Dalla sanità lombarda all’Anas, nelle tangenti il genere non conta. Tra sete di potere, volgarità e nepotismi: proprio come fanno i maschi

La mazzetta è sport per signore e signorine. La women’s liberation all’italiana conquista la parità dei sessi in quel virtuosismo nazionale che è la corruzione. Mentre le imprese stentano ad aprirsi alle quote rosa e solo tre donne figurano fra i 100 amministratori più pagati delle società quotate (al diciottesimo, quarantesimo e cinquantaquattresimo posto), nell’economia tangentara la manager avanza con passo sicuro.

Molte inchieste giudiziarie recenti fanno perno su figure femminili potenti, spregiudicate, pronte a monetizzare le loro posizioni dominanti o a imporre i loro protetti, i loro congiunti, i loro amanti. Nord e Sud, come si diceva una volta, sono uniti nella lotta.

Un mese fa l’ex prefetto di Palermo Giovanna Cannizzo è stata messa sotto inchiesta per corruzione e concussione a Caltanissetta nella vicenda che ha già coinvolto Silvana Saguto, responsabile delle misure di prevenzione del tribunale di Palermo, anche lei sotto inchiesta e ora trasferita.

E se nei casi di Saguto e Cannizzo si impone la presunzione di innocenza, le protagoniste di altre due inchieste hanno ammesso le loro colpe e hanno iniziato a collaborare con la giustizia dopo l’arresto. Sono Antonella Accroglianò, condirettore generale dell’Anas per il settore tecnico amministrativo, e Maria Paola Canegrati, mente imprenditrice e braccio operativo di un sistema criminale che ha investito il sistema sanitario lombardo.
Antonella Accroglianò nel video della Finanza

Nate entrambe nel 1961, hanno firmato confessioni che promettono di inguaiare altri politici e amministratori di imprese private. Va da sé che la loro scelta difensiva di collaborare non ha molto a che fare con un desiderio di castigo dostoevskiano. L’obiettivo è arrivare per prime ai saldi e agli sconti dell’imminente stagione di condanne. D’altra parte, se non si è lungimiranti, non si resta per anni ai comandi di un business dove la competizione è direttamente proporzionale a ricavi di parecchie centinaia di milioni di euro.

Le due dame hanno scelto a colpo sicuro i due settori, sanità e strade, con maggiore partecipazione di finanziamenti pubblici. La sanità ha una tradizione consolidata di tangenti in rosa. Lady Dentiera, cioè Paola Canegrati, arrestata a metà febbraio insieme al braccio destro del governatore Bobo Maroni, il leghista Fabio Rizzi, è ultima di una dinastia iniziata con Lady Poggiolini, al secolo Pierr Di Maria, moglie di Duilio, direttore del servizio farmaceutico nazionale, e proseguita da Lady Asl, Anna Iannuzzi.

Nella sua lunga ascesa che lei stessa commenta con terminologia vagamente sessista («trent’anni di marchette c’ho sulle spalle, ho fatto trent’anni di marciapiede, ho battuto tutti»), Canegrati ha organizzato il più classico degli scambi fra appalti e tangenti. L’appartenenza leghista non è stata mai occasione di apartheid. Con il manager della sanità Pietrogino Pezzano da Palizzi (Reggio Calabria), detto “dottor Dobermann” per la sua passione cinofila e per la sua combattività, Canegrati aveva una relazione sentimentale e di business durata anche dopo che Pezzano è stato fotografato in compagnia di esponenti della ’ndrangheta e tagliato fuori dalla scalata all’Asl Milano 1.

Nei colloqui intercettati l’imprenditrice non rinuncia però all’orgoglio lombardo: «Ogni volta che per lavoro vado a Roma mi chiedo come sia possibile che lì le cose funzionano come funzionano. A Milano gare pubbliche, appalti. A Roma servizi assegnati per tre anni senza bando».

Le usanze locali non spaventavano Canegrati che progettava di esportare i suoi servizi odontoiatrici in Friuli, Liguria, Piemonte, Abruzzo e Molise. L’arresto ha bloccato l’espansione. Ora Lady Dentiera ha promesso di vuotare il sacco e spera di incontrare il figlio che il marito non vuole farle vedere.

Se nelle corsie di ospedale la figura femminile rassicura dai tempi di Florence Nightingale, madre dell’assistenza infermieristica, con il cemento e le ruspe la cosa è diversa. Costruzioni e grandi appalti sono un mondo al maschile per eccellenza. È vero che nello scandalo del Mose ha giocato un ruolo non secondario Claudia Minutillo, la segretaria dell’ex governatore veneto e ministro Giancarlo Galan costretta a mettere all’asta le sue venti borse Hermès per pagarsi gli avvocati. Ma gli sprechi in laguna sfigurano a paragone della massa di denaro gestita ogni anno dall’Anas, la prima stazione appaltante d’Italia.

Accroglianò, ribattezzata “dama nera” dagli investigatori che l’hanno arrestata lo scorso ottobre, guidava una cellula criminale all’interno della società di Stato con l’obiettivo, ben retribuito, di privilegiare i suoi imprenditori di riferimento. Fra questi ci sono i catanesi Domenico Costanzo e Concetto Bosco Lo Giudice, azionisti di Cogip e Tecnis appena sequestrate per rapporti con Cosa Nostra. È improbabile che la Dama Nera abbia agito con il solo aiuto di qualche dirigente di livello medio-basso e a insaputa dei superiori. Lei stessa ha sottolineato che gli imprenditori siciliani avevano «relazioni importanti in Anas, con i vertici». Quei vertici che la Dama di via Monzambano ha conosciuto da vicino.

Lo sbarco di Accroglianò in Anas risale a ventidue anni fa quando l’allora ente pubblico, devastato dalle inchieste della prima Tangentopoli, viene commissariato e affidato a Giuseppe D’Angiolino. Il manager messinese, cresciuto nell’osservanza del rito democristiano, arriva da Italstrade (gruppo Iri) e si porta dietro Accroglianò, assunta da Italstrade appena diciannovenne.

Nel 1994 la dama non ancora nera diventa la segretaria del commissario straordinario e poi presidente. Un anno dopo festeggia la laurea con i familiari. Fra questi spicca lo zio, Giuseppe detto Peppino, consigliere Dc in Calabria per tre legislature a partire dal 1975, quando è il primo eletto assoluto con 28 mila preferenze. I colleghi dell’opposizione comunista coniano per lui il neologismo “accroglianare”, a definire i suoi interventi in aula nel migliore, o nel peggiore, stile della retorica politica meridionale.

Lo zio non si limita ai confini regionali. Sbarca a Roma e viene accolto in quello che si definisce il circolo più esclusivo della capitale, l’Antico Tiro a Volo: un centinaio di soci contro gli oltre mille del pur prestigioso Aniene di Giovanni Malagò, Cesare Romiti e Luca di Montezemolo.

Altri calabresi importanti frequentano il Tiro a volo. Tra questi, Antonio Catricalà, ex sottosegretario a Palazzo Chigi, poi numero uno dell’Antitrust.

Il lavoro lobbistico di zio Peppino si sintetizza nella fondazione di C3 international, un’associazione culturale che raccoglie i calabresi di successo. Alla festa annuale e agli happening della C3, ribattezzato dai massonofobi P ’Nduja, sono spesso presenti Antonella e suo fratello Galdino, che vorrebbe seguire la strada dello zio. Alle regionali del 2014 otterrà 1346 voti, una trombatura e un’accusa per voto di scambio nell’inchiesta intestata alla sorella.

Antonella fa carriera in Anas e nel 2000 passa alla direzione centrale lavori, nocciolo duro del business. Quando D’Angiolino se ne va nel 2001, arriva l’ingegnere leccese Vincenzo Pozzi, nominato dal ministro forzista Pietro Lunardi. Pozzi non ama Accroglianò ma la teme. Lei non risparmia colpi sotto la cintura ai rivali e alle cordate nemiche. Nonostante la promozione a condirettore ottenuta nel 2010 dal successore di Pozzi, l’ex Iri Pietro Ciucci, arriva a creare una vera e propria cartiera per denunce anonime. Ne spedirà decine a un elenco di destinatari che, infallibilmente, inizia con il presidente della Repubblica e termina con i cronisti. Mentre predica, spesso con elementi reali, razzola malissimo. Fra i neologismi della corruzione rimarranno le sue “ciliege”, per indicare le mazzette ottenute dagli imprenditori in cambio di piste preferenziali per i pagamenti.

Le sue rivelazioni arriveranno in cima alla piramide? Difficile. D’altra parte, Paola Canegrati ha detto: «Il sistema ti uccide. Chi decide, il vertice, non viene toccato. Noi siamo pesci piccoli, il capro espiatorio». Su questo la Dama nera sarà d’accordo.

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