Giovani
15 ottobre, 2025Articoli correlati
La Global Sumud Flotilla ha scosso gli animi, dimostrando di avere due equipaggi pronti a difenderla a tutti i costi: uno in mare e uno sulla terraferma
Una barca costruita in cartone e dipinta con i colori della bandiera palestinese. Il cartello appoggiato alla prua recita: «Dai porti alle università, blocchiamo tutto». Si trova davanti alla statua della Minerva, al centro dell’Università Sapienza di Roma, ed è uno dei tanti simboli di protesta che gli studenti hanno posizionato in giro per il campus. Dopo marce, scioperi e occupazioni, i ragazzi si sono uniti alle manifestazioni nazionali a sostegno di Gaza e della Global Sumud Flotilla - fermata tra l’1 e il 2 ottobre in acque internazionali da Israele - fino al corteo del 4 ottobre, che ha coinvolto un milione di persone.
«“Sapienza contro la guerra” è un movimento che nasce dal basso, composto da studenti che si autogestiscono per portare avanti un’opposizione radicale alla guerra e al genocidio. Ma anche per sostenere chi, in questo momento, rischia la vita e la libertà per rompere l’assedio navale a Gaza», dice Mattia, uno studente della Sapienza che fa parte del collettivo Zone autonome università e metropoli (Zaum). E continua: «Credo che nessun partito rappresenti appieno le nostre idee. Tutti, in modi diversi, portano avanti la stessa mentalità e linea politica, che finisce per opprimerci sempre di più. Le istanze giovanili non hanno bisogno di essere delegate a chi non vive le nostre realtà e non ha mai fatto i nostri interessi».
L’Italia è tornata a farsi sentire ed è stata un esempio di solidarietà trasversale e partecipazione intergenerazionale: «Durante l’occupazione di Scienze Politiche, alcuni docenti hanno accettato di organizzare con noi delle attività. Stiamo anche collaborando per redigere una mozione che chieda lo scioglimento degli accordi tra La Sapienza, le università israeliane e le aziende belliche come la Leonardo. Finalmente, dopo due anni, le persone vogliono assumersi la responsabilità di vivere durante un genocidio in atto, non limitandosi più a urlare, ma bloccando seriamente tutto il Paese», afferma ancora Mattia.
Sull’argomento interviene anche Alessandro, coordinatore nazionale del sindacato studentesco Unione degli Universitari (Udu): «Piazze così piene danno vita a quei momenti catartici che sanno cambiare un Paese. È stato importante vedere protestare insieme a noi tante categorie che di solito non prendono una posizione così netta. Ma dal 22 settembre in poi è cambiato qualcosa. Era dagli scioperi del 2003 contro l’invasione americana dell’Iraq che non si percepiva un sentire comune così forte». La capitale non è stata la sola a reagire: centinaia di universitari a Torino, Milano, Padova, Bologna, Firenze e Napoli hanno bloccato interi atenei e sospeso le lezioni.
Anche i ragazzi dei licei romani hanno deciso di scendere in piazza per esprimere il proprio dissenso nei confronti delle scelte del governo: «I collettivi della mia scuola hanno organizzato un’occupazione, durante la quale ci siamo collegati con Marco Orefice, un membro della barca “Aurora” della Flotilla. Negli ultimi mesi, la situazione è diventata sempre più insostenibile e abbiamo realizzato che dovevamo agire», dice Emanuele, uno studente del liceo Cavour. Le rivolte nascono dagli stessi valori, condivisi da ogni generazione: «È stato toccante vedere in strada partigiani con i nipoti, bambini con i genitori, lavoratori e automobilisti fermi a un blocco, che non reagiscono con rabbia e violenza ma applaudono e si commuovono. È la rinascita di una coscienza collettiva, stanca dell’indifferenza mediatica e istituzionale», dice Eissen, studentessa del liceo Montessori. «Questa è la prova che l’umanità non è morta, che siamo tutti ancora uniti da un unico obiettivo», aggiunge Elettra, una sua compagna di classe.
La Global Sumud Flotilla ha scosso gli animi, dimostrando di avere due equipaggi pronti a difenderla a tutti i costi: uno in mare e uno sulla terraferma. Mentre la premier Giorgia Meloni li definiva «figli di papà dei centri sociali», gli studenti italiani avevano già scelto da che parte stare. Stavano già costruendo insieme un pezzo di storia, diventando l’emblema di un cambiamento reale. Come quella barca di cartone di fronte alla Sapienza. Un simbolo, una voce, la nuova resistenza.
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