Barbareschi Sciock. Per riassumere le convulse vicende che hanno visto protagonista l'attore e deputato di Futuro e Libertà non c'è niente di più adeguato del titolo di una sua recente, e poco fortunata, trasmissione televisiva. Ore consumate sul filo della farsa e del mistero. Che, come in tutti gli spettacoli che si rispettino, lasciano gli spettatori, all'uscita, un po' perplessi.
Di sicuro c'è che per il momento la rottura con il nascente partito di Gianfranco Fini, annunciata sui giornali e perfino in un'agenzia dell'Ansa, non ci sarà. «È stata una malignità del gruppo dei Responsabili», precisano fonti finiane: «Sono stati loro a diramare il comunicato». Così, nel giro di mezz'ora, ecco giungere la smentita: quelle sul «passaggio al Pdl» sono solo «illazioni», precisa Barbareschi, in una nota.
Peccato che nessuno avesse parlato di un ritorno nella casa del detestato Cavaliere. Le indiscrezioni davano Barbareschi, semmai, vicino al neogruppo parlamentare che ha raccolto ex colombe finiane come Silvano Moffa, Catia Polidori e Maria Grazia Siliquini, gli ex Idv Domenico Scilipoti e Antonio Razzi e, in sostanza, chi più ne ha, ne metta, in soccorso della striminzita maggioranza berlusconiana post-14 dicembre.
Che la smentita valga a metà lo conferma la serie di incontri che Barbareschi ha poi dovuto affrontare per fugare, almeno per ora, i dubbi di una sua fuoriuscita dal partito di cui aveva declamato in lacrime, soltanto il 6 novembre scorso a Bastia Umbra, il manifesto dei valori. Un valzer che ha portato il regista del profetico film "il Trasformista" a incontrarsi con il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini e alcuni pezzi grossi di Fli.
Le incognite, tuttavia, restano. Prima di tutto, Barbareschi ha rimandato ogni chiarimento a un enigmatico «importante comunicato di due ore sul trasformismo» fissato il 7 febbraio. La data, guarda caso, coincide con la messa in onda de "il Trasformista" su Raitre, in prima serata. Come lo stesso Barbareschi si è premurato di ricordare, con grande evidenza, a chiunque si colleghi al suo sito personale. E in diretta alla giornalista Bianca Berlinguer, sul Tg3 della sera. Alcuni maligni si sono quindi chiesti se la bagarre scatenata non fosse solamente un modo per farsi pubblicità. «Non lo escludo», afferma la finiana Chiara Moroni, augurandosi tuttavia che «l'infortunio» si risolva al più presto. Perché «sarebbe curioso», se fosse altrimenti.
E poi, se è tutto chiarito, perché aspettare fino a lunedì? «Questo io non l'ho capito», afferma candidamente il "falco" finiano Fabio Granata. Che si dissocia anche dalla visita di Barbareschi a Villa San Martino, per incontrare il presidente del Consiglio: «No, io non ci sarei andato», risponde all'Espresso, «è ovvio. Però loro hanno altri tipi di rapporti». I due si sono conosciuti a fine anni Settanta, a New York. E la stima del deputato-attore per il Cavaliere è nota: «E' un fuoriclasse», diceva nel 2005 a Barbara Palombelli. E infatti l'ingresso in politica, quella politica che ora lo delude al punto di fargli ipotizzare di lasciare il Parlamento, avviene proprio grazie a Berlusconi, nelle file del Pdl. Era solo il 2008, ma sembra essere passata un'eternità. Soprattutto rileggendo le dichiarazioni rilasciate da Barbareschi dalla rottura tra Fini e "sua emittenza" a oggi. Il primo obiettivo di Fli è «accelerare il processo di rottamazione del berlusconismo», diceva il 3 agosto del 2010. Perché «Berlusconi è finito, non esiste più», «non ha più credibilità», è «un irresponsabile». Alla vigilia della mancata sfiducia, il 13 dicembre dello scorso anno, Barbareschi traeva le sue conclusioni: «Berlusconi deve andare a casa».
Del resto, niente di strano da parte di chi l'ha accusato, negli ultimi mesi, di «fare leggi per la propria famiglia o le proprie aziende», pensare «di avere a che fare con un gruppo di persone in vendita», essere «responsabile del ritardo del Paese», trattare i deputati «come sudditi» mentre «trasforma lo stato in un bordello». E addirittura di essere il mandante della copertina di Libero che ritraeva nomi, cognomi e indirizzo email dei «traditori» di Fli: «Se qualche paranoico-maniaco dovesse mai aggredire qualcuno di noi», ringhiava Barbareschi, «la colpa sarà solo ed esclusivamente di Silvio Berlusconi».
Strano dunque sedere a un tavolo, nella sua residenza, a discutere di «cultura in tutte le sue espressioni» e «telecomunicazioni». E, soprattutto, trasformare la veemente richiesta di dimissioni nell'augurio che «nei prossimi due mesi» il presidente del Consiglio imponga «una sterzata al governo di centrodestra». Ancora più strano lamentarsi della scarsa coerenza della politica, soprattutto per chi, solo qualche anno addietro, disse: «Io sono e resterò socialista a vita». Ma tant'è. La questione sollevata da Barbareschi, tuttavia, tocca un nervo scoperto di Futuro e Libertà: la collocazione del partito. Che Fini e lo stesso Barbareschi vorrebbero all'interno dell'alveo di un rinnovato centrodestra ma che, di fatto, al momento si trova apparentato con centristi del calibro di Casini e Francesco Rutelli. Una sistemazione che l'attore non ha mai gradito, giungendo a parlare apertamente dell'ingresso nel terzo polo come di un «errore». E che fa riflettere, anche e soprattutto dopo che Italo Bocchino ha parlato del leader Udc come del suo leader.
La situazione in Fli, dunque, è «molto delicata», come confermano fonti finiane. Che spiegano come, in realtà, dietro al caso Barbareschi potrebbero celarsi motivazioni ben più prosaiche. C'è chi interpreta la sua mossa come un tentativo per riguadagnare attenzione mediatica e, dunque, importanza nel partito. Chi parla delle conseguenze di un rancore dovuto alla mancata candidatura a sindaco di Milano. Chi dice, semplicemente, che «l'uomo è matto», e che dunque simili «colpi di testa» siano da mettere in conto.
Da ultimo, c'è chi vede dietro all'improvvisa riqualificazione del Cavaliere come interlocutore affidabile la volontà di Barbareschi di assicurarsi gli introiti delle fiction Rai che quest'ultimo avrebbe proposto. Perché «se non sei ricco di famiglia», e Barbareschi non lo è, un modo per «mantenere lo status acquisito» si dovrà pur trovare.
Del resto, era stato proprio il deputato-uomo di spettacolo a motivare le sue frequenti assenze dall'Aula (più di una votazione su due) con la necessità di garantirsi ulteriori entrate come produttore. E in questo Berlusconi, come dimostrato dalle indagini della procura di Milano, non perde mai l'occasione di mostrare la sua riconoscenza.