Banca Intesa, Bpm, Finmeccanica, perfino Ferrari: sono sempre di più le aziende dove quando i papà vanno in pensione il loro posto viene preso dai figli. Alla faccia del talento e della meritocrazia

Un lavoro in eredità. In un'Italia dove il posto fisso resta un miraggio, sta tornando alla ribalta la staffetta padri-figli. Funziona così. Quando un'impresa vuol mandare qualcuno in pensione prima del tempo, gli chiede se ha un figlio da assumere. Se sì, il gioco è fatto. Il padre molla, magari accontentandosi di un futuro assegno un po' più basso di quello che avrebbe avuto se si fosse ritirato al momento stabilito dalla legge. Il figlio scavalca le graduatorie o le trafile e passa davanti a chi, nelle liste d'attesa, non ha un padre da rottamare. Gli ultimi casi segnalati vanno dalle aziende pubbliche, come le Poste e le Ferrovie, fino alle grandi banche private, da Intesa Sanpaolo alla Popolare Milano.
Si badi bene: soprattutto nel privato, non si possono confondere situazioni come queste con le parentopoli che dilagano nel Paese, dall'Atac dei bus di Roma alla Rai, dalle università agli enti statali vicini alla politica. La staffetta non è automatica, rispetta spesso regole condivise dai sindacati per garantire almeno un minimo di meritocrazia. Ma le zone d'ombra restano. Perché avere un posto per diritto ereditario resta pur sempre una questione spinosa. E poi perché dietro la facciata delle regole valide per tutti, può capitare che i manager delle aziende pubbliche facciano i loro comodi per favorire i "figli di" o coltivare interessi personali.   
Che i figli dei dipendenti di oggi possano diventare la forza lavoro di domani lo sanno bene in Finmeccanica, dove la staffetta padre-figli sembra iniziare in culla. C'è infatti il nido aziendale Nanna Bella, che celebra la festa della mamma (e del papà) che lavora per "far conoscere ai figli i luoghi di lavoro dei genitori". E c'è quella che il colosso della Difesa ha chiamato Operazione Benessere: prevede l'organizzazione di stage, in Italia e all'estero, per i figli dei dipendenti.
Nella grande famiglia Finmeccanica, tuttavia, c'è anche chi ha esagerato. Trasformando le staffette in scivoli. Alla controllata Selex, l'amministratore delegato Marina Grossi, moglie del presidente di Finmeccanica Pier Francesco Guarguaglini, avrebbe infatti cercato di far passare l'assunzione dei figli di decine di dirigenti e quadri a un passo dalla pensione. Una mossa che ha fatto storcere il naso a molti. Primo, perché il maggior azionista di Finmeccanica (e quindi di Selex) è pur sempre il Tesoro. Secondo, perché il management della società si è ritrovato in questi mesi al centro di polemiche per l'inchiesta giudiziaria su presunte tangenti per gli appalti ricevuti dall'Enav. Infine, perché la mossa è avvenuta nel momento in cui il mandato alla Grossi era in scadenza (le è stato rinnovato per un anno il 26 maggio scorso). "Il piano per l'assunzione a tempo indeterminato di circa 900 giovani negli ultimi anni è stato condotto con rigorosi metodi di selezione, con reperimento di risorse del mercato esterno e anche, quando ce ne sono stati i presupposti, dal cambio padre-figli", ha assicurato la manager in una lettera ai dipendenti, senza riuscire a fugare del tutto le perplessità.
È importante osservare che politiche come queste, figlie di un paternalismo duro a morire nei rapporti fra datore di lavoro e dipendente, non sono limitate al settore pubblico. La Fiat conservava ben 636 borse di studio per figli di dipendenti "finalizzate all'assunzione" ancora nel 2006, nel pieno dell'era di Sergio Marchionne, il manager che non smette mai di mettere l'accento sul fatto che il lavoro bisogna meritarselo. E se oggi, a livello centrale le borse di studio sono state cancellate, nello stabilimento di Betim in Brasile il canale familiare resta il più praticato per assumere gli addetti. Alla Ferrari di Maranello, poi, le cose non sembrano molto diverse: l'Ipsia, l'istituto professionale fondato da Enzo Ferrari e frequentato in gran parte da figli di dipendenti, fornisce circa 25 stagisti l'anno e 15 neoassunti alla casa del Cavallino.
È chiaro però che nel pubblico la faccenda si complica. Un esempio arriva dalle Poste, dove le assunzioni di raccomandati sono una piaga difficile da guarire. Nell'azienda guidata da Massimo Sarmi si è di recente bloccato il Progetto Mix (o "progetto Svincolo") per l'assunzione a tempo indeterminato e part-time di circa 3 mila figli di dipendenti in prepensionamento. Requisiti: diploma e età massima di 30 anni, oppure laurea e under 35 per andare a occupare lo stesso posto di mamma o di papà (se entrambi i genitori erano dipendenti il diritto valeva per due). Il progetto è rimasto congelato dopo il niet della Cgil, che ha costretto Sarmi a rimetterlo in un cassetto. Almeno per ora.
I passaggi generazionali, comunque, sono stati a lungo un'abitudine consolidata nel servizio pubblico. Basta pensare alla Rai dove negli anni Novanta si era reso necessario proibire l'assunzione di parenti stretti. Al momento del blocco, tuttavia, il parterre era già abbondantemente pieno.
Se la Rai è il caso più noto, la staffetta è stata praticata in quasi tutti i grandi gruppi statali: dall'Eni alla Telecom, dall'Enel alle Ferrovie di Stato, dove oggi è l'amministratore delegato Mauro Moretti a essere figlio di ferroviere. Con le privatizzazioni, molte cose erano cambiate. Ma il problema di gestire in modo soft gli esuberi sta rivitalizzando le vecchie abitudini.
Che la situazione dell'occupazione giovanile sia critica, è un fatto certo. C'è però un altro fattore che spiega la crescente popolarità del fenomeno. Lo suggeriscono le statistiche di Almalaurea: il 43 per cento dei padri ingegneri ha un figlio (maschio) laureato in ingegneria e lo stesso vale per quelli laureati in giurisprudenza. I numeri scendono un po' per altre categorie ma non mutano radicalmente: tra i laureati in economia, 32 su cento hanno figli con lo stesso titolo; tra quelli in medicina, sono 31 su cento. La mobilità sociale, dunque, in Italia non sembra essere di casa. Che c'è di meglio, allora, di un padre che dopo aver determinato geneticamente il tuo titolo di studio, ti passa pure il lavoro?
Ovviamente non è solo questione di mancanza di volontà o di occasioni. Ci sono imprese che di fronte a particolari situazioni, come la morte prematura di un dipendente, cercano di dare una mano assumendone il figlio o la moglie. In Banca d'Italia si entra per concorso, ma il regolamento assegna per il 5 per cento dei posti la precedenza (va però superata la prova) a orfani e vedove di dipendenti morti per servizio e a orfani e figli di ex dipendenti "cessati per infortunio, malattia o domanda di inabilità". In questo caso si tratta di solidarietà. Altro è dire: tu esci, tuo figlio entra.
Eppure anche quando la staffetta è sancita da regole precise, alcuni posti sono più ereditari di altri. È il sospetto, tramutatosi in un'azione legale contro la Popolare di Milano, di un gruppo di ex dipendenti che ha fatto causa per "gravi irregolarità nei test dopo i quali sono stati assunti figli di dirigenti e sindacalisti", mentre sarebbero stati scartati "giovani laureati figli di semplici impiegati". Un fatto grave, se vero, perché alla Bpm i sindacati - grazie al voto dei dipendenti-soci - decidono i consiglieri d'amministrazione. Ecco perché, in un'intervista il presidente Massimo Ponzellini ha dovuto difendere la staffetta: "I candidati sono sottoposti a un test che viene eseguito da una società terza, con la quale abbiamo solo un rapporto professionale ed è estranea al nostro perimetro. Bene, il 18 per cento di questi candidati non è risultato idoneo al lavoro in banca. Non lo diciamo noi, lo dice la società di selezione".
Eventuali degenerazioni a parte, il nepotismo da contratto è un fenomeno che in banca sembra diffuso. Per molti istituti si tratta di uno scambio conveniente per entrambe le parti: per l'azienda, che ottiene l'uscita dei dipendenti più anziani senza incentivi, in cambio di assunzioni di giovani a costi più bassi; per il dipendente, che assicura un posto al figlio. Succede dalle piccole cooperative come nelle big. A ottobre Unicredit ha firmato un accordo sindacale con 4.700 esuberi e 2.198 nuove assunzioni. Gli arrivi verranno reclutati mediante una selezione, alla quale i figli dei dipendenti che sceglieranno l'esodo volontario potranno accedere (se laureati e capaci di parlare inglese) e in favore dei quali Unicredit eserciterà un diritto di prelazione a parità di valutazione con gli altri candidati.
Anche Intesa Sanpaolo ha sperimentato nel 2006 la staffetta: su 390 nuovi assunti, i posti per gli eredi sono stati 213. Qualche mese fa, inoltre, il gruppo guidato da Corrado Passera ha scelto di inserire nel bacino dei precari da stabilizzare i "figli di", giovani che sono quindi giudicati più competenti di altri per osmosi domestica. Ad aprile 2009, infine, il Monte dei Paschi ha deliberato che, a fronte del prepensionamento volontario di 600 dipendenti, sarebbero state garantite 100 nuove assunzioni "tramite lo scorrimento delle graduatorie di figli di dipendenti di Siena e Grosseto". Al "così fan tutti" partecipa anche la Bcc di Roma. Grazie ad un accordo entrato in vigore a gennaio 2010, il dipendente che sceglie l'esodo anticipato e rinuncia agli incentivi può indicare alla successione non solo i propri figli, ma addirittura un parente fino al terzo grado. Certo, i parenti devono affrontare una selezione. Il fatto è che oltre il 90 per cento degli impiegati della banca è figlio di soci. La morale la fa l'economista Tito Boeri: "Chi ha il genitore bancario, anche se è capra, campa. Senza bancario in famiglia, anche se non è capra, crepa". n

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