E' tornato il televisione il romanzo d'appendice. Come nei feuilleton più tradizionali, la fiction di cui Capri è un esempio viene seguita da milioni di  spettatori  per l'assoluta assenza di realismo


Per capire le ragioni profonde per cui il pubblico televisivo guarda una fiction come 'Capri' (in onda la domenica sera su Raiuno), occorre naturalmente ricorrere al concetto di fidelizzazione. Uno si abitua, che so, alla presenza televisiva di Lucia Bosè, finitamente senza capelli tinti di blu, e dopo tre o quattro puntate non sa più farne a meno. Esci questa sera ammore? Sì, ma più tardi, perché in televisione c'è 'Capri'. Il bello è che dopo qualche puntata non si hanno più remore e si confessa volentieri che si segue la fiction dal primo all'ultimo minuto. E già, ammore, guardalo anche tu, con me.

Voi chiederete: ma come si fa a seguire una trama semplicemente assurda come quella di 'Capri'? Bella forza: 'Capri' è un feuilleton, quindi non ha nessun bisogno di realismo. Realismo? Ma non scherziamo. L'importante è vedere se Lucia Bosè, che sembrava morta e invece era semplicemente andata a rigenerarsi in India, viene recuperata dal suo nuovo marito, il guru Shel Shapiro (se non ho capito male i rapporti parentali interni al telefilm), e poi osservare che cosa succede e che cosa succederà. Sorprese sono sempre possibili. E noi siamo qua, a seguire gli eventi.

E poi sullo sfondo c'è Capri, l'isola meravigliosa. Uno spot senza pari per l'ufficio del turismo locale. Ma non fatevi ingannare dalle riprese e dalla regia. Guardate soltanto l'impianto narrativo, le storie, le sequenze. E alla fine, della puntata, e poi della serie, lasciatevi andare, con un sospiro di sollievo. 'Capri' tornerà, per tutti i suoi aficionados, e per raccontare altre storie, altri tormenti. E tutti noi, felici, assisteremo al trionfo del nuovo romanzo d'appendice.