Per celebrare i cinquant'anni dalla nascita del museo, la fondazione ha invitato i navigatori di Internet a interpretare o dissacrare il più celebre "vuoto" del mondo in un concorso pubblico sul social network flickr.com. Ecco la rassegna dei premiati
Immaginare uno dei più celebri musei del mondo ricoperto di un campo di girasoli. O profanarlo con il muso di un aereo pronto a decollare. E poi trasformalo in una clessidra che granello dopo granello scandisca i prossimi cinquant'anni.
È dal 1959, l'anno della sua apertura sulla Fifth Avenue a New York, che il Solomon R. Guggenheim Museum, capolavoro del genio dell'architettura organica Frank Lloyd Wright (1867–1959), è insieme casa, specchio e fonte d'ispirazione per l'arte stessa che ospita. La sua spirale capovolta, alta 30 metri di imponente vuoto da scalare, è una sfida (anche fisica) per chiunque voglia esporre lì il suo lavoro, costretto a un inevitabile paragone con uno dei capolavori dell'arte contemporanea.
Per celebrare i cinquant'anni dalla nascita del museo, la fondazione Guggenehim ha invitato 200 tra artisti, architetti e designer (tra gli altri, Anish Kapoor, Sarah Morris, Wangechi Mutu, Mike Nelson, Paul Pfeiffer, Doris Salcedo, Lawrence Weiner, Rachel Whiteread) a reimmaginare lo spazio della rotonda con una galleria di lavori che in primavera ha dato vita alla collettiva "Contemplating the Void: Interventions in the Guggenheim" ("contemplando il vuoto, crea il tuo intervento per il Guggenheim"). Ma non solo. Ha poi esteso l'invito anche al popolo di internet, invitando chiunque, professionisti e non, a re-inventare, riempire, interpretare o dissacrare il più celebre "vuoto" del mondo in un concorso pubblico sul social network flickr.com. "I partecipanti sono incoraggiati ad essere veramente creativi – sottolineava una nota del museo – e a presentare idee che catturano il pieno potenziale della rotonda del Guggenheim".
Il risultato è stato una sorprendente galleria di immagini, collages pop, disegni, veri piani di intervento, in arrivo da tutto il mondo e molto diversi tra loro. Progetti che portano con sé tracce evidenti dell'humus in cui sono nati e raccontano le mille filosofie possibili per avvicinare l'arte.
A partire dagli stessi
cinque vincitori, proclamati, rigorosamente on line qualche giorno fa. Il
bad architects group di Innsbruck, in Austria (team fondato da Ursula Faix e Paul Burgstaller, che vanta importanti collaborazioni, anche con Massimiliano Fuksas) in "Void Condition(ed)" si è divertito a giocare con la parola Void, che nella traduzione tedesca suona come "spazio aereo". Con inevitabili rimandi ai film alla Mission Impossible, ha immaginato di aggiungere una nuova dimensione fisica "volante'" all'interno della spirale di Wright sfruttando un bocchettone d'aria condizionata per generare un tunnel di vento verticale. Come dire, così sì che la fruizione dell'arte diventerebbe un'esperienza totalizzante.
All'opposto,
Noel Turgeon, architetto del Minnesota, quello spazio vuole riempirlo tutto, come un'enorme clessidra, ponendo in cima all'edificio una sfera di sabbia che granello dopo granello arrivi fino al 21 ottobre 2059, giorno del centesimo anniversario dell'edificio. "Durante questi cinquant'anni – scrive Turgeon – i visitatori potrebbero partecipare alla scansione del tempo, buttando nella sabbia tutti quegli oggetti divenuti ormai obsloleti per la loro vita". Nel corso dei festeggiamenti per il centenario, la rotonda verrebbe nuovamente scavata, riportando alla luce una retrospettiva degli "oggetti dimenticati della prima metà del 21esimo secolo".
Ancora, dal Brasile, "Favel-art" di
Lucio Carvalho metaforizza l'imbarbarimento di arte e cultura con un Guggenheim invaso dall'immondizia delle baracche delle favelas. Dalla Francia, Bruny Yan You Fu in "WTF?! (watch the fool)" ("Guarda il folle") si ispira al Pantheon romano per scoperchiare il tetto della rotonda di Wright, regalando ai visitatori un nuovo senso dell'espressione "contemplare il vuoto".
E c'è chi, come l'architetto new yorkese
David Andrew Tasman, sogna invece la spirale di Wright ricoperta di una cascata di "Sunflowers", girasoli. "Ora – spiega - è la natura ad entrare nel museo, per essere contemplata e ammirata come un'opera d'arte". E poi ancora chi non ha paura di trasformare il tempio dell'arte newyorkese in uno stadio da rodeo o in una lanterna ricoperta di miele. Chi, pensando ai bozzetti iniziali di Wright, progetta ponti di led colorati e chi stanze-cubo per esperienze sensoriali. E persino chi ha sostituto le opere esposte, con altrettanti ritratti a luci rosse. Chissà se Wright avrebbe sorriso