Vaccini e rinforzo delle difese immunitarie: sono le armi contro un tipo di neoplasia in continuo aumento. Ne parla Michele Maio, che a Siena dirige il primo reparto di immunoterapia dei tumori

Una malattia in chiaroscuro dove, a fronte di un continuo aumento di incidenza (4.500 nuovi casi tra i maschi ogni anno, 4 mila tra le femmine, con circa mille decessi tra i primi e 650 tra le seconde), ci sono innovazioni terapeutiche che potrebbero essere utili anche per le altre forme di cancro. La più importante riguarda i vaccini e in generale l'approccio che punta a rinforzare il sistema immunitario del malato affiché sia esso stesso a difendere nel tempo dalle recidive, mentre altre riguardano questioni cruciali come la possibilità che i farmaci arrivino o meno anche al cervello colpito da metastasi. Tra i pionieri c'è Michele Maio, che a Siena ha aperto e dirige il primo reparto in Italia di immunoterapia dei tumori, presso l'Ospedale Le Scotte.

Professor Maio, è l'azione sul sistema immunitario la chiave giusta per sconfiggere il melanoma?
«In alcuni casi sicuramente sì. Ormai sono anni che sperimentiamo l'ipilimumab, l'anticorpo monoclonale già approvato in molti paesi, e possiamo dire che per alcuni pazienti la sopravvivenza aumenta anche di tre-quattro anni. In più stiamo verificando l'associazione con alcuni chemioterapici per vedere se si possano curare anche le metastasi cerebrali: i risultati sono molto incoraggianti e lasciano forse intravedere la possibilità, per alcuni pazienti, di non ricorrere alla radioterapia. Siamo quindi di fronte a dati significativi per tutto l'approccio terapeutico».

Che conseguenze ha tutto questo?
«La più importante riguarda il ruolo dell'immunoterapia, per anni messa in discussione ma oggi sempre più compresa, studiata e applicata. Naturalmente ciò non significa che tutti i pazienti di tutte le forme tumorali possano essere curati solo attraverso uno stimolo del proprio sistema immunitario, ma che in alcuni questo approccio può essere di grande aiuto e talvolta sostituire altre cure. Inoltre, se troveremo conferme - attraverso alcuni studi in corso o ai nastri di partenza - del fatto che alcuni vaccini, con o senza chemioterapici, possono attraversare la barriera ematoencefalica e arrivare al cervello, avremo fatto un grande passo in avanti anche nella cura e nella prevenzione delle metastasi cerebrali, date da molti tumori e spesso fatali».

E quando i farmaci immunologici non funzionano o non sono indicati?

«Negli ultimi anni sono stati studiati farmaci per esempio contro il gene B-Raf mutato, che nei malati con la mutazione hanno un'efficacia che nessun altro chemioterapico raggiunge. Si tratta di piccole percentuali di malati, ma è probabile che via via vengano introdotti altri farmaci per altre mutazioni, fino a fornire farmaci adeguati a molti malati».