La vita di tuo figlio è su YouTube: la mania di riprendere la vita di famiglia

Giochi coi bambini, scherzi in piscina, frammenti quotidiani. Dall'Italia agli Stati Uniti, sono sempre più numerosi i genitori che filmano e mostrano sul proprio canale web le vicende familiari di ogni giorno. Con un boom di pubblico. E per molti diventa un business

Due insegnanti californiani, Kristine e Matt, hanno sei figli piccoli. Protagonisti di una serie di brevi filmati in cui si travestono da pompieri, supereroi, cowboy, pirati, orsi, campioni di judo, poliziotti, personaggi di Guerre Stellari. E recitano insieme ai genitori, che fanno capolino mascherati tra un cambio d’abito e l’altro. Il loro canale su YouTube, “Family Fun Pack”, con il motto «divertiamoci in famiglia, ogni giorno», in sei anni ha attirato oltre cinque milioni di iscritti, totalizzando quasi 10 miliardi di visualizzazioni. «Ci sono un sacco di cose che si possono fare in 24 ore, soprattutto se sei la famiglia più famosa di YouTube», recita la voce femminile fuori campo in uno dei video più cliccati.

Mentre il sito “Daily bumps” di Bryan e Missy Lanning, cantante lui e casalinga-pasticciera lei, lanciato nel 2012 per documentare la battaglia della coppia californiana per riuscire ad avere figli, oggi vanta due milioni e mezzo di iscritti e quasi due miliardi di visualizzazioni. Nel frattempo sono nati due bambini, sempre in primo piano su Internet tra una festa di Halloween e un bagno al mare o in piscina, accompagnati da canzoni, risate e schizzi d’acqua. Sull’altra sponda dell’oceano stessa musica: Jonathan e Anna sono due giovani irlandesi che abitano a Londra con tre figli e sei cani. Nel 2009 la donna apre il sito puntando su moda e beauty, adesso “Sacconejolys” è uno dei canali familiari più popolari del web, scandito da frammenti di vita quotidiana e feste di compleanno, gravidanze e nascite, vacanze a Sorrento e gite nei parchi divertimento in Florida.

A prima vista si tratta di filmini innocenti, che però non hanno nulla a che fare con i Super 8 degli anni Settanta. All’epoca la platea era ristretta: genitori e figli, nonni, zii e qualche parente. Oggi invece, come ha raccontato Time in una recente inchiesta, il “family vlogging”, l’abitudine di pubblicare ogni giorno sul web spezzoni di cronaca familiare, è un business potente. Alimentato da milioni di spettatori, con decine di migliaia di dollari di introiti pubblicitari al mese per i canali più popolari: solo nell’ultimo anno, riferisce YouTube, negli Stati Uniti il tempo trascorso dagli utenti sui vlog familiari è esploso del 90 per cento.

Per l’Italia non esistono statistiche ufficiali, ma basta scandagliare la piattaforma di video sharing di proprietà di Google per capire che il fenomeno è in crescita esponenziale.«È folle pensare che le famiglie possano guadagnarsi da vivere pubblicando su YouTube le immagini dei propri figli. Folle, ma in senso positivo», racconta all’Espresso Carissa Nunez, 24 anni, che abita a Indianapolis, negli Stati Uniti, insieme al marito e alla piccola Emerson Rose. Di recente la giovane americana ha pubblicato sul proprio family vlog, avviato solo pochi mesi fa, la clip con la figlioletta che pronuncia le sue prime parole, subito schizzato in cima alla classifica dei video preferiti dai 21mila iscritti.

Il più cliccato, invece, resta il filmato del giorno del parto, documentato nei minimi dettagli: quasi 600mila visualizzazioni. «Quando andavo al liceo mi affascinava l’idea di sbarcare il lunario con un’attività così divertente. Ora lavoro per una piccola società di marketing e comunicazione, produciamo video. È davvero straordinario poter coniugare la mia passione creativa con l’amore per Emerson e la mia famiglia. Non ricaviamo dal vlog un vero e proprio reddito, ma di mese in mese i ricavi aumentano. È un contributo importante per il bilancio domestico», aggiunge Nunez.
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È globale questo fenomeno, ma in ogni Paese presenta sfumature diverse perché rispecchia schemi culturali specifici. In Italia, ad esempio, in genere le famiglie sono più tradizionali rispetto a quelle americane, hanno una struttura più estesa che attraversa le generazioni e condiziona le scelte. «È una questione di pudore, prima di aprire una finestra sulla vita domestica bisogna mettere tutti d’accordo. La famiglia americana invece è più spregiudicata perché più nucleare, non deve rendere conto a nessuno», dice Francesco Morace, sociologo e autore di numerosi saggi tra cui “ConsumAutori” (Egea editore), in cui mette a fuoco anche la generazione degli “ExperTeens”, i ragazzi tra i 16 e i 19 anni nati con il web e con Harry Potter, la coda più matura della Z Generation.

Secondo il sociologo, questi ragazzi instaurano una relazione virtuosa tra lettura e scrittura, scrivono romanzi a puntate che pubblicano sulla piattaforma online Wattpad, sono abituati a un dialogo quotidiano con i lettori e coinvolgono la famiglia nei loro racconti. Ventenni e trentenni, inoltre, in Italia vivono a lungo con i genitori - quasi sette under 35 su dieci, secondo l’Istat - portando in casa attività e passioni. «A differenza degli Stati Uniti, in Italia spesso i family vlog partono dai ragazzi e non dagli adulti, che accolgono con entusiasmo l’idea di documentare online la vita domestica», aggiunge Morace, che definisce “New Normals” i genitori nati a cavallo tra i Sessanta e i Settanta: oscillano fra la dimensione individuale e quella sociale, pubblicano sulla loro pagina Facebook i momenti felici, coinvolgendo anche i loro bambini, aprono i family vlog.

Spesso il canale YouTube precede la nascita di un figlio che tarda ad arrivare, si trasforma nel diario quotidiano dell’attesa e poi, una volta raggiunto l’obiettivo, accompagna la gravidanza fino al parto e continua negli anni successivi. Silvia Sfasciotti, romana, 37 anni, nel 2011 dà forma a “Missgerberina”: all’inizio si occupa di beauty, poi il piccolo Stefano, che oggi ha quattro anni, diventa il protagonista. Finora il canale ha superato i 13 milioni di visualizzazioni, con oltre 600 video caricati. «È l’album delle memorie di mio figlio, che accompagna la sua e le nostre vite. Passo intere giornate a rispondere alle email e ai commenti su Instagram, YouTube, Facebook che arrivano da ogni parte del mondo, è un’attività a tempo pieno. A volte non riesco a star dietro a tutto». Spesso la fondatrice del family vlog riceve messaggi da bambini e ragazzini, anche all’insaputa degli adulti. «Alcuni mi dicono: “Vorrei che fossi tu la mia mamma”. Io li invito a parlare con i genitori, sono molto rispettosa delle loro decisioni».

A volte, tuttavia, l’incantesimo si spezza e arrivano le critiche degli utenti per il modo in cui i minori vengono trattati o mostrati al pubblico. Negli Stati Uniti, ad esempio, alcuni family vlogger hanno fatto mea culpa e rimosso alcuni filmati da YouTube sull’onda delle proteste. In Italia, la vlogger di “Missgerberina” ha ricevuto diversi commenti negativi quando ha postato un video in cui il figlio Stefano appare nella sua fragilità, mentre piange disperato perché il cagnolino Phoebe non è in casa.«Sapeva che la telecamera era accesa, gli piace essere al centro dell’attenzione. Quando ha voglia di essere ripreso mi chiede: “Mamma, mi prendi le gerberine?”», aggiunge Sfasciotti. I social network amplificano il desiderio di visibilità e consenso, a ogni età. Soprattutto tra i pre-adolescenti. Ma dopo l’euforia per il boom di visualizzazioni può subentrare la frustrazione, se i video seguenti non ottengono lo stesso successo.

«È a rischio soprattutto chi ha rapporti difficili con la famiglia e con i compagni di classe, cercando consenso su Internet. Il pericolo è che i minori attraggano adulti che hanno per loro un’attenzione perversa», dice Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro e docente di Neuropsichiatria infantile all’Università di Modena e Reggio Emilia. Secondo il professore c’è anche un altro elemento preoccupante: la confusione tra realtà e mondo virtuale.

Le “famiglie in streaming” non vivono più nell’intimità ma in una dimensione collettiva, davanti a una telecamera accesa 24 ore su 24, come in una sfida sportiva permanente.«Il web non cancella nulla. E i ragazzi non hanno la stessa attenzione alla privacy degli adulti, quindi corrono molti rischi. Hanno il diritto di tutelare la propria immagine nei confronti di genitori che li considerano una semplice appendice», conclude Caffo.

Come naturale, i family vlogger non sono d’accordo. In nome del potenziale guadagno per la famiglia, certo, ma non solo. In molti si rendono conto dei pericoli, ma considerano più importante documentare la vita domestica a futura memoria, come testimonianza per i posteri. «Non è bello che un parente un giorno potrà rivedere i propri antenati? È come una capsula del tempo», esordisce Ciro Renzi, 40 anni, che abita a Pozzuoli con la sua famiglia e sette anni fa ha fondato Pazzaludavlog: 12mila iscritti e più di mille video all’attivo con oltre 8 milioni di visualizzazioni. Tra i filmati più cliccati (quasi 600mila contatti) c’è la partita di calcio Juventus-Napoli, sfida alla playstation tra Stefan, figlio del vlogger, e un cuginetto, inquadrati in un angolo.

Quasi un format, considerato il numero di clip pubblicate sul canale con questa impostazione. «Il mio è un progetto ambizioso e interessantissimo, molto spesso bistrattato da psicologi bigotti che vedono la tecnologia come il male del secolo. Parlano di privacy, quando sanno bene che nessuno oggi ha la privacy, anche chi non usa Facebook o YouTube. E allora lo Zecchino d’oro, con centinaia di bambini in tv?».

Non sono solo gli psicologi a puntare il dito contro la sovraesposizione mediatica dei minori. Di recente, il garante della privacy Antonello Soro nella sua relazione annuale ha lanciato un monito contro la pubblicazione sui social network delle immagini dei figli, sempre più numerose, perché favoriscono in modo involontario la pedopornografia in Rete. E uno dei cardini deontologici dei giornalisti, infine, è la Carta di Treviso, che tutela bambini e adolescenti, firmata nel 1990 da Ordine dei giornalisti, Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi) e Telefono azzurro, successivamente aggiornata. Un paradosso: mentre il testo per gli operatori dell’informazione è infarcito di divieti - nella maggior parte dei casi esclude la pubblicazione di foto anche se c’è il consenso dei genitori - in Rete la deregulation è quasi totale.

«Da genitore e da giornalista, ritengo la moda dei family vlog una barbarie mediatica assoluta, perché espone i ragazzi alla gogna del pubblico. Con l’aggravante dello scopo di lucro», sintetizza Nicola Marini, presidente del Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti. C’è da dire che in Italia le norme per i giornalisti sono molto stringenti, altri Paesi hanno un approccio più soft. «Non esistono in tutto il mondo ordini professionali che tutelano i minori contro le violazioni deontologiche», conclude Marini: «Sono a favore della libertà di espressione, ci mancherebbe, ma bisogna dare al web regole precise: oggi è terra di nessuno, ognuno fa ciò che vuole».

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