"Una partita al cardiopalma" non è solo un modo di dire: una ricerca dimostra che le sindromi coronariche sugli spalti sono sempre più frequenti. E gli stadi non sono quasi mai attrezzati
Sebbene gli arresti cardiaci siano frequenti tra i tifosi, non tutti gli stadi europei hanno piani di azione per le emergenze sanitarie, né personale addestrato alla rianimazione. Ancor più grave: quasi una su tre fra le arene più importanti non ha defibrillatori, come rivela un'indagine commissionata dalla European Association of Cardiovascular Prevention and Rehabilitation pubblicata su "European Heart Journal".
Gli autori hanno incluso nello studio 190 club di dieci nazioni europee che giocano in 187 stadi. Dall'indagine è emerso che il 28 per cento delle società non possiede defibrillatori, il 36 non ha piani di emergenza, il 9 non prevede neanche training di base per la rianimazione cardiopolmonare, mentre soltanto il 26 per cento ha un programma di addestramento avanzato. Eppure, durante la stagione considerata (2005-2006), si sono verificati ben 77 attacchi cardiaci tra il pubblico (circa uno ogni 589 mila spettatori).
In Italia ci ha pensato Furio Zucco, responsabile del servizio medico dello stadio Meazza (San Siro) a condurre uno studio finanziato dal ministero della Salute proprio sui servizi sanitari nei 42 stadi del Paese. Dall'analisi è emerso che gli standard sono notevolmente diversi. La notizia positiva è che in tutti c'è almeno un defibrillatore; la presenza di uno specialista in anestesia e rianimazione, però, è limitata al 15 per cento delle strutture. "Non solo è importante avere un numero di defibrillatori adeguato a quello degli spettatori, ma è fondamentale disporre di punti di soccorso ogni 10 mila persone, con anestesisti rianimatori che sappiano utilizzarli. La logica delle ambulanze fuori dagli stadi è obsoleta, perché i medici non riescono a intervenire rapidamente", spiega Zucco, che ha dotato il Meazza di personale qualificato e di nove monitor defibrillatori in grado di trasmettere l'elettrocardiogramma all'unità coronaria più vicina. Nelle ultime 70 partite a San Siro si sono registrati dieci casi gravi di sindrome coronarica e attacco ischemico.