“Recentemente, richiesto di definire che cosa sia per me l’Intollerabile, ho cercato una definizione che fosse accettabile da persone di qualsiasi fede e ideologia. Ne ho fissato i limiti nel rispetto del corpo”. Così si esprime Umberto Eco nella sua Bustina Il corpo e l’anima: tuttavia, facciamo ancora una fatica tremenda ad accettare le scelte che gli altri assumono sulla loro corporeità

“Che nessuna tela rimanga vuota”: non abbiamo ancora imparato ad accettare il corpo degli altri

Esistono storie collegate da fili sottilissimi, le quali, pur possedendo trame di vita completamente differenti, si uniscono per formare un’unica tela. “Recentemente, richiesto di definire che cosa sia per me l’Intollerabile, ho cercato una definizione che fosse accettabile da persone di qualsiasi fede e ideologia. Ne ho fissato i limiti nel rispetto del corpo”. Così si esprime Umberto Eco nella sua Bustina Il corpo e l’anima: grazie a ragazzi e ragazze sempre più propensi ad accogliere percorsi un tempo stigmatizzati (come la terapia), sembra diventare sempre più consolidata la credenza secondo la quale, per vivere bene, dovremmo trovare il coraggio di abbracciare anche le nostre cicatrici, di trattare la nostra corporeità con il rispetto che merita. 

 

Tuttavia, oggi leggeremo altre storie: quella di Filomela è in realtà un mito, non è mai accaduta, eppure continua a ripetersi, a tessere ancora i fili di un racconto fin troppo conosciuto. Quella di Daniele è realmente avvenuta, ma rimane un’eccezione in mezzo ad altre trame dimenticate. Abbiamo un problema serio con il fisico altrui: o meglio, facciamo ancora una fatica tremenda ad accettare le scelte che gli altri assumono sul loro corpo

 

Chissà come viveva il rapporto con se stessa Filomela, principessa ateniese così bella da attirare l’attenzione persino del re della Tracia, Tereo: peccato che quest’ultimo fosse già sposato proprio con la sorella della nostra protagonista, Procne. Siamo indissolubilmente legati al nostro corpo. Anzi, si potrebbe dire che noi siamo la nostra corporeità, come Eco intende suggerire. Imperfetta, fragile, sì, ma viva, soprattutto in virtù delle decisioni che assumiamo su di essa: chi non le ritiene essenziali forse non ha mai percepito la drammatica sensazione di rimanere impotenti vedendole violate, direbbe il celebre semiologo. Quelle scelte, quei corpi continuano a essere profanati: o perché brutalmente assaliti, o perché totalmente ignorati. 

 

Inascoltati come Daniele: finché, grazie alla prima legge regionale - della Toscana - che regola in Italia il suicidio assistito, a giugno è riuscito a realizzare il desiderio di spegnersi, una volta diventato troppo gravoso il rapporto con il proprio corpo, colpito da una malattia irreversibile. Corpi aggrediti come Filomela, ferocemente violentata da Tereo, suo cognato, il quale decide di togliere alla principessa persino l’occasione di rivelare l’aggressione subita: le taglia la lingua, credendo di aver mozzato con essa la possibilità che il segreto possa venire a galla. Eppure sono ancora tante le voci di chi, come Daniele, nonostante la Corte costituzionale abbia reso legale in Italia (nel 2019) il suicidio assistito, restano intrappolate nelle falle burocratiche di uno Stato che non si è assunto la responsabilità di regolarlo, a differenza della regione Toscana.

 

Sono ancora molte, troppe le donne come Filomela: ma lei non può essere silenziata in eterno. La principessa, pur senza voce, rimane ancora un’abile tessitrice che lentamente, filo dopo filo, raffigura su una tela la violenza subita, mostrandola alla sorella Procne. Anche a loro sarebbero sembrati un’eternità trenta secondi: la Cassazione, sempre a giugno, ha infatti stabilito che il ritardo nella reazione della vittima è irrilevante ai fini della configurazione della violenza sessuale, riportando a processo un ex sindacalista accusato di abusi su una hostess. L’uomo era stato precedentemente assolto perché lei, in trenta secondi, “avrebbe potuto ribellarsi”. Chissà quanta sofferenza, quanta pazienza avrà avuto Filomela per tessere la propria tela, per mostrare a tutti il suo dolore. Ma non tutte hanno avuto la possibilità di afferrare i fili della loro storia urlandola al mondo. Alcune voci tentano ancora di essere spezzate: nostro dovere è continuare a tessere le loro trame, affinché nessun corpo possa essere dimenticato, nessuna tela possa rimanere mai vuota.

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