Giovani
17 luglio, 2025Il governo di Starmer propone di abbassare l'età per accedere alle urne di due anni. Critici i conservatori: a quell'età non si è ancora abbastanza maturi per votare consapevolmente
Il governo laburista, guidato dal Primo ministro, Keir Starmer, ha annunciato un progetto di legge per abbassare a 16 anni l’età minima per votare a tutte le elezioni nel Regno Unito: per la prima volta dal 1969 – quando si passò da 21 a 18 anni – verrebbe ritoccata la soglia elettorale. La misura, parte del manifesto elettorale con cui Starmer ha vinto le elezioni del 2024, è presentata come un intervento di riequilibrio democratico. “Se a 16 anni sei abbastanza grande per lavorare e pagare le tasse, dovresti poter dire la tua su come quei soldi sono spesi e sulla direzione politica del governo”, ha argomentato Starmer per difendere la riforma indirizzata a sedicenni e diciassettenni, molti dei quali lavorano e pagano tasse o servono persino nelle forze armate, rimanendo però di fatto esclusi dal processo politico.
La riforma unificherebbe il regime di voto in tutto il Regno Unito, eliminando le differenze territoriali esistenti: in Scozia e Galles i sedicenni già potevano votare da alcuni anni alle elezioni regionali e comunali, grazie a leggi locali successive al referendum scozzese del 2014. Ora anche per le elezioni parlamentari nazionali si aprirebbero le porte ai più giovani, aggiungendo circa 1,6 milioni di nuovi elettori al corpo elettorale.
Impatto democratico e partecipazione giovanile
L’abbassamento della soglia elettorale a sedici anni viene visto dai sostenitori come una spinta verso una democrazia più inclusiva e rappresentativa. Secondo la deputata Ellie Chowns, dare diritto di voto ai sedicenni è “un passo atteso da tempo verso una democrazia più forte e inclusiva. I giovani hanno voce e un interesse vitale nelle decisioni sul loro futuro – è giusto che possano dire la loro nelle urne”.
Analogamente, gli indipendentisti scozzesi hanno rivendicato la primogenitura della riforma, accolta a Londra “con un ritardo di oltre un decennio” rispetto alla Scozia, dove migliaia di giovani tra i sedici e i diciassette anni d’età hanno già votato regolarmente in passato.
Diversi esperti sottolineano come i sedicenni potrebbero votare con più consapevolezza rispetto ai diciottenni, proprio perché il primo voto avverrebbe ancora inseriti in un percorso scolastico che li prepara alla cittadinanza attiva: “Votare a 16 anni aiuterà i più giovani a esprimere quel voto formativo fondamentale, in un momento in cui possono essere sostenuti da un’educazione civica”, spiega Darren Hughes, direttore della Electoral Reform Society.
L’esperienza dell’Austria – primo paese Ue ad aver introdotto il voto ai sedicenni nel 2007 – mostra che l’affluenza dei più giovani è rimasta paragonabile a quella delle altre fasce d’età, smentendo timori di astensionismo giovanile di massa.
Si tratta così di riconoscere che i giovani non sono solo destinatari passivi delle politiche pubbliche, ma attori consapevoli del proprio futuro, con il diritto di incidere da subito, attraverso il voto, sulle decisioni che li riguarderanno negli anni a venire. Non sono però mancate le critiche dei conservatori alla proposta di Starmer, convinti che a sedici anni molti ragazzi non avrebbero ancora la maturità necessaria per votare consapevolmente, sottolineando inoltre l’incoerenza di consentire a una fascia d’età l’accesso al voto ma non alla possibilità di candidarsi.
La scommessa dei Labour per riconquistare fiducia nei giovani
Oltre alle ragioni messe in evidenza, la mossa di Starmer cela un chiaro significato strategico e politico. I Labour, dopo il recente ritorno al governo, puntano a ringiovanire la propria base elettorale e ad arginare l’allontanamento dei giovani dalla politica. Gli ultimi anni hanno visto nel Regno Unito un marcato divario generazionale nelle preferenze di voto: appena il 6% degli elettori tra 18 e 24 anni ha scelto i conservatori nel 2024, contro oltre un terzo degli over 65.
Le nuove generazioni tendono a sostenere partiti progressisti, mostrando maggiore insoddisfazione verso le posizioni dei conservatori. Non a caso, un recente sondaggio sui sedicenni e i diciassettenni indica che questa fascia d’età voterebbe in maggioranza per il centrosinistra: il 33% dei giovanissimi sceglierebbe Labour contro solo il 10% per i Tory, mentre il resto si dividerebbe tra il partito di Nigel Farage e formazioni ambientaliste o liberal-democratiche.
Eppure, sul fronte dell’impatto elettorale generale, le analisi rassicurano che l’allargamento della base dei votanti non dovrebbe alterare radicalmente gli esiti di votazioni a livello nazionale. Ricerche comparative su altri paesi evidenziano infatti che abbassare l’età di voto non ha finora prodotto sconvolgimenti nei risultati delle elezioni e, stando ai sondaggi, dovrebbe essere così anche per il Regno Unito.
La situazione in Italia e i sedicenni già al voto in Europa
Dopo che la recente revisione costituzionale dell’articolo 58 ha equiparato l’elettorato attivo del Senato a quello della Camera, eliminando il precedente limite di 25 anni per votare a Palazzo Madama, in Italia il diritto di voto rimane fissato a 18 anni per tutte le consultazioni elettorali.
Negli ultimi anni anche nel dibattito italiano si sono affacciate proposte per consentire il suffragio a partire dai sedici anni – in particolare su impulso dell’allora segretario del Pd, Enrico Letta – ma finora senza nessun esito concreto. Malgrado il problema dell’astensionismo giovanile sia un fenomeno in continua crescita nel nostro Paese, nel contesto europeo l’Italia si allinea alla maggior parte dei Paesi con soglia a 18 anni, a cui fanno eccezione solo poche realtà, come l’Austria e più di recente Malta.
La Germania ha discusso a lungo riforme simili, per cui in alcuni Länder tedeschi è stato introdotto il voto ai sedicenni in elezioni locali. Nelle elezioni del Parlamento Europeo del 2024, insieme al Belgio, la Germania ha sfruttato per la prima volta la possibilità di far votare i sedicenni. A livello federale tedesco però apportare delle modifiche per quanto riguarda l’elettorato attivo richiede una revisione di natura costituzionale, sinora mancata per l’opposizione dei partiti conservatori.
In conclusione
La riforma britannica impone a tutte le democrazie occidentali una riflessione che non riguarda solo quando sia corretto iniziare a votare, ma quanto la politica sia disposta a farsi contaminare dallo sguardo di chi il futuro lo deve abitare più a lungo. Proprio per questo, al netto delle possibili strategie politiche di Starmer, portare i sedicenni alle urne è sì un importante gesto di apertura, ma rischia di restare sterile se le istituzioni non sapranno aprire con le nuove generazioni un dialogo per condividere delle prospettive comuni.
La sfida sarà dunque dare a questi nuovi elettori non solo gli strumenti culturali per esercitare al meglio tale diritto, ma soprattutto l’ascolto necessario per costruire insieme una visione di futuro condivisa, cosicché l’ingresso dei sedicenni nel corpo elettorale britannico possa diventare opportunità di rilancio democratico, e non soltanto un dato anagrafico in più nelle statistiche del vecchio continente.
A cura di Enrico Bove
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