L’aumento dei costi alimenta rabbia e paura, e finisce per cambiare le abitudini delle persone

Avranno sicuramente ragione Tito Boeri e Roberto Perotti quando sostengono (su la Repubblica) che i cittadini tendono a percepire un’inflazione più alta di quella effettiva. Ma vallo a spiegare agli italiani. Sembra un po’ la stessa storia dell’emergenza criminalità con i dati del Viminale che danno i reati in netto calo ma la gente che si sente sempre più insicura e invoca lo sceriffo in città.

 

Cronaca di un giorno qualunque di inizio estate in un supermercato italiano quando le fonti ufficiali concordano su aumenti dei prezzi che non raggiungono le due cifre. Coda alle casse con in cima un signore arruffato e bizzarramente vestito, pareo trasparente su costume da mare giubbino nero con le maniche tagliate, che mette i prodotti acquistati sul nastro trasportatore e già mette le mani avanti.

 

Dice alla cassiera: «Prendo sempre le stesse cose e vedrà che alla fine il conto è il doppio del solito. È cresciuto tutto del cento per cento». La cassiera fa una leggera smorfia ma in ossequio al principio per cui non bisogna contraddire il cliente ribatte conciliante: «Mi sa che ha ragione». Lo scontrino sputato dalla macchina è una sentenza: «175 euro». «Ecco, di solito pagavo tra i 90 e i 95, più o meno ci siamo».

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Raccatta la merce, la posa nei sacchetti e saluta quasi beffardo: «Per fortuna me lo posso permettere». Il breve dialogo è il detonatore di un dibattito. «Secondo me», calcola la signora con il bimbo il braccio, «non è il cento per cento ma il cinquanta sì. L’altro giorno a metà pomeriggio mi era venuta fame e sono entrata in un forno, ho ordinato un pezzo di focaccia e una bottiglietta d’acqua e mi hanno chiesto 9,5 euro. In un forno! Non da Carlo Cracco».

 

Intervengono quattro ragazzi nerboruti e variamente tatuati, dall’accento uno è italiano e tre stranieri (rumeni?), gli abiti macchiati da cantiere denunciano il loro mestiere, muratori. «Alla pausa pranzo di solito andavamo in una di quelle trattorie alla buona. Non possiamo più permettercelo, ormai ti chiedono anche 12 euro per un primo. E allora ci riforniamo qui, panini e affettati. Ma nell’ultimo mese, booom, hanno tolto anche il prosciutto crudo in offerta che era la nostra salvezza».

 

Dal fondo si sente un “poveretti” che provoca la reazione indispettita di una giovane bionda che si autocertifica già madre di tre figli: «Poveretti? Poveretta io, che devo rinunciare ai biologici che costano di più altrimenti non arrivo alla fine del mese e volevo tirar su i miei ragazzi con prodotti sani». «Se ne farà una ragione, signorina, siamo pur cresciuti lo stesso anche quando non c’erano i biologici», la riprende un uomo in braghe corte e canottiera, che sta allineando sul nastro, attento a non farle rotolare e cadere, sei bottiglie di birra e tre di vino: «Bevo per dimenticare», fa l’ironico, «fra poco tra covid, guerra, siccità e i mascalzoni che speculano dovremo accendere un mutuo per venire a fare la spesa».

 

Se ne è stata sinora silente un’anziana che, a differenza degli altri pare però più ferrata nel calcolo verosimile dei rincari. La magra pensione non le consente valutazioni un tanto al chilo. O ha buona memoria o conserva gli scontrini per una comparazione. «Il burro, 250 grammi, costa 2,80, era sotto i due euro solo due mesi fa, un chilo di pasta è attorno ai 2,5 euro ed era pure sotto i due anche sotto 1,5. Per la passata di pomodori c’era una promozione per fortuna e ho speso 0,75 per un barattolo piccolo. Più 8 euro per l’olio e pensare che era in offerta col 44 per cento di sconto, dicono. Offerta...».

 

Poi alza le spalle e sottovoce, perché per pudore non vuole partecipare al dibattito, aggiunge: «Secondo me gli aumenti sono in generale attorno al 20 per cento. Consiglierei a tutti di avere pazienza tra gli scaffali perché cerca e ricerca si trovano anche degli sconti. Lo so, io non ho niente da fare e mi posso permettere il tempo. Ma è l’unica salvezza. Che mondo lasciamo ai giovani». Avanti un altro, invita la cassiera.

 

È un turista milanese che ha fatto scorta per la vacanza e ha il carrello pieno. Sarà perché sono finalmente cominciate le sue ferie, ha voglia di chiacchierare e cerca di spargere ottimismo. «Ho fatto tre ore di coda in autostrada e non c’erano incidenti. Traffico del fine settimana. E pensare che la benzina è sopra i due euro al litro. Ma dov’è questa crisi?». La prendono come una provocazione. «Ma dici davvero? Tornatene a Milano». 

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