Nel dicembre 1955, in attesa delle nuove disposizioni di legge sulla produzione cinematografica, L’Espresso pubblica un’inchiesta sulle condizioni finanziarie dell’industria, introdotta da un editoriale d’autore che denuncia la crisi creativa del settore

Il cinema italiano e il complesso rapporto con lo Stato italiano nelle parole di Moravia

Il 18 dicembre 1955, quando Alberto Moravia, allora anche critico cinematografico della testata, firma la prima pagina de L’Espresso intitolata “Cinecittà trema”, il cinema italiano ha già abbandonato da tempo la spinta viva e creativa del neorealismo e non ha ancora conosciuto la rivoluzione de “La dolce vita”. Hollywood invade le sale con i suoi titoli, interessata a non lasciare troppo spazio alla ripresa produttiva nazionale, ma invano: di lì a poco si sarebbero imposti Federico Fellini, Michelangelo Antonioni e poi la grande commedia. 

 

L’articolo di Moravia, accompagnato da una grande fotografia di Sophia Loren, in quegli anni diretta verso gli Studios californiani, presenta l’inchiesta interna di Mino Guerrini ed Enrico Rossetti e ritrae in realtà un momento di crisi, poi rivelatasi ciclica, tra il cinema e lo Stato italiano. In quel dicembre 1955 i produttori attendono le nuove disposizioni di legge e intanto, soprattutto a causa della censura ministeriale, selezionano titoli e idee sempre meno rischiosi, assicurandosi i profitti. Lo stallo che ne deriva, non troppo dissimile da quello vissuto dal settore proprio in quest’ultimo anno, mette a rischio la stabilità economica dell’industria. Nello specifico, però, secondo Moravia rivela anche un Paese artisticamente fermo, soffocato. Scrive infatti: «In Italia a causa del divorzio più profondo e irreparabile tra cultura e classe dirigente, tutto ciò che è vivo è considerato con sospetto e paura da coloro che detengono il potere effettivo».

 

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