I documentari sulle pop star si dividono in due, quelli che scavano nelle vite dei protagonisti e quelli che scavano nella loro musica. Il film dedicato ai Bee Gees da Frank Marshall, fluviale, vivace, informatissimo, sempre piacevole e inevitabilmente celebrativo, appartiene alla seconda categoria. Chi cerca lumi sui risvolti meno noti di questa band leggendaria composta dai fratelli Barry, Robin e Maurice Gibb (più l’ultimogenito Andy, destinato a unirsi al gruppo a fine anni 70 e a morire appena 30enne nel 1988), inglesi cresciuti in Australia detti “i camaleonti del pop” per la longevità e il trasformismo dimostrati in quasi mezzo secolo con più di 100 canzoni, dovrà rivolgersi altrove. O aspettare il film di finzione che da anni rimbalza sui tavoli delle Majors senza concretizzarsi.
Nel frattempo ci si può accostare alla storia ufficiale e comunque appassionante della band con questo documentario arciclassico che tiene gli occhi puntati sullo show business più che sugli abissi della creatività o delle alchimie familiari di casa Gibb. È questa del resto la dimensione più consona a Marshall, regista occasionale ma produttore di grande fortuna e socio da sempre di Spielberg (uno dei nomi interessati al film sui Bee Gees).
Ma quella del successo è forse anche la chiave migliore per guardare a questa band di consanguinei, caso certo non unico nella storia, passata attraverso una tale serie di alti e bassi, separazioni e riunificazioni, da diventare la metafora vivente della pop music: una creatura capace di trasformarsi e rigenerarsi senza fine attingendo alle influenze più varie.
Di qui, nel film di Marshall, l’importanza decisiva accordata, oltre che ai Bee Gees, ai loro produttori. Ed ecco Robert Stigwood, che ha messo sotto contratto un certo John Travolta, chiedere loro la colonna sonora per «un piccolo musical», cioè “La febbre del sabato sera” (sarà il disco più venduto di sempre). Ecco Arif Marden, mitico producer turco-americano della Atlantic, spingere Barry al celebre falsetto. Ecco Bill Oakes notare, sornione, che saranno i Bee Gees a portare la melodia nella disco music. Senza per questo evitare quella campagna d’odio anti-disco che a ripensarci oggi aveva accenti anti gay e black, come si vede in una delle pagine più sorprendenti del film. Dal 14 dicembre su Prime Video, Apple Tv e Google Play.
“The Bee Gees: How Can You Mend A Broken Heart”
di Frank Marshall
Usa, 111’