Dalla nuova strategia industriale della Fiat alla crisi dei laburisti di Harold Wilson, fino al ritratto degli Stati Uniti secondo Michelangelo Antonioni

Gli anni Sessanta della famiglia Agnelli, tra influenze politiche ed economiche

Il 6 aprile 1969 l’Italia fotografata dalla copertina de L’Espresso doveva ancora entrare pienamente nel cosiddetto Autunno caldo, ma le prime rivendicazioni sociali e operaie erano state anticipate dal movimento sessantottino. Sul piano strategico, prima dei grandi scioperi, Gianni Agnelli, dal 1966 era a capo della Fiat, aveva cercato un equilibrio tra Est e Ovest, soprattutto attraverso l’apertura di un nuovo e storico stabilimento Fiat in Urss, che faceva convergere interessi economici e politici attraverso la cortina di ferro. Proprio nell’aprile 1969, inoltre, Agnelli aveva assunto un ruolo di garanzia nel primo e ambizioso schema di riforma di Confindustria. Divenuta evidente, e non più sostenibile, la saturazione industriale di Torino, inoltre, fu sempre alla fine degli anni Sessanta che l’industria Fiat scelse di distribuire la produzione anche nel sud Italia. Nella stessa prima pagina, inoltre, L’Espresso pubblicava il profilo del primo ministro britannico, il laburista Harold Wilson, che dopo una serie di importanti riforme sociali e civili (tra cui la depenalizzazione dell’omosessualità e dell’aborto), perdeva sempre più consensi per ragioni economiche, soprattutto riguardo la svalutazione della sterlina. Nel 1970 perse infatti le successive elezioni. La copertina, infine, si completava con un editoriale di Michelangelo Antonioni che nel 1969 si trovava negli Stati Uniti per “Zabriskie Point", il secondo dei suoi tre film americani. La sua visione, di autore europeo, sugli Stati Uniti si riversò in parte nel flop del film al botteghino statunitense, anche se oggi resta uno dei racconti migliori dell’utopia degli anni Sessanta.



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