La casa, per la cultura italiana, rappresenta ancora un valore sociale intrinseco, un pilastro sul quale si può costruire un futuro, una famiglia. A partire dagli anni ’90, però, la possibilità di riuscire ad accedere a un’abitazione si è ridotta sensibilmente. A oggi, quasi un quarto della popolazione italiana non risulta essere proprietario di una casa. La politica ha smesso di essere un attore in gioco in tema di edilizia pubblica e popolare, il fenomeno della turistificazione selvaggia ha creato la “sindrome da Airbnb”, con conseguente aumento indiscriminato dei prezzi e degli affitti brevi. La povertà sociale è aumentata a tal punto che l’Italia ha il più alto numero di senza fissa dimora della sua storia repubblicana, gli stipendi non sono aumentati, il precariato è esploso, con l’unica conseguenza di rendere impossibile per una giovane coppia o per un single stipendiato l’accesso a un mutuo.
Il 6 marzo è stata depositata in Cassazione una proposta di legge di iniziativa popolare per inserire il diritto all’abitare in Costituzione. A presentarla è stato il comitato apartitico “Ma Quale Casa?”, formato da ragazze e ragazzi under 30 provenienti da tutta Italia e appartenenti a diversi mondi, che nelle settimane successive ha anche lanciato la mobilitazione nazionale per le 50 mila firme, necessarie entro l’11 settembre, per depositare la proposta in Parlamento (info su MaQualeCasa.it o sui social).
L’approccio della campagna è che la casa è, oggi, un problema di tutti, e va trattato come tale. L’attuale condizione dell’abitare somiglia tanto a quella di una strada dissestata piena di buche. Ci sono due modi per risolverla: o si sceglie di tapparle singolarmente con un po’ di asfalto qua e la, o ci si convince che bisogna rifare la strada, e ridefinire anche la segnaletica. Dalla scelta del primo approccio si ricaveranno soluzioni più rapide, ma incapaci di portare un benessere complessivo a chi transiterà su quella strada: è l’approccio di questi anni di politiche abitative, fatte di piani casa inconsistenti, pochi investimenti e anzi definanziamenti (come il fondo morosità incolpevole). Dal secondo approccio si ricava invece una scelta più difficile da prendere, ma evidentemente più benefica in un’ottica di lungo periodo.
La proposta, scritta dal Comitato con l’ausilio del professore Angelo Schillaci, propone la modifica degli articoli: 44 (si pone a carico della Repubblica il dovere di garantire l’accesso all’abitazione quale bene primario e mezzo necessario per assicurare alla persona l’esercizio effettivo dei diritti e una vita libera e dignitosa); 47 (si estende la tutela dei risparmiatori all’accesso non solo alla “proprietà” ma anche al “godimento” dell’abitazione), e 117 (rafforza il potere dello Stato, aggiungendo tra le materie di competenza esclusiva la definizione delle “norme generali in materia di politiche abitative” e alla competenza concorrente quella in materia di “programmi di edilizia residenziale pubblica”) della Costituzione.
Hanno aderito alla campagna e dichiarato sostegno alla proposta: Pd, M5s, Avs, Iv, +Europa, Possibile, Sunia, Acli, Volt, Gd, Pds, Udu, Link, Ugs, Unione Inquilini, Sicet, Spin Time Labs, Baobab Experience, Adi, Radicali (Milano, Venezia, Verona, Torino, Rimini, Sardegna, Marche), Gev, Tocca a Noi, Koinè Journal, Move Roma, Fgci Marche, Arci Toscana, Casa del Popolo Scafati, Vuoti a Rendere Torino, Forum Disuguaglianze e diversità, Associata, Inoltre Alternativa Progressista, Rete Numeri Pari.