Ogni anno sei miliardi di euro di tasse italiane volano nei paradisi fiscali della Ue

Lussemburgo, Irlanda e altri stati europei sottraggono al nostro fisco una cifra monstre

Lussemburgo
Venti miliardi di euro. Sono i profitti che le grandi aziende multinazionali guadagnano sul suolo italiano, ma ogni anno fanno volare all’estero, nei paradisi fiscali. Se quei quattrini fossero tassati in patria, frutterebbero alle casse dello Stato italiano oltre 6 miliardi all’anno. Una cifra che basterebbe a rispondere alla richiesta di correzione dei conti pubblici italiani espressa dalla Commissione europea. Invece no, gran parte di questo tesoro (17 miliardi e 170 milioni, per la precisione) finisce in altri paesi europei: nell’ordine, Lussemburgo, Irlanda, Olanda, Belgio, Cipro e Malta. A cui si aggiungono i paradisi fiscali tradizionali: dalla Svizzera, che incamera quasi due miliardi (1,98) all’anno, alle isole esotiche come Cayman e Vergini, che ricevono un altro miliardo sempre di questi profitti con la targa italiana.

Ma il grosso resta qui, all’interno dell’Unione europea: una specie di furto fra paesi vicini, chiamato elusione fiscale, di fatto tollerato dalla Commissione di Bruxelles, che nonostante qualche richiamo formale (e molte polemiche) non ha alcun potere di far cambiare rotta ai sei paesi che sono diventati paradisi fiscali interni alla Ue. Perché le politiche fiscali restano una materia di esclusiva competenza nazionale.

Le perdite maggiori colpiscono, ancor più dell’Italia, tutti i più grandi paesi europei. I profitti societari drenati all’estero ammontano a 54 miliardi di euro per la Gran Bretagna, 48,4 per la Germania e 28,2 per la Francia. Il mancato gettito fiscale vale 10,85 miliardi all’anno per Londra, 14,3 per Berlino, 9,44 miliardi per Parigi. Non è una problematica strettamente europea, ma una questione mondiale, se si considera che le multinazionali americane riescono a nascondere al fisco statunitense l’equivalente di oltre 125 miliardi di euro all’anno.

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Mentre le industrie che operano in Cina fanno sparire altri 47,6 miliardi. Ma a stupire è l’elusione interna alla Ue: i sei paradisi fiscali europei vengono scelti come “porto sicuro” da metà delle aziende che operano nei paesi aderenti all’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Su un totale di 395,85 miliardi di utili trasferiti nei paradisi fiscali, infatti, ben 207 finiscono in quella mezza dozzina di paesi europei. Se si considerano i dati di tutto il mondo, compresi i paesi non aderenti all’Ocse, i profitti spostati all’estero raggiungono il tetto di 544 miliardi di euro. E ben 257 miliardi finiscono in quei sei paradisi europei. Ogni anno.

Numeri da capogiro, emersi con il paper scientifico “The missing profits of Nations” (I profitti perduti delle nazioni), pubblicato dal “National bureau of economic research” degli Stati Uniti, considerato il più autorevole centro di ricerca economica mondiale. Un lavoro firmato dallo studioso francese Gabriel Zucman, già autore del libro “La ricchezza nascosta delle nazioni” e professore a Berkeley, insieme a Ludvig Wier e Thomas Torslov dell’università di Copenhagen. I tre economisti, sfruttando una serie di dati innovativi, sono riusciti a ricostruire quanti profitti le multinazionali nascondono nei paradisi fiscali e come riescono a evitare le tasse nei paesi d’origine. «Finora, per calcolare l’elusione delle big company, si era utilizzato un sistema indiretto, che intercettava il 17 per cento dei profitti volati all’estero», spiega Zucman a L’Espresso: «Ora invece, incrociando le cifre delle controllate estere con altri dati, come le bilance dei pagamenti fra nazioni, il prodotto interno lordo e i volumi d’affari delle grandi società, siamo in grado di calcolare il profit shifting complessivo, cioè il totale dei profitti spostati in paesi a bassa tassazione».

L’ammontare a livello mondiale è enorme: 616 miliardi di dollari, pari a circa 550 miliardi di euro. Una cifra immensa anche rispetto agli utili globali. I profitti realizzati dalle multinazionali attraverso le controllate estere ammontano infatti a 1.700 miliardi di dollari: «Stimiamo che il 40 per cento del totale finisca ogni anno nei paradisi fiscali», riassume l’economista.
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Il grafico riassume gli effetti delle strategie di elusione tributaria delle multinazionali: ogni anno circa 20 miliardi di utili prodotti in Italia vengono trasferiti nei paradisi fiscali soprattutto europei. Roma perde così oltre 6 miliardi di tasse all’anno

Come? I sistemi-base sono tre e si basano sui rapporti tra società controllate: la multinazionale può aggiustare i prezzi (transfer pricing), organizzare prestiti o cedere marchi e brevetti all’interno dello stesso gruppo, per abbassare gli utili nei paesi ad alta tassazione. E spostarli nei paradisi fiscali. In Italia le multinazionali versano al fisco circa 32 miliardi, ma secondo lo studio mancano all’appello altri 6 miliardi e 270 milioni.

Tasse perdute dall’Italia. Che spariscono non in paradisi lontani, ma in gran parte nella stessa Ue. «Se si escludono gli Stati Uniti, l’elusione è una battaglia interna all’Europa», spiegano gli economisti: «Ogni cento euro di profitti spostati fuori da un singolo paese europeo, ottanta finiscono nei paradisi fiscali della stessa Ue». In totale, secondo il paper, le multinazionali trasferiscono in Lussemburgo, Irlanda, Olanda, Belgio, Cipro e Malta circa 290 miliardi di dollari all’anno: il 35 per cento proviene da altri Stati europei a tassazione più alta, il 30 per cento da nazioni in via di sviluppo, il restante 25 dagli Stati Uniti. Quei sei paradisi europei offrono alle aziende una tassazione bassissima: meno del cinque per cento. Ma grazie alle masse di profitti spostati, riescono a incassare, in proporzione, più dei paesi normali: «Malta, ad esempio, raccoglie l’otto per cento del proprio reddito nazionale dalle imposte sulle società, il Lussemburgo il sette per cento, l’Irlanda oltre il cinque. Mentre Stati Uniti, Germania e Italia incassano meno del tre per cento». Per le aziende, stimano i tre economisti, il vantaggio è gigantesco: per ogni euro pagato in tasse nei paradisi fiscali, ne risparmiano cinque nei paesi normali.

Il problema della grande elusione è aggravato dall’avvento dell’economia digitale: le multinazionali di Internet gestiscono tutto dai paradisi fiscali, ignorando le tasse nazionali. Un nervo scoperto per l’intera Ue, che ha visto fallire il progetto di “web tax europea”. Affossata proprio dai sei paradisi europei, più la Svezia. Ancora più sconfortante è la mancanza di rimedi.

«Le autorità nazionali non hanno una strategia contro i paradisi fiscali: riescono a contrastare solo i trasferimenti di profitti verso altri paesi normali», avverte il professor Torslov. «La Francia ad esempio è riuscita a riportare in patria capitali spostati in Germania, ma non in Lussemburgo o alle Bermuda. E il 75 per cento dei casi di transfer pricing scoperti dal governo danese riguardano altri paesi ad alta tassazione. Il nostro paper dimostra proprio che la grande elusione fiscale non sembra essere stata in alcun modo scalfita».

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