlamentare di bilancio, l’organizzazione ha invocato “politiche del lavoro” che “devono evolvere per aiutare i lavoratori a rimanere più a lungo nel mondo del lavoro”. Che, tradotto, significa la necessità di alzare ulteriormente l’età pensionabile.
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