Giovani
24 novembre, 2025Nella sua Bustina "Su di un libro non letto", Umberto Eco cita Pierre Bayard (psicanalista e docente universitario di letteratura) e il suo “Come parlare di un libro senza averlo mai letto”
La nostra visione del mondo è stata disegnata anche dalle storie che non abbiamo mai letto, dalle narrazioni alle quali non abbiamo prestato orecchio. Se ci riflettiamo bene, siamo costellati da scene o citazioni tratte da opere letterarie o da film capaci di plasmare il nostro immaginario collettivo. Se vi chiedessi di pensare alla porta di un bagno che viene sfondata da un’ascia, penserete inevitabilmente a “Shining”, mentre se vi parlassi del terribile naufragio di un’enorme imbarcazione, la vostra mente vagherebbe, fino a scorgere Jack e Rose sulla prua della nave con le braccia aperte, in “Titanic”. Tutto questo, anche se non abbiamo mai guardato quelle pellicole.
Nella sua Bustina "Su di un libro non letto", Umberto Eco cita Pierre Bayard (psicanalista e docente universitario di letteratura) e il suo “Come parlare di un libro senza averlo mai letto”. Intitolato così sembra una promessa miracolistica, un po’ come le pubblicità delle diete prodigiose che fanno dimagrire in tre giorni. In realtà, quella di Bayard è un’indagine precisa: numeri alla mano, anche se ci impegnassimo quotidianamente, non riusciremmo mai a immergerci nell’intera produzione letteraria umana, figuriamoci se aggiungessimo quella cinematografica e teatrale. Ed è inutile storcere il naso, protestando: “Ma dai, chi è che non ha mai guardato Titanic?”.
Chiunque dovrà ammettere, prima o poi, di non essersi lasciato trasportare da una pietra miliare del cinema: a meno che non beviamo dall’elisir di lunga vita, continueremo sempre a litigare con quell’amico che non ha mai visto “Pulp Fiction”. Ma non ci fermiamo qui.
Parleremo di loro ugualmente e, molto spesso, abbiamo una discreta consapevolezza dei temi che affrontano. Questo non accade grazie a un superpotere, ma a causa della loro capacità di radicarsi nel nostro immaginario pubblico, a tal punto che abbiamo letto o guardato altro che li citavano, muovendosi sullo stesso ordine di idee.
Come scrive Eco: "Egli (Bayard, ndr) afferma senza vergogna di non aver mai letto lo “Ulysses” di Joyce, ma di poterne parlare alludendo al fatto che è una ripresa della ‘Odissea' […], che si basa sul monologo interiore, che si svolge a Dublino in un giorno solo, eccetera”. Ma non è questo l’aspetto che più ci interessa. Bayard rivela che dimentichiamo una quota elevatissima anche dei libri che abbiamo letto davvero: ricordiamo ciò che provavamo, l’intensità di quel viaggio, i balzi emotivi che ci hanno attraversato. Di altro, solamente un granello di sabbia.
Egli crede fermamente che ciò che fa la differenza nella memoria, senza nulla togliere agli intrecci dell’autore, sia ciò che il lettore mette di suo, la propria creatività nel riconoscere ciò che possa appartenergli, parlargli e perfino scuoterlo. Una dimostrazione la fornisce lo stesso autore della Bustina: Bayard, nel suo libro, inserisce volutamente alcune citazioni sbagliate, tra cui un passo de “Il nome della rosa”, capolavoro di Umberto Eco.
Indovinate chi non si era accorto dell’errore? Forse Eco non avrà letto il suo romanzo? Qualche complottista potrebbe iniziare a credere che egli non sia l’autore, ma in quel caso dimostrerebbe solo di non aver letto Bayard. Se vi è venuto il mal di testa a causa di tutti questi nomi, probabilmente conserverete nella vostra memoria questa seccatura. Eppure resto convinto che, pur sommerso in mille pensieri, chi ha letto “Il Grande Gatsby” non ricorda il nome del narratore, ma percepisce ancora, dentro di sé, il tormento nostalgico dell’uomo d'affari, mentre fissa la luce verde che brilla sul molo dell’amata Daisy. Sono certo che non ricordate tutti gli incantesimi sfoderati nella saga di Harry Potter, ma provate ancora quella sensazione di calore familiare ogni volta che proiettate la vostra mente a Hogwarts. Le storie, come cicatrici, lasciano il segno su ciò che ci rispecchia: anche quando le dimentichiamo. Questa rimane, tutt’oggi, una delle loro più straordinarie fonti di magia.
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