Spaghetti e rigatoni, nonostante abbondino di calorie, predispongono meno al sovrappeso delle proteine e lipidi. E questo perché i carboidrati vengono smaltiti molto rapidamente dal nostro organismo. Una guida per orientarsi tra grano, riso e mais. Rigorosamente al dente
Non tutte la paste sono uguali, ma tutte sono frutto di un processo tecnologico studiato minuziosamente. E in ogni passaggio si conservano o si perdono le qualità organolettiche del prodotto. Che, per essere al meglio, deve innanzitutto essere di grano duro, con una giusta selezione della miscela di grani.
Per questo, un elemento discriminante è anche il suo contenuto in glutine. Infatti, anche se potremmo pensare alla pasta come una semplice fonte di carboidrati, è nella quota di proteine che risiede la qualità nutrizionale ed organolettica; e un buon contenuto in glutine della frazione proteica garantisce un prodotto che al termine della cottura manterrà un'elevata elasticità e consistenza, limitando al minimo la perdita di amido (con conseguente riduzione dei valori nutrizionali) nell'acqua di bollitura.
La buona pasta, non solo non fa ingrassare. Certamente, in quanto fonte di carboidrati, va tenuto in considerazione il suo apporto calorico. Ma cominciamo col dire che i carboidrati devono essere il primo ed il più importante dei macronutrienti. Il 55-60 per cento circa delle calorie totali di una dieta dovrebbe provenire dai carboidrati. Perché pasta e affini, nonostante il significativo apporto calorico, predispongono molto meno al sovrappeso delle proteine e lipidi. E questo perché i carboidrati vengono smaltiti molto rapidamente dal nostro organismo e, in presenza di bassi apporti di altri macronutrienti, le calorie che esse apportano vengono più facilmente disperse sotto forma di calore piuttosto che essere accumulate.
Ma non tutti i carboidrati sono uguali. Gli zuccheri semplici e raffinati (quelli dei dolci) sono nocivi, perché quando consumati in eccesso favoriscono un rapido accumulo di energie. Quelli complessi, invece, come l'amido (il costituente principale della pasta) sono i migliori, e questo in ragione del loro ridotto indice glicemico: un basso indice glicemico si traduce in una più prolungata sazietà, un peso migliore, un minore rischio di diabete. Meglio ancora se ai carboidrati si associa un buon consumo di fibre alimentari: di fatto un prodotto integrale è sicuramente raccomandabile per la nostra salute. Anche grazie alla buona funzione intestinale, operata direttamente dalla fibra ed indirettamente da quella quota indigerita di amido che, raggiungendo la parte terminale dell'intestino, favorisce la crescita di una flora microbica benefica.
Esistono paste con alto contenuto di fibre, a basso indice glicemico, che rallentano l'assorbimento dei carboidrati, riducono il picco glicemico ed apportano un maggior senso di sazietà. Queste paste possono apportare anche meno di 300 calorie x 100 g., contro le 350 circa di una pasta normale. La pasta Kamut, invece, di gran moda, non è una varietà di grano, ma il nome di un marchio registrato per commercializzare una varietà di grano: il Khorasan. Viene coltivato esclusivamente con metodo biologico e con lo standard più alto di qualità. Confrontato con altri tipi di grano apporta più proteine e una percentuale maggiore di alcuni sali selenio, zinco e magnesio. Ha una migliore digeribilità, ma i celiaci devono fare attenzione perché ricca di glutine. Chi è affetto da questa intolleranza può consumare una pasta aglutinata o quella fatta con farine di riso e mais (ne esistono anche di tipo integrale).
Senza dimenticare che la pasta al dente è più digeribile di quella scotta, come lo è una pasta lunga rispetto alla classica pastina. Tutto cio perché la digestione inizia in bocca con la masticazione e nella saliva è presente un enzima, la ptialina, che permette una migliore digestione degli amidi della pasta. Se una pasta è al dente (e lunga) siamo costretti a masticare di più e quindi la digeriamo meglio.