Il San Carlo di Napoli ha ben proposto il capolavoro donizettiano nella versione di Andrea De Rosa. Anche il direttore, l'ucraino Andriy Yurkevych ha mostrato di saper adeguatamente dominare la partitura
Una confessione sacramentale seguita da assoluzione e da una santa eucaristia: cose mai viste sulle scene liriche del 1834, tanto più se la penitente è Maria Stuart e il celebrante un prete cattolico infiltrato con simulata identità alla corte di Elisabetta.
Il libretto, dovuto a un estroso diciassettenne individuato e guidato da un Donizetti geniale anche come talent scout, segue da vicino il dramma di Schiller in barba alla censura napoletana che non vuole impicci con la Chiesa, men che mai con la regina, che della Stuart è discendente. Risultato, salta la prima che avrebbe rivelato 'Maria Stuarda', capolavoro donizettiano che il San Carlo ha riproposto in un suggestivo spettacolo dovuto ad Andrea De Rosa e alla sua equipe. Oscura la scena, appena rischiarata da povere candele; ombre i personaggi, rituali e controllati i movimenti.
L'opposto della gestualità scomposta ed eccitata che nel primo atto irradia da Elisabetta, acutamente delineata nella sfrontatezza erotica che ribolle sotto una maschera di regale ipocrisia. Alta e ben differenziata la qualità di Sonia Ganassi e Mariella Devia, illustri interpreti scelte a impersonare le due regine; non male il giovane tenore messicano Ricardo Bernal; soddisfacenti Carlo Cigni, Marcello Caria e Caterina di Tonno nelle parti di fianco di notevole impegno. Il direttore ucraino Andriy Yurkevych ha mostrato di saper adeguatamente dominare una partitura di apparente semplicità, ove la trasparenza della scrittura si identifica nella fine sensibilità timbrica del Donizetti maggiore.