Orsi, cicogne, linci. E poi fiori e piante rare. Il nostro Paese è in prima fila nella tutela di flora e fauna a rischio

image/792685.jpeg
Countdown 2010: fermare entro l'anno prossimo l'estinzione di specie vegetali e animali nel pianeta. Sta ormai per arrivare a scadenza l'iniziativa lanciata dal Consiglio europeo a Göteborg del 2001, in base alla Convenzione di Rio sulla Diversità biologica del 1992. A quell'iniziativa ha solennemente aderito nel 2005 anche il nostro Paese, uno dei più ricchi di biodiversità di tutta Europa.

Basti pensare alle oltre 5.500 specie di piante, molte di esse uniche al mondo come l'iris marsicana del Parco d'Abruzzo, il ribes sardo del Supramonte o la primula di Palinuro delle falesie calcaree del Parco del Cilento. O agli anfibi endemici come la salamandrina dagli occhiali dei ruscelli dell'Appennino o al rarissimo macaone di Sardegna, grande farfalla gialla, nera, blu e rossa che vive solo in Sardegna e Corsica.

Contrariamente a quanto si potrebbe credere, l'Italia vanta in questo settore non poche benemerenze. Mentre in Francia si sono fatti fuori gli ultimi lupi, in Germania e Svizzera si prendono a schioppettate gli orsi italiani che sconfinano nei loro territori, da noi, oltre a non aver dovuto registrare negli ultimi dieci anni delle estinzioni, si è inaspettatamente assistito al ritorno di non poche specie. Tra queste, la lince, ricomparsa sulle Alpi, proveniente dalla Slovenia, o l'avvoltoio barbuto, il cui ultimo esemplare fu ucciso nel Gran Paradiso nel 1913, e che oggi, grazie a reintroduzioni ha ripreso a nidificare sulle Alpi.

Oppure come l'orso bruno alpino, ridotto a 2-3 esemplari alla fine del '900, che attualmente conta, grazie anche in questo caso a reintroduzioni di marca italiana, circa 25 capi, in confortante ascesa. Altri successi in favore della biodiversità sono il ritorno, grazie ai Forestali, dell'avvoltoio grifone nell'Appennino e il fatto che, dopo secoli di assenza, l'airone bianco, la spatola, il cormorano, la cicogna e lo splendido fenicottero rosa siano tornati a nidificare nelle nostre paludi e lagune.

A parte una inaspettata recente vocazione degli italiani nella protezione della natura (i cacciatori sono calati dai 2 milioni degli anni '70 ai 600 mila di oggi), il merito va ai vari governi che nell'ultimo mezzo secolo hanno elevato la percentuale di territorio protetto dallo 0,6 per cento degli anni '60 all'oltre 10 di oggi, salvando ecosistemi di grande valore, con più di 20 parchi nazionali a cui si aggiungono molti regionali.

La tendenza all'aumento numerico di molte specie, ancora pochi anni fa condannate all'estinzione, va accreditata anche alle Associazioni ambientaliste come il Wwf (www.wwf.it) le quali, oltre a battersi per la protezione di specie come i lupi, passati dai cento esemplari del 1973 ai più di mille di oggi, gestiscono oasi di protezione in tutta Italia, costituendo un concreto e capillare presidio per le specie più rare.

Un esempio tra tutti. Negli anni '80 i cervi sardi erano già estinti in Corsica e ridotti a poche decine di esemplari in Sardegna. L'acquisto, da parte del Wwf con l'aiuto di migliaia di donatori, movimentati anche da una campagna de 'L'espresso', di una foresta di oltre 3 mila ettari nel sud dell'isola, ha dato avvio a una campagna di salvataggio che oggi ha portato il loro numero a circa 7 mila esemplari.

Oltre al successo di Monte Arcosu, l'associazione, che il 19 aprile aprirà gratuitamente al pubblico le sue più di cento oasi in tutta Italia, può vantare anche quelli legati alla tutela della rarissima lontra, oggi protetta in varie oasi come quella di Persano sul fiume Sele, o alla difesa di specie alpine come l'urogallo, il fagiano di monte, la pernice bianca e il francolino, salvati con l'acquisto dell'oasi di Valtrigona in Trentino. O, infine, alla fauna marina che trova rifugio nella riserva di Miramare presso Trieste, gestita fin dal 1973 dal Wwf.

LEGGI ANCHE

L'E COMMUNITY

Entra nella nostra community Whatsapp

L'edicola

Il pugno di Francesco - Cosa c'è nel nuovo numero dell'Espresso