Fitofarmaci velenosi. Avvocati in crisi. Tilda Swinton senza scrupoli. E il bel George nel suo ruolo migliore. Nel thriller mozzafiato conteso da Venezia e Toronto
Toronto o Venezia? Meglio tutte e due: 'Michael Clayton', il film più conteso della prossima stagione, sarà presentato sia in Laguna, dove è in concorso in prima mondiale, che in Canada, in prima americana. E poi partirà per il suo viaggio trionfale verso i botteghini: in Italia la Medusa lo fa uscire a fine settembre. Ed è uno dei titoli di punta della prima stagione della casa di distribuzione dopo l'acquisto da parte di Mediaset.
Il primo motivo per cui tutti vogliono questo film ha un nome e cognome: George Clooney, protagonista assoluto, fin dal titolo. E finalmente in un ruolo dominante, quel personaggio centrale e di grande spessore che la sua brillante carriera, a ben guardare, non gli aveva ancora dato. Michael Clayton, l'avvocato intorno a cui gira questo classico legal thriller, lavora per un grande studio di New York, Kenner, Bach & Ledeen. Ha un ruolo scomodo e delicato, quello del 'fixer': come Jodie Foster in 'Inside Man' di Spike Lee. Il 'fixer' è l'avvocato senza scrupoli che si occupa delle grane più sporche dei grandi studi: risolve i problemi e seppellisce gli scheletri.
Qualsiasi cosa: un grosso cliente ha picchiato l'amante, o sua moglie ha investito qualcuno ed è scappata, oppure il figlio si è fatto arrestare per droga... E a qualsiasi costo: non solo economico, ma soprattutto morale. Non è un ruolo che porta prestigio e tanto meno notorietà: tra i tanti soprannomi di Clayton, 'il custode dei peccati nascosti', 'l'eroe segreto', c'è quello di 'Portiere'. È l'uomo che nessuno nota, che resta nell'ombra. E nel film anche l'aspetto fisico di Clooney, stressato, stropicciato, inquadrato impietosamente dal basso mentre arranca in un un bosco in salita, cerca faticosamente di adeguarsi al ruolo.
Un nome molto meno noto, ma altrettanto importante per la soddisfazione delle folle che Clooney attirerà nelle sale di tutto il mondo è quello del regista. Tony Gilroy, al debutto dietro la macchina da presa, ha firmato come sceneggiatore alcuni tra i più grandi successi degli ultimi anni, a partire dalla trilogia 'Bourne' con Matt Damon. E molti si aspettano che da questo debutto nasca un nuovo Paul Haggis, lo sceneggiatore che alla sua prima regia importante, 'Crash', ha conquistato l'Oscar come miglior film. Fin dall'inizio 'Michael Clayton', prodotto con finanziamenti indipendenti e patrocinato dalla Section Eight di Clooney e Soderbergh, ha un ritmo che non delude. È una storia di tensioni che portano al crollo nervoso, alla follia. Lo stesso Clayton, che dovrebbe avere nervi d'acciaio, ha alle spalle un divorzio, un rapporto doloroso con il figlio, il rimpianto per il suo lavoro precedente come procuratore, un'attività commerciale sull'orlo del fallimento (il Tim's Bar) e colossali debiti di gioco.
La vicenda ruota attorno alle malefatte della United-Northfield, la più importante multinazionale chimico-agricola del pianeta (inquietante e ossessivo lo slogan: 'Facciamo crescere il tuo mondo insieme'). 'Michael Clayton' infatti è il primo film d'azione influenzato dall'onda verde che sta portando tanti divi di Hollywood in prima fila nella lotta contro l'inquinamento: se Jennifer Aniston, Cate Blanchett e Cameron Diaz dispensano consigli più o meno ridicoli per inquinare meno, e Leonardo DiCaprio ha scritto, prodotto e narrato il serioso documentario 'The 11th Hour', Clooney dà il suo sostegno alla causa mettendo soldi e faccia nel primo thriller ecologista del dopo Kyoto.
L'azienda di cui parla il film, la United-Northfield, ha scientemente prodotto e distribuito diserbanti e fertilizzanti dagli effetti tossici, che hanno causato oltre 400 morti. La faccenda è così sporca da portare all'esaurimento persino il cinico Arthur Edens (un bravissimo Tom Wilkinson), il veterano dello studio che difende l'azienda nella 'class action' da 3 miliardi di dollari avviata dai cittadini contro la multinazionale. Edens riesce a negoziare un accordo estremamente favorevole per la U-North, ma subito dopo, vuoi per l'interruzione della terapia medica a base di psicofarmaci, vuoi per una vera crisi di coscienza, l'avvocato decide di sabotare tutto, facendo trapelare materiali confidenziali compromettenti.
Qualcuno deve fermare Edens; se ne incarica Karen Crowder (l'algida Tilda Swinton), spregiudicata e ambiziosa legale della U-North, capace di qualsiasi mossa sia utile al bene del suo boss e della propria carriera. Ma la donna, che sotto l'apparente autocontrollo nasconde segreti attacchi di panico, è davvero disposta a tutto? Chi è che uccide Edens, subito dopo che Clayton è riuscito a farlo rinsavire? E chi fa saltare in aria la macchina del 'fixer'? È qui il film entra nel vivo.
Mentre Clayton si dilegua nel bosco, abbandonando l'auto in fiamme, un flashback rivela come tutto ha avuto inizio. La crisi esplode improvvisamente quattro giorni prima, in un'aula giudiziaria di Milwaukee. Edens entra all'improvviso completamente nudo e implora perdono durante la deposizione di una delle vittime delle della U-North. Una grana così è troppo grossa anche per Clayton. Dopo un incontro burrascoso con il grande capo Marty Bach (Sidney Pollack, ambiguo e bravissimo), il 'fixer' accetta l'incarico in cambio di un extra di 80 mila dollari per coprire tutti i suoi debiti. Ma, per la prima volta nella sua carriera, Clayton fallisce: non riesce a riportare Edens a una sana 'morale da avvocato' ("Sei una leggenda del mondo legale". "Sono un complice!". "Sei un maniaco-depressivo!". "Sono Shiva, il dio della morte!", è un drammatico dialogo tra i due). E soprattutto non riesce a proteggerlo dai killer che alla fine lo mettono a tacere.
La polizia crede a un suicidio, ma Clayton non si lascia ingannare. Si introduce dentro l'appartamento di Edens e trova, riprodotto in mille fotocopie pronte a essere distribuite come volantini, un memorandum che prova la colpevolezza dell'azienda inquinatrice. A questo punto anche Clayton sa troppo: ma l'esplosione della sua macchina non riesce a fermarlo.
Siamo tornati al punto di partenza. L'attentato fallito riporta Clayton alla sua antica determinazione. Si presenta nella hall del grande albergo dove è in corso una conferenza con il management della U-North, e presenta il suo conto: "Io non sono quello che si fa ammazzare. Sono quello che si fa comprare. Voglio 10 milioni di dollari: 5 per dimenticare l'omicidio di Arthur e 5 per dimenticare le 468 persone uccise dal vostro diserbante".
Una richiesta chiara, precisa, che nasconde un tranello. Alla U-North non si sono fatti scrupolo di maneggiare veleni, pistole, esplosivi, ma una testa come quella di Clayton sa trasformare in un'arma micidiale anche uno degli oggetti più banali del mondo. Quale? Lo saprete a Venezia.