Grillo si riprende il blog e continua il suo distacco dal M5S

È l'ultimo passo di un allontanamento sempre più evidente tra il Movimento e l'uomo che lo ha fondato. Il suo sito, che adesso è formalmente in mano a un militante di fiducia, verrà gestito da una Srl a socio unico. E la precisazione dopo il nostro articolo non smentisce nulla

La scissione invisibile è già cominciata. Beppe Grillo, il Movimento delle origini, la visione di Casaleggio senior di qua. Luigi Di Maio, Casaleggio junior e le nuove regole di là. La mozione dei lealisti contro quella dei realisti. Potrebbe essere una separazione consensuale, o trasformarsi in una guerra giudiziaria. Dopo le elezioni si vedrà. Per ora ha la forma di una marea: più che una esplosione, è un discreto ritirarsi.  Lo ha già fatto Alessandro Di Battista - lui invariabilmente così opportuno - che annunciando di non candidarsi ha inaugurato una indecifrabile stagione di “ci vediamo più tardi”.

Il prossimo sarà Beppe Grillo. Lo dice chi al comico genovese è vicino davvero. Lo fanno trapelare anche a Milano, dalla Casaleggio Associati. E mentre il nuovo M5S dominato dal «capo politico» Luigi Di Maio, in tandem con Casaleggio jr, muove i primi passi dentro la Associazione a Cinque stelle numero tre (quella che in teoria è chiamata a sussumere le prime due superandone le aporie), le nuove regole dello statuto scontentano il Movimento delle origini, quello che proviene dai Meet up e che è sempre più sfilacciato, scorato, demotivato.

Già gli incontri organizzati sotto le feste sono stati un flop. Giusto per fare un esempio alla cena di auguri dei Meet up della provincia di Modena, laddove di solito a Natale si incontravano due trecento persone, stavolta erano una cinquantina al massimo, ha raccontato uno dei partecipanti. Poco dopo sono arrivati quelli che qualcuno chiama «i fatti di Capodanno»: la nascita della nuova associazione che, se partiranno i ricorsi, potrebbe portare a uno sdoppiamento del Movimento. Se questa è la costellazione grillina con cui si apre il 2018, bisogna cominciare a raccontarla a partire proprio da Beppe Grillo, il «Garante» del quale le nuove regole hanno previsto per la prima volta il possibile addio.

Addio house organ
La discreta ritirata doveva effettuarsi un mese fa, è stata realisticamente spostata a dopo le elezioni. Nessun «abbandono», come ha chiarito anche Grillo sul Fatto quotidiano. Dopo averci pensato per mesi, il comico genovese ha infatti chiesto di riavere indietro la proprietà del blog, che ora è formalmente in mano a un militante di fiducia. Il dominio, secondo i piani, dopo lo switch off dovrà finire in mano a una srl unipersonale, cioè a socio unico. La versione più benevola del racconto sostiene che Grillo voglia tornare a fare il comico impegnato, l’attivista, il giramondo alla scoperta di tecnologie destinate a cambiare il futuro del pianeta; secondo un’altra, meno benevola - non a caso proveniente dall’area della Casaleggio associati - è stufo di beghe, polemiche, lotte fratricide e soprattutto querele.

Di certo, come racconta chi lo conosce bene, il front man storico dei grillini negli ultimi tempi ha «fatto in modo che l’attività del Movimento fosse via via più slegata dalla sua figura». E quindi più autonoma. Ormai Grillo non riempie più di contenuti il sito come accadeva quando ad esempio faceva le campagne a sostegno delle energie alternative. Oggi il suo blog coincide con l’house organ del partito, come del resto era prevedibile viste le norme e le linee di indirizzo che i grillini si sono dati negli anni. Non sarà più così quando Grillo ne tornerà titolare. La divisione è già chiaramente delineata da chi se ne sta occupando: «Tutto quello che riguarda il partito sarà sul sito Movimento5stelle.it, mentre beppegrillo.it tornerà ad essere un laboratorio di idee che guarda fuori dal perimetro dei Cinque stelle». Per nulla casuale l’esempio che viene fatto per chiarire il futuro: «Il video di Luigi, che oggi va sul blog, domani andrà sul sito dei Cinque stelle». Insomma Di Maio finirà da un’altra parte, anzitutto. Chi conosce bene Grillo sa infatti che alcune scelte del candidato premier a Cinque stelle «gli vanno un po’ strette» (a esser gentili), mentre con Davide Casaleggio «non c’è mai stato l’innamoramento» che invece era scattato con il padre Gianroberto.
Illustrazione di Dario Duluoz

Il leader che fu
Può sembrare questa del blog una questione meramente tecnica. Invece è sostanziale, oltreché simbolica. Nell’ultima campagna elettorale, quella dell’inverno 2013, accadeva infatti l’opposto. Grillo parlava come un vero leader politico, girava le piazze, rivendicava cose come: «Ho incontrato migliaia di persone, i pescatori di Mazzara, i produttori di formaggio valdostani, gli agricoltori della pianura di Forlì, per questo ho il polso della situazione di una certa Italia dimenticata dai sistemi di informazione». Era l’unico volto riconoscibile per gli spettatori-elettori prima che, dopo due ore di monologo, si decidesse a introdurre per cinque minuti «alcuni dei nostri ragazzi fantastici». Quando non era in piazza, Grillo parlava attraverso il blog: leggerlo era come decifrare l’oracolo, la sua legge.

Quel che accade adesso è facile a riassumersi: per le regionali siciliane, dopo il giro dell’isola da parte del frizzante trio Cancelleri-Di Maio-Di Battista, Grillo si è fatto vedere giusto per le tappe più importanti, Catania e Palermo, con interventi limitati a tradizionali endorsement. Il pathos di un tempo, evaporato. Per le prossime Regionali del Lazio, Roberta Lombardi ha chiesto un suo intervento per la chiusura, e lui «avrebbe detto di sì». Gli interventi sul blog sono ridotti a tredici in sei mesi: annunci di manifestazioni, chiamate al voto, auguri di fine anno. E c’è un altro fenomeno interessante: le pagine social dei militanti grillini ribollono sì di video del comico, ma si tratta di interventi vecchi. Per esempio quelli tratti dallo spettacolo del 2005 quando lo «psiconano» era al governo. Oppure la conferenza stampa dopo l’incontro con Giorgio Napolitano, allora presidente della Repubblica. Era luglio 2013, e proprio in quell’occasione Grillo sentenziava: «La rivoluzione l’abbiamo già fatta». Parole perfette per raccontare il suo stato d’animo di oggi, quelle di un personaggio che ritiene esaurito il proprio compito. E che, al limite, sta apparecchiando il tavolo per poter dire un giorno: non siete più quelli che eravamo. E magari far nascere un «Movimento 4 ottobre 2009», a celebrazione del primo statuto grillino (idea che circola già tra i dissidenti).

Un regno per due

Non è detto che ciò accada, anzi è più probabile che a un punto di clamorosa rottura non si arriverà: è considerata l’opzione migliore per tutti. La piccola cordata che d’intesa con Davide Casaleggio ha conquistato il vertice del Movimento ha tutto l’interesse a presentarsi in blanda continuità col passato. Blanda, ossia non sostanziale, come dimostrano le nuove regole che di fatto tradiscono i principi ispiratori del Movimento prima maniera. «Hanno stabilito che gli eletti debbano versare 300 euro al mese, quando invece il movimento è sempre stato contro il finanziamento pubblico: se me lo avessero chiesto avrei risposto di no», è lo sfogo di un militante romano: «Ma non decide più la base, la base ormai è Davide Casaleggio più altri due o tre, il Movimento è finito».

È vero che il mito dell’uno vale uno era già stato infranto con la nascita del direttorio, all’epoca in cui Grillo aveva annunciato voler fare un «passo di lato». Adesso però, dopo un periodo di relativo ritorno ai vecchi assetti, quello schema ha ripreso ancora più forza: la Casaleggio Associati gestisce le stanze dei bottoni, Di Maio ne articola il lato più politico garantendo in cambio che gli equilibri non vengano stravolti. È in fondo uno degli insegnamenti che Casaleggio jr ha ereditato dal padre, quello di dare a ciascuno ciò che cerca, senza lasciare che debba procurarselo da solo. Dunque: a Davide il controllo, a Luigi il potere. Resterà chi può fedelmente contribuire a questo assetto. I riottosi, via.

Meet up e scissioni

Eh già. Perché dall’Emilia al Lazio, passando per Lombardia, Toscana e Liguria, la base a Cinque stelle freme. Militanti cresciuti nel mito della democrazia diretta attraverso la rete, manifestano stavolta tutta la loro insoddisfazione. «Ci hanno ridotto a ratificatori delle scelte dei capi, si è persa l’idea che possiamo decidere qualcosa», dice un attivista dei castelli romani. Ma c’è di più. Con l’arrivo delle nuove regole, rotti gli argini della prudenza, lo scontento straripa e ormai lasciare il M5S sembra ad alcuni una conseguenza naturale. «Torno a fare l’informatico», ha detto l’ex capogruppo Riccardo Nuti. Sono anche le nuove regole, ad agevolare l’uscita. Per poter partecipare alle parlamentarie infatti bisogna iscriversi alla nuova Associazione Cinque stelle, la terza nella storia grillina(parentesi per i maniaci: la parola MoVimento ha la V maiuscola, come nelle origini). Ma non sono pochi quelli che hanno ugualmente rinunciato a iscriversi, mentre altri sono pronti a lasciare un minuto dopo aver votato.

Altri ancora - ed è questa la novità più dirompente - sono pronti a fare ricorso per proclamarsi loro il Movimento Cinque stelle autentico. Un centinaio di persone, tra cui almeno un parlamentare, si sono già rivolte all’avvocato Lorenzo Borrè, ormai una specie di autorità nella tutela di espulsi ed emarginati M5S. «C’è stata una sorta di scissione dall’alto, da parte dei vertici del Movimento: hanno creato una nuova associazione che è in conflitto di interessi con quella originaria, perché si muove con principi opposti e però si chiama nello stesso modo. Ma la prima associazione non è estinta, conta ancora degli iscritti: quindi al momento ci sono due Movimenti», sottolinea. Sottinteso: la reductio ad unum non è scontata. Anzi già si scaldano i motori: «Arriveranno sorprese», aggiunge Borrè.

Sulla scia di Pizzarotti

Insomma, la miscela ha ingredienti esplosivi e ormai sembra un dialogo tra sordi. Un esempio del cortocircuito che ha mandato in fumo l’ambizioso progetto grillino è nella vicenda che ha visto protagonista Antonello Livi, iscritto al movimento di Tivoli. «Sono stato querelato dalla senatrice Elena Fattori», racconta all’Espresso, «per aver criticato alcuni prese di posizione del movimento nel mio territorio, senza mai fare il suo nome. Mi è arrivata una denuncia e dovrò difendermi per aver fatto semplicemente politica. Nel frattempo avevo presentato la mia candidatura per le prossime regionali del Lazio. Nessuno si è degnato di fornirmi una risposta, eppure sono attivo nel Meet up da anni. Non vorrei che la mia candidatura fosse sgradita, ma è impossibile saperlo, visto che nessuno sa chi si occupa di selezionare i curriculum». C’è da dire che i numeri sono da paura. Sono arrivate 15mila candidature, in pratica gli addetti dell’ufficio controllo del Movimento devono verificarne 500 al giorno.

Lo sfilacciamento della base non è una questione local. C’è grossa crisi anche al Nord. Stanno nascendo formazioni post-grilline sulla scia dell’esperienza eretica di Federico Pizzarotti come sindaco di Parma (prima legislatura come Cinque stelle, seconda come indipendente). In Liguria si contano circa 200 attivisti che hanno lasciato i Meet up per creare liste civiche che dovrebbero coagularsi al livello nazionale in un coordinamento con simpatie a sinistra. Esperienze simili hanno preso forma a Livorno, Lucca, Comacchio, La Spezia. In Lombardia, invece, il bubbone è scoppiato la settimana scorsa a Paderno Dugnano: due consiglieri comunali hanno lasciato il movimento, sempre per protestare contro la costituzione della terza Associazione. «Questo cambiamento snatura tutto ciò che era il Movimento nella sua essenza, a partire dal fatto che può essere solo accettato così come è stato presentato: non accettarlo significa che la propria posizione sulla piattaforma Rousseau verrà disattivata automaticamente», hanno spiegato. È l’inizio della valanga, appunto.

Lo si capisce anche intercettando la posizione di uno degli scontenti della accoppiata Di Maio-Casaleggio junior: Andrea Tosatto, un tempo cantautore organico al movimento, ideatore fra l’altro dell’inno “Italia a Cinque stelle” e altre hit grilline del tipo l’indimenticata “Cosa resterà di questi euro Ottanta”. Tosatto ha chiarito con una frase come la definizione di ortodossi ed eretici sia questione di punti di vista. «Chi esce non può cacciare chi resta», ha scritto infatti l’artista no vax in polemica con il nuovo corso. È un vortice del “chi caccia chi”, l’alba di una divaricazione i cui confini curiosamente si cominciano a vedere proprio quando il Movimento è chiamato alla sua seconda prova alle elezioni politiche, forse la più importante della sua storia. 

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