La ginecologa di Oklaoma vince la causa contro la Allergan, azienda produttrice di botulino
Fino ad allora solo ipotesi, ma nessuna condanna. Poi, nel maggio del 2010, il drastico cambiamento di rotta: la Allergan, azienda produttrice della tossina botulinica venduta con il nome di Botox, viene obbligata a risarcire con 15 milioni di dollari Sharla Helton, ginecologa di Oklahoma City (Usa). La donna si era sottoposta a iniezioni di botulino nel luglio del 2006. Ma poco dopo il primo intervento aveva cominciato ad avvertire inspiegabile stanchezza, difficoltà nei movimenti, problemi alla vista. Tanto, ha accusato, da dover abbandonare il proprio lavoro.
Il calvario legale di Sharla Helton, raccontato in dettaglio in "Botulin Free" di Antonino Di Pietro che con lei ha parlato a lungo, si intreccia con quello personale: la ginecologa denuncia i rischi e gli effetti collaterali provocati dall'uso del Botox, ma viene colpevolizzata per la sua vanità, per il suo desiderio di cancellare i segni del tempo. Anche se sostiene di aver solo ceduto alle promesse del marketing.
In tribunale finiscono però argomenti più gravi e la Allergan è accusata di avere tenuta nascosta della documentazione relativa ai possibili effetti avversi della tossina. E di aver invitato i medici a non definire il Botox "tossina botulinica", suggerendo di presentarla come "proteina purificata". Dal processo emergerà poi come l'antirughe venisse proposto anche a dosaggi superiori di quelli approvati dalla Fda. Prove sufficienti a condannare la Allergan, costringendola a pagare i danni.