Nel nostro Paese, un terzo dei bambini (32,6%) utilizza quotidianamente dispositivi mobili come tablet e smartphone. Si tratta di un trend in costante crescita, particolarmente marcato nel Mezzogiorno, dove la quota raggiunge il 44,4%, un valore nettamente superiore — quasi il doppio — rispetto a quello rilevato nelle regioni settentrionali (23,9%). I dati diffusi da Save the Children, in occasione del lancio della campagna sull’educazione digitale dei minori, evidenziano con chiarezza come la consapevolezza e l’acquisizione di competenze digitali rappresentino strumenti essenziali per prevenire e contrastare fenomeni pericolosi di violenza online.
L’educazione digitale
“Bambini, bambine e adolescenti crescono oggi in una dimensione onlife, in cui il mondo materiale e quello digitale si intrecciano, ma ciò non significa che abbiano gli strumenti necessari per rapportarsi consapevolmente con l’universo online. La rete, infatti, può rappresentare una straordinaria opportunità di apprendimento e socializzazione, permettendo ai più giovani di esplorare e sviluppare nuove competenze, ma anche nascondere rischi di fronte ai quali i ragazzi non possono essere lasciati soli”, ha dichiarato la Direttrice generale di Save the Children, Daniela Fatarella. Le problematiche legate al mondo digitale derivano principalmente da una scarsa percezione della realtà, come se l’ambiente online fosse scollegato dalle conseguenze concrete che può avere sulla salute psicofisica dei giovani. Questa distorsione porta spesso a sottovalutare le responsabilità reali connesse a un uso improprio delle piattaforme social.
Il cyberbullismo
Uno degli aspetti centrali affrontati dalla campagna sull’educazione digitale riguarda il fenomeno del bullismo, che nell’ambiente online assume la forma di cyberbullismo. Si tratta di un tema di grande rilevanza, che merita attenzione e non può essere sottovalutato, alla luce dei numerosi episodi di cronaca che vedono protagonisti adolescenti – e talvolta bambini – vittime di violenza digitale, hate speech e condivisione non consensuale di immagini intime, tra cui i rischi di contenuti multimediali pedopornografici, soprattutto con i recenti strumenti di IA. Secondo i dati della Polizia Postale, i casi di cyberbullismo risultano in costante aumento. Nel 2024 si è registrato un incremento del 12% rispetto all’anno precedente, con un passaggio da 284 a 319 casi. A essere maggiormente colpita è la fascia d’età tra i 14 e i 17 anni, particolarmente vulnerabile, con 220 episodi trattati che rappresentano il 68,9% del totale.
Questa tendenza si estende oltre i confini tradizionali dei social network, coinvolgendo anche ambiti come quello dei videogiochi online. Il mondo del gaming, infatti, è popolato in larga parte da adolescenti, soprattutto di sesso maschile: l’84% degli utenti che scaricano, utilizzano e interagiscono con i videogame è composto da ragazzi. Nella fascia tra i 14 e i 16 anni, il trend si conferma, con l’81% dei giovani di sesso maschile che dichiarano di utilizzare regolarmente i videogiochi come attività ricreativa. Tuttavia, anche questo contesto non è esente da rischi. L’uso problematico dei videogame coinvolge il 30,9% degli undicenni, con una diminuzione progressiva all’aumentare dell’età (22,1% tra i quindicenni). Inoltre, episodi di cyberbullismo e hate speech sono stati segnalati anche all’interno delle lobby di gioco e nelle chat di gruppo legate ai titoli più diffusi, evidenziando la necessità di un’educazione digitale trasversale e inclusiva, capace di intercettare anche questi ambienti virtuali.
Le responsabilità genitoriali e l’educazione affettiva
“Il ruolo dei genitori e degli adulti di riferimento è determinante per un utilizzo sicuro e critico e per la prevenzione di rischi come il cyberbullismo e altre forme di violenza perpetrate on-line. Per questo motivo – dichiara Fatarella – abbiamo voluto lanciare una guida con consigli e strumenti utili destinata proprio a chi ogni giorno può e deve accompagnare i minori nella dimensione online. […] è fondamentale l’introduzione di percorsi obbligatori di educazione all’affettività e alla sessualità a scuola, che affrontino temi come il rispetto dell’altro, il consenso, l'identità di genere, l'orientamento sessuale, perché ragazze e ragazzi possano vivere in modo sano le relazioni, sia nell’ambiente fisico che in quello digitale”, conclude la Direttrice generale.
Al netto dei dati – nella fascia dei preadolescenti (11-13 anni), il 62,3% possiede un account social attraverso cui interagisce con i propri coetanei –, appare evidente come l’educazione, sia quella trasmessa in ambito familiare, sia quella promossa dalle istituzioni scolastiche, rappresenti uno strumento fondamentale per la mitigazione dei fenomeni di violenza online.
Articolo a cura di Riccardo Morgante