Aprirà Cannes il film di Baz Luhrmann ispirato a Fitzgerald. Protagonisti Leonardo DiCaprio e Carey Mulligan, colonna sonora firmata Jay-Z, vuole mostrare le similitudini tra la crisi degli anni Venti e la quella d'oggi

Come è accaduto a milioni di ragazzi americani prima e dopo di lui, Leonardo DiCaprio si è imbattuto ne "Il grande Gatsby" a 16 anni, quando era alle superiori. Il capolavoro di Francis Scott Fitzgerald ambientato nella New York ricca, spensierata e anche alquanto alcolizzata dei ruggenti anni Venti è più che un classico americano. «È diventato il documento che definisce la psiche nazionale, un mito della creazione, il simbolo del Sogno Americano», sostiene Jay McInerney, l'autore di "Le  mille luci di New York". «E i vari tentativi di adattarlo per il teatro o per il cinema sono solo serviti a illustrarne i limiti e la fragilità».

Nel 1974 nemmeno Robert Redford al massimo del suo fascino che recitava una sceneggiatura scritta da Francis Ford Coppola bastarono a salvare l'ultima versione cinematografica ed è anche per questo che quando Baz Luhrmann lo ha chiamato proponendogli di essere il suo Jay Gatsby, DiCaprio sulle prime ha molto esitato. Ha sempre avuto grande ammirazione per il regista di "Moulin Rouge", che subito prima di diventare famoso oltre ogni limite con "Titanic" lo aveva diretto nella trasformazione contemporanea di un gigante letterario ancora più riverito, "Romeo e Giulietta". Ma andare ad affidare a un australiano che non conosce né regole né canoni il più classico dei romanzi americani? E girandolo non a Long Island, tra quelle due penisole dove l'opulenta "mansion" di Gatsby fronteggiava quella di Daisy, ma in uno studio di Sydney e nei dintorni della metropoli australiana?

Cinque anni dopo, il Gatsby di Baz Luhrmann si appresta a misurarsi col pubblico. Negli Usa esce il 10 maggio, in Italia il 16, il giorno dopo la serata di inaugurazione al festival di Cannes che per assicurarsi il film ha rotto 66 anni di tradizione aprendo con un titolo già uscito nelle sale. Sì, perché dopo quel suo primo colloquio alquanto scettico col regista australiano, DiCaprio ha ripreso in mano il testo di Fitzgerald ed è tornato sul personaggio di Gatsby, sulle sue umili origini nel Mid-West, sulla sua improvvisa e misteriosa ricchezza, sul suo amore - o era solo ossessione? - per la bellissima Daisy Buchanan la cui «voce era piena di denaro». E poi ha analizzato Tom, il marito geloso, e Nick Caraway, l'alter ego dello scrittore che prende per caso una baracca vicino alla dimora di Gatsby e si ritrova risucchiato in quel suo mondo di fasti e di sprechi e frivolezze e illusioni e inganni. «Tornandoci sopra ho scoperto tanti strati diversi», dice a "l'Espresso" l'attore. «In realtà è un giallo, al cui centro c'è quest'uomo che puoi giudicare in mille modi e che più ne sai e più diventa misterioso».

Col suo nuovo film Luhrmann ha voluto tenersi fedele allo spirito e ai tempi di Fitzgerald, ma con grande scandalo di McInerney e altri intellettuali che hanno già annunciato che loro in sala non ci metteranno piede ha scelto di dare al suo Gatsby un tono più contemporaneo, usando il grande crollo del 1929 per parlare di quella crisi finanziaria del 2008 le cui conseguenze ancora aleggiano pesantemente tra di noi. «Se mostri alla gente uno specchio che dice semplicemente "ti sei ubriacato di denaro", non lo vorrà vedere», sostiene Luhrmann. «Ma se quello specchio riflette i nostri tempi, lo spettatore diventa più disponibile. Anche perché stiamo ancora cercando di capire chi eravamo e chi siamo e "Gatsby" offre spiegazioni che valgono anche oggi».

Una ricerca che Luhrmann ha deciso di tratteggiare con i ritmi dello hip-hop. Era stato Fitzgerald a coniare l'espressione "Età del Jazz" e il jazz aveva infuso le sue parole e le sue pagine. Si era ispirato alla cultura popolare dei suoi giorni e Luhrmann ha fatto lo stesso: dopo un incontro favorito dallo stesso DiCaprio ha affidato la produzione della colonna sonora e delle canzoni del film a Jay-Z, che oltre che la moglie Beyoncé ha tirato dentro Kanye West, will.i.am, Jack White, Fergie e Florence and The Machine. «L'immediatezza dell'energia del jazz è stata sostituita da quella dello hip-hop», osserva il regista.

Per rappresentare Daisy, Luhrmann aveva pensato, tra le altre, a Keira Knightley, a Scarlett Johansson e a Natalie Portman. Alla fine ha optato invece per Carey Mulligan, che aveva letto Gatsby solo due giorni prima del provino. «Mi sono innamorata del libro, del mio personaggio e di Baz, che ha più energia di qualunque altra persona io abbia mai incontrato», sostiene l'attrice britannica. «E che ti fa trovare dei set e dei costumi disegnati così splendidamente che gran parte del tuo lavoro è già fatto». Un merito che Luhrmann condivide con la moglie Catherine Martin, che con "Moulin Rouge" ha vinto un Oscar per i costumi e un secondo per la scenografia. E che, questa volta, ha chiesto l'aiuto di Miuccia Prada, che ha disegnato per il film 40 vestiti da sera fatti di sete scintillanti, di velluto e anche di oro e ricamati con paillettes, cristalli, smeraldi e giade. Tornando al cast, Joel Edgerton ha rappresentato Tom, Isla Fisher and Jason Clarke sono Myrtle and George Wilson, Amitabh Bachchan è Meyer Wolfsheim, mentre Tobey Maguire ha recitato la parte di Carraway, il narratore. «Lavorare con Tobey è stata una delle gioie di questo film», dice DiCaprio. «È da quando avevamo 16 anni e abbiamo fatto assieme i provini per "This Boy's life" che vogliamo tornare a lavorare assieme».

Un'altra scelta di Luhrmann che ha generato scetticismo è quella di girare il suo Gatsby in 3D. «Conosciamo il 3D come quella cosa che fa esplodere gli oggetti davanti agli occhi, ma Baz viene dal teatro e il 3D per lui è uno strumento per creare tensione drammatica», lo difende DiCaprio. «Se hai un attore in primo piano e un altro 5 o 7 metri più indietro che reagisce e risponde in tempo reale non devi far passare lo sguardo da un volto all'altro perché hai la sensazione di essere nella stanza con loro. E tutto questo è molto simbolico, perché il Grande Gatsby è una storia voyeuristica, dove senti sempre di essere immerso nello stesso ambiente dei protagonisti».