Il 1° maggio 1977 un eccentrico ritratto di Dario Fo costituiva l’intera copertina de L’Espresso, con il titolo “Lettera al Cardinale”. Non serviva spiegare altro, poiché il porporato Ugo Poletti a cui si riferiva aveva già fatto parlare molto di sé con un telegramma inviato al presidente del Consiglio Giulio Andreotti. Poletti, vicario di Roma, si era infatti scagliato contro la messa in onda, il 22 aprile precedente, dello spettacolo “Mistero Buffo”, sulla seconda rete della Rai. Nello specifico, il cardinale criticava la parte in cui, recitando una parodia dei misteri teatrali medievali, Fo si prendeva gioco di Bonifacio VIII. Secondo il cardinale il gioco di satira era infatti rivolto all’anziano Paolo VI, per cui usò il telegramma per esprimere «dolore e protesta per dissacrante e anticulturale trasmissione televisiva». La risposta di Dario Fo è un’ingegnosa opera di ironia, che che ribalta il senso delle parole di Poletti, definendole un «intervento coraggiosissimo e spregiudicato» in grado di attirare la «massima attenzione di tutta la nazione» per uno spettacolo che rischiava altrimenti di essere visto da «pochi milioni di spettatori, i soliti fanatici ammiccanti della sinistra». Rilevante fu inoltre il box di accompagnamento alla lettera firmata da Dario Fo, in cui si legge la posizione de L’Espresso sulla vicenda: «L’Espresso crede sia utile (alla ginnastica mentale e alla salute psichica) la satira di tutti nei confronti di tutti».
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